È un minerale che puoi ritrovare nelle conchiglie o nei coralli, ma oggi è anche il segreto per riparare le lesioni cartilaginee del ginocchio e contrastare gli stati artrosici allo stadio iniziale.
Sto parlando dell’aragonite, un minerale costituto da carbonato di calcio che un team di chirurghi ortopedici dell’Istituto di Cura Città di Pavia (del Gruppo San Donato) per la prima volta in Italia ha utilizzato come rimedio contro la cartilagine usurata delle ginocchia.
Forse non lo sai ma la cartilagine non si rinnova da sola e quando si danneggia serve un intervento chirurgico o di medicina rigenerativa per arrestare la lesione ed evitare l’artrosi.
In molti casi poi questi interventi possono anche non essere sufficienti, rendendo così necessario ricorrere all’inserimento di una protesi.
Nell’ambito di una studio prospettico controllato randomizzato che ha coinvolto centri di eccellenza in tutto il mondo, il gruppo di chirurghi ortopedici pavesi ha però provato ad ovviare questo percorso terapeutico spesso doloroso e invasivo sfruttando le caratteristiche dell’aragonite.
Caratterizzato dalla stessa porosità dell’osso, il minerale è anche davvero in grado di contribuire alla rigenerazione della cartilagine e dell’osso degenerati a causa dell’usura, dell’avanzare del tempo o di particolari patologie.
Così i chirurghi pavesi hanno utilizzato uno speciale dispositivo biocompatibile e biodegradabile, del diametro non più grande di una moneta da 10 centesimi, proprio a base di aragonite e con con un intervento chirurgico in mini-open e un’anestesia spinale l’hanno inserito nell’organismo dei primi due pazienti italiani: un uomo di 58 anni con un’artrosi di ginocchio allo stadio iniziale e un ragazzo di 27 anni con una lesione cartilaginea della troclea femorale.
Il device è stato posizionato chirurgicamente all’interno della lesione cartilaginea in una sede ricavata nel tessuto osteocondrale. Una volta poi messo a contatto con l’osso del paziente, il dispositivo comincerà a fornire una struttura tridimensionale per le cellule staminali favorendone anche la differenziazione in osso e cartilagine.
A distanza di mesi, poi, il cilindro non dovrà essere rimosso poiché verrà completamente riassorbito dall’organismo.
Entrambi gli interventi sono stati eseguiti con successo e nel giro di pochi mesi cominceranno già a dare i primi importanti risultati.
“Si tratta di procedura sicura, che non presenta quindi rischi maggiori rispetto a un comune intervento chirurgico. Non vi sono particolari controindicazioni e gli effetti collaterali non sono diversi da quelli di un normale intervento. Non vi è poi il rischio di rigetto e la percentuale di successo della procedura è molto alta, ovvero pari al 93% a due anni” ha spiegato la dottoressa Francesca de Caro, chirurgo ortopedico all’Istituto di Cura Città di Pavia.
Fonte | Istituto di Cura Città di Pavia