Un vaccino contro il Covid-19: tanti candidati, ma a che punto siamo davvero?

I tempi di produzione di questo farmaco sono da record: la medicina e la ricerca non avevano mai proceduto a questa velocità. Purtroppo però non significa che avremo un vaccino pronto nel giro di pochi mesi. Vediamo quali sono i candidati più promettenti e le tempistiche.
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Giulia Dallagiovanna 15 Aprile 2020
* ultima modifica il 22/09/2020

"Il vaccino contro il SARS-Cov-2 sta attraversando un percorso a tempi di record e quindi credo si possa essere fiduciosi per ottenere qualcosa in tempi che saranno straordinariamente rapidi". A dare questa notizia confortante è stato il professor Alberto Villani, presidente della Società italiana di pediatria, durante la conferenza stampa della Protezione civile dell'11 aprile scorso. Probabilmente il dubbio ti era già sorto leggendo gli articoli sul tema che si rincorrevano sui giornali, ma ora arriva una conferma da una voce autorevole che rende ancora più concreta la speranza di tutti: presto avremo un'arma per proteggerci davvero dal Covid-19 e potremo lasciarci alle spalle isolamento e quarantena.

Ma presto quanto? "Normalmente per arrivare a un vaccino che venga commercializzato – ha aggiunto Villani – il tempo medio è di due o tre anni e vengono fatte almeno 10 o 12 linee di ricerca. In questa occasione penso che i passaggi saranno molto più brevi. È difficile dare dei tempi precisi ma non saranno quelli abituali".

Dunque non potrai avere accesso al farmaco nel giro di qualche mese, ma non dovrai nemmeno aspettare il 2022 e questa potrebbe essere la prima volta nella storia. Ci sono infatti già diversi candidati che hanno raggiunto una fase avanzata nel percorso di formulazione e produzione di un farmaco per l'immunità.

Come nasce un vaccino

Prima di ottenere un farmaco che possa essere messo sul mercato e distribuito in campagne vaccinali, ci sono diversi passaggi che devono essere affrontati ed è propria questa la ragione per cui serve tempo. Come aveva spiegato su Ohga il dottor Albert Kasongo, medico vaccinatore presso il Centro medico Santagostino di Milano, le fasi in cui si suddivide il lavoro sono quattro:

  • Una fase preliminare: in cui bisogna capire quale componente del microorganismo, in questo caso del SARS-Cov-2. sia in grado di stimolare la risposta immunitaria del tuo corpo
  • Una fase pre-clinica: in cui la formulazione viene sperimentata in vitro e su modelli animali, che sono organismi viventi complessi, per capire come agisca il farmaco, se sia efficace, ma anche se sia sicuro o tossico
  • Una fase clinica: a sua volta si suddivide in tre passaggi durante i quali il vaccino viene testato su un numero sempre crescente di volontari per capire se risulti efficace e sicuro anche sull'uomo e se faccia interazione con altri farmaci
  • Una fase post-autorizzativa: arriva dopo l'immissione in commercio del prodotto e continua a verificarne l'efficacia e la sicurezza su larghissima scala

Il vaccino per il Coronavirus

Il 10 gennaio viene mappato il genoma del SARS-Cov-2, quando ancora veniva indicato come 2019-nCoV o, genericamente, nuovo Coronavirus. Quello è stato un vero e proprio punto di svolta perché per la prima volta la comunità scientifica internazionale ha potuto vedere con quale nemico avessimo a che fare. Abbiamo quindi capito che era un parente della SARS, che era molto contagioso e che probabilmente il numero di persone che lo avevano contratto era maggiore rispetto a quanto ritenevano le autorità cinesi. Ma è emerso anche un altro dato a cui noi non abbiamo prestato subito attenzione e che invece era fondamentale: il sequenziamento della proteina Spike.

La proteina Spike è quella molecola che forma le punte del virus. Ne compone la famosa corona, insomma. E proprio con quegli artigli, il patogeno si attacca alle cellule dell'essere umano e inizia a infettarle. Se quindi viene bloccata questa chiave di entrata, non vi sarà alcuna infezione.

Questo è l'elemento comune di tutti i vaccini di cui ti parlerò nei prossimi paragrafi. Ciascuno di questi farmaci ha infatti lo scopo ben preciso di liberare la proteina nel tuo organismo, in modo che il tuo sistema immunitario impari a riconoscerla e ad attivare le sue difese contro di lei.

Il vaccino di Oxford

C'è molto di italiano nel vaccino che sta per essere sperimentato in Inghilterra. Il farmaco nasce infatti dalla collaborazione tra lo Jenner Institute dell'Università di Oxford e l'azienda Advent Irbm di Pomezia, comune della città metropolitana di Roma. Proprio in questi laboratori era stato messo a punto un vaccino contro l'Ebola, acquistato in seguito dalla società britannica Gsk. L'equipe britannica è invece coordinata dalla professoressa Sarah Gilbert, che qualche anno fa aveva partecipato alla messa a punto di un farmaco preventivo contro la MERS, un'altra parente del Covid-19.

Le premesse sono dunque buone e la notizia importante è che vi sono già 500 volontari che hanno accettato di partecipare al primo trial sull'uomo. Il suo utilizzo in laboratorio ha infatti mostrato risultato così incoraggianti che si è deciso di passare immediatamente alla fase tre. Un salto che non sarebbe stato possibile, se non fossimo in grave emergenza.

Medici e forze dell'ordine potrebbero riceverlo già a settembre

L'amministratore delegato di Irbm, Piero di Lorenzo, ha parlato di settembre come possibile data di uscita. Una notizia che ci fa esultare tutti, ma che deve essere accolta con cautela. Entro l'autunno non potranno essere prodotte miliardi di dosi per poterle somministrare a tutta la popolazione del Pianeta, ma potrebbe essere reso disponibile per personale sanitario e forze dell'ordine. Inoltre si tratterebbe di ricorrere all'uso compassionevole, ovvero all'assunzione prima dell'autorizzazione dalle agenzie del farmaco internazionali e permessa solo a causa della situazione di pandemia e della mancanza di altri medicinali efficaci contro il Covid-19. Qualcosa di simile sta avvenendo anche in Congo con il vaccino contro l'Ebola. E sta funzionando.

Il vaccino-cerotto

Si è parlato molto anche del vaccino-cerotto e anche in questo caso si respira un po' del nostro Paese. All'interno dell'equipe lavora anche il professor Andrea Gambotto, originario di Bari ma che da oltre vent'anni lavora al Medical Center dell'Università di Pittsburgh. Assieme al suo, devi notare anche il nome di Louis Falo, ricercatore del dipartimento di Dermatologia. Furono proprio loro nel 2003 a mettere a punto il primo vaccino contro la SARS che poi si rivelò non necessario perché la malattia sparì da sola. Nel 2014 erano poi tornati al lavoro per la MERS, ma anche in quel caso i lavori furono messi in pausa perché l'infezione non si diffuse come si era temuto.

Quello che importa però è che la piattaforma, cioè la base di partenza, era già pronta e nel giro di poco tempo ha potuto ospitare un altro virus della stessa famiglia, il SARS-Cov-2 appunto.

La novità più importante sta nel metodo di somministrazione. Non immaginarti la classica iniezione: qui sarai di fronte a un cerotto. Proprio così, un adesivo da applicare direttamente sul braccio con 400 microaghi, della lunghezza di circa o,5 millimetri e della larghezza di 0,1 millimetro, che penetrano sottocute. A questo punto si sciolgono. Proprio così, sono fatti di carbossimetilcellulosa, un polimero che deriva dalla cellulosa, che disfacendosi rilascerà nel tuo organismo la proteina Spike, in modo lento ma costante.

E questo strumento ha anche un altro grande vantaggio: non ha bisogno di essere conservato in una cella frigorifera. Perciò lo si potrà trasportare più facilmente, persino in Africa o nelle zone più povere, dove non ci sono macchine o elettricità a sufficienza per garantire la refrigerazione.

I primi esperimenti sui topi hanno dimostrato che nel giro di due settimane il sistema immunitario ha sviluppato gli anticorpi specifici, mentre in 25-30 giorni ha messo assieme una quantità di difese sufficienti per contrastare il virus in modo definitivo. Ora attendono il via libera dalla Food and Drug Administration, l'ente americano che regolamenta i prodotti farmaceutici, per iniziare i test sull'uomo.

Il vaccino di Inovio

Di quest'ultimo se ne è parlato poco, ma ci sta lavorando Inovio, una compagnia del Massachusetts, sostenuta direttamente dal National Health Center degli Stati Uniti. Si tratta di un vaccino a Dna e anche in questo caso viene dall'esperienza di uno studio sulla MERS.

In questo caso, i ricercatori hanno convertito l'Rna del virus in Dna e poi, grazie a una simulazione con l'intelligenza artificiale, hanno capito quali geni di questa catena avrebbe accelerato la produzione di anticorpi da parte dell'organismo. Hanno poi iniettato la formula nei batteri, che hanno prodotto un'enorme quantità di proteine che possono da subito essere utilizzate per un vaccino. Grazie a questa strategia i tempi di creazione del farmaco si sono ridotti a un mese soltanto. I test sugli animali sono già iniziati e secondo le previsioni entro l'inizio dell'estate potrebbero partire quelli sulle persone.

I tempi del vaccino

Come ti dicevo all'inizio, di norma servono circa due o tre anni per passare dall'individuazione di un nuovo virus all'immissione sul mercato di un vaccino che lo prevenga. In questo caso siamo già alla sperimentazione sugli esseri umani. Il che significa che il prossimo anno potremmo già liberarci del Covid-19 o comunque delle sue complicanze più gravi.

Sì, nel 2021 e non prima, ma tieni presente che è già un record.

"In tempi di non pandemia, per capire se un vaccino funziona si prendono 4mila persone: 2mila si vaccino e l'altra metà noha spiegato il professor Roberto Burioni a Che tempo che fa, su Rai Tre. – Poi si seguono nel tempo per vedere se tra i non vaccinati c'è un'incidenza maggiore della malattia. Questo richiede almeno un anno. Ora invece si comincia a parlare della possibilità di sperimentare il vaccino su dei volontari. In altre parole si prendono persone giovani, che non dovrebbero riportare grandi danni dall'infezione, le si vaccinano e poi si prova a infettarle. Se questo venisse eticamente accettato potremmo ridurre quell'anno a pochi mesi".

"La scienza sta andando a una velocità mai vista prima"

In quell'occasione il virologo si riferiva al cerotto di cui ti parlavo prima e ha concluso con un vera e propria nota di speranza: "Questo vaccino si basa su questa proteina chiama Spike. Noi abbiamo conosciuto l'esistenza e la sequenza genetica di questa proteina il 10 gennaio e già abbiamo un vaccino che viene sperimentato. La scienza sta andando a una velocità che non ha mai conosciuto prima. Forse le previsioni precedenti dovremmo rivederle al meglio perché una cosa simile non si è mai vista."

Fonti| "SARS-CoV-2 Vaccines: Status Report" pubblicato su Science il 14 aprile 2020; "Covid-19 Oxoford Vaccine Trial" pubblicato sul sito dello Jenner Institute; "Microneedle array delivered recombinant coronavirus vaccines: Immunogenicity and rapid translational development" pubblicato su EBioMedicine  il 2 aprile 2020

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