Un vaccino unico per Covid-19 e influenza? A che punto siamo e cosa prevedono gli esperti

Sta diventando una domanda sempre più insistente a mano a mano che cresce la popolazione vaccinata e che ci si chiede cosa avverrà dopo: avremo bisogno di una terza dose? Dovremo ripeterlo ogni anno? E quindi: è possibile sviluppare un solo farmaco che prevenga influenza e Covid? Abbiamo raccolto gli studi fatti fino a oggi per tentare di rispondere.
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Giulia Dallagiovanna 24 Giugno 2021
* ultima modifica il 18/08/2021

È già tempo di guardare, è già ora di chiedersi cosa accadrà dopo la seconda dose di vaccino. Quando tutti lo avremo ricevuto, o quanto meno quel 70%-80% della popolazione necessario per raggiungere l'immunità di gregge, potremo dimenticarci il Covid-19 una volta per tutte? Per la verità no, ed è bene che tu lo sappia subito e ti metta il cuore in pace. Ormai la comunità scientifica è concorde nell'affermare che molto probabilmente questo virus rimarrà con noi e tornerà a trovarci ogni volta che le condizioni gli saranno favorevoli.

Stando a quanto è emerso in questo anno e mezzo di pandemia, sembrerebbe che la sua stagionalità vada dall'autunno all'inizio della primavera. Non troppo diverso da quello che accade con l'influenza e soprattutto con le forme para-influenzali. Ecco perché si fanno sempre più insistenti le voci di un vaccino unico, che stimoli il nostro sistema immunitario a organizzarsi contro entrambe le infezioni allo stesso momento. Ma quanto è probabile? Vediamo a che punto siamo e cosa dicono gli esperti.

Vaccino combinato entro il 2022

Emanuele Montomoli, professore ordinario di Igiene all'università degli studi di Siena, lo dà praticamente per scontato. Interpellato sulla questione dall'agenzia di stampa AGI, ha affermato con una certa sicurezza che entro l'autunno del 2022 potremmo avere un vaccino unico. La sua è un'opinione, certo, ma basata sulle informazioni che stanno arrivando.

"In questo momento, da verifiche che ho fatto, ci sono solo studi in corso – ha spiegato. – Anche se qualcuno di questi si dovesse concludere in estate, è molto difficile che l'approvazione arrivi per la prossima stagione influenzale, cioè in autunno. Quello che prevedo è che il prossimo anno la vaccinazione antinfluenzale, che normalmente facciamo a ottobre-novembre, venga fatta in concomitanza con il richiamo Covid. Mentre, per la stagione successiva, autunno 2022, ci potrà essere un unico vaccino. Questo processo potrebbe essere accelerato, qualora ci sia qualcosa di ancora non conosciuto. Non escludo, anche se mi sembra difficile, che un'azienda farmaceutica, ad esempio Pfizer, possa fare a breve un comunicato su uno studio di efficacia per valutare la combinazione dei due vaccini".

Le questioni a cui dobbiamo rispondere

Prima di capire se faremo o no un unico vaccino contro entrambe le infezioni, restano alcune domande alle quali dovremmo rispondere durante i prossimi mesi. Non abbiamo ancora, ad esempio, un'indicazione definitiva rispetto alla durata degli anticorpi contro il Covid, soprattutto per quanto riguarda quelli stimolati dal vaccino. Al momento, gli studi e la comunità scientifica concordano su una scadenza di nove mesi. Non a caso, questa è anche la durata del Green Pass, almeno di quello italiano.

E poi che succede? Dovremmo procedere con un nuovo boost? La terza dose appare sempre più probabile, tanto che le regioni hanno già organizzato il nuovo giro di iniezioni per essere pronte in caso arrivi la comunicazione ufficiale. Ed è proprio a partire da questa eventualità che abbiamo cominciato a parlare in modo sempre più concreto della combinazione tra anti-Covid e antinfluenzale. Una possibilità che dovremo prendere ancora più in considerazione qualora si confermassero le previsioni che qualche esperto già sta ipotizzando: ripetere la vaccinazione ogni anno, prima della stagione delle infezioni respiratorie, come appunto accade per l'influenza.

Alcuni esperti ipotizzano già che la vaccinazione contro il Covid debba essere ripetuta ogni anno

Ma lo dovremo fare tutti? Oppure solo i soggetti più a rischio e, magari, il personale sanitario? E ancora, quando di preciso? La stagionalità del SARS-Cov-2 è simile, ma non del tutto sovrapponibile a quella dell'influenza.

Mentre attendiamo di chiarire tutti questi dubbi, assolutamente normali di fronte a un nuovo virus, sono già partite alcune verifiche rispetto alla somministrazione di entrambi i farmaci. Lo scopo di questi studi è capire se efficacia e sicurezza vengano confermate anche alle nuove condizioni.

Novavax si candida

Mentre annuncia i risultati della fase 3 per il suo candidato vaccino, l'azienda statunitense Novavax ha deciso di portarsi avanti e iniziare a testare la combinazione con l'antinfluenzale.

Stiamo parlando di un farmaco diverso rispetto a quelli già in uso. Si tratta infatti di un vaccino a base proteica, cioè contenente subunità della proteina Spike, il target contro cui per ora sono dirette tutte le soluzioni immunizzanti. Esistono già vaccini sviluppati con questa tecnologia, ad esempio gli ultimi approvati contro l'epatite B. Dai dati emersi fino ad ora (lo studio è ancora in preprint e manca quindi la revisione di un esterno) sappiamo che Novavax ha un'efficacia dell'89,8% contro il Covid-19, dunque perfettamente in linea con quella di tutti gli altri e superiore a quelli con adenovirus vettore.

Sono stati arruolati in tutto 30mila volontari, ma a 431 di loro è stato inoculata la seconda dose assieme all'antinfluenzale. Come vedi, si tratta di un gruppo molto piccolo, ma dal quale sono già emersi alcuni riscontri interessanti. Prima di tutto, l'efficacia del vaccino contro il Covid ha subito solo un leggero calo, scendendo all'87,5%. Sul fronte degli effetti collaterali si è notato invece un lieve rialzo, ma si tratta soprattutto della sintomatologia lieve e non preoccupante come dolore al braccio, stanchezza e febbre. Gli eventi avversi severi sono stati invece molto rari.

Insomma, l'esperimento sta riuscendo. "In generale, possiamo dire che i risultati dello studio sono rassicuranti rispetto a un potenziale impiego pratico di un unico vaccino, in caso si renda necessario ripetere quello contro il Covid-19 nei prossimi anni. Sarà più facile somministrarne due in un'unica visita", ha commentato su MedScape Gregory Poland, che fa parte del Gruppo di Ricerca sui Vaccini della Mayo Clinic di Rochester, in Minnesota, e che non è stato coinvolto in questa sperimentazione.

Nel Regno Unito lo studio ufficiale

Il Biomedical Research Centre del University College London Hospital (UCLH), assieme ai centri di Bristol e Weston, ha avviato a maggio uno studio volto proprio a chiarire se sia possibile somministrare entrambi i vaccini insieme. Sono state arruolate persone dai 18 anni in su che dovevano ancora ricevere la seconda dose di uno dei tre vaccini con richiamo: Pfizer, Moderna o AstraZeneca.

Si conta di arruolare in tutto 756 volontari che dovranno in seguito segnalare ogni possibile effetto collaterale o sintomo di un'infezione respiratoria. Naturalmente, verranno anche sottoposti a test per verificare se siano stati contagiati da uno dei due virus oppure no. I primi risultati dovrebbero essere disponibili già a partire dall'estate.

Gli antinfluenzali a mRNA

Fino a questo momento abbiamo parlato di due vaccini somministrati nello stesso momento, ma è evidente che la strada sia quella di arrivare a un unico farmaco. È molto probabile che le aziende farmaceutiche ci stiano già lavorando. Sappiamo ad esempio che Pfizer e Moderna stavano pensando da tempo a un antinfluenzale a mRNA, allo scopo di aumentare l'efficacia delle formulazioni disponibili oggi, attestata tra il 40% e il 60%.

Pfizer e Moderna stanno lavorando a un antinfluenzale a mRNA che sia più efficace di quelli in uso al momento

Kathrin Jansen, a capo del settore Ricerca e Sviluppo di Pfizer, ha spiegato in un'intervista che la ragione alla base di questa ridotta copertura è la rapidità con cui i virus influenzali mutano. La formulazione dei vaccini viene quindi cambiata ogni anno, in base ai ceppi che sembrano circolare di più e a come questi si sono evoluti.

I vaccini a mRNA possono essere modificati in modo più rapido e si possono adattare meglio ai patogeni contro cui sono diretti. Sono, in poche parole, flessibili. Per questo motivo è più facile correggere il tiro di volta in volta e calibrarli al meglio contro i ceppi virali incriminati.

Prima di qualsiasi decisione, comunque, serviranno studi. Moderna dovrebbe aver già cominciato le sperimentazioni sull'uomo, ma ancora non si ha alcuna idea dei risultati.

Perché ci serve un vaccino unico

Se davvero la vaccinazione contro il Covid-19 diventerà necessaria ogni anno, le somministrazioni non avverranno più negli hub organizzati appositamente. Diventerà compito dei medici di Medicina Generale e delle farmacie, più o meno come accade già per l'antinfluenzale. In poche parole: raddoppierebbe il lavoro e i tempi finirebbero per allungarsi.

Farmaco unico, invece, significa anche un solo appuntamento a paziente, con risparmio di tempo per te e per chi ti somministra il vaccino. Oltre a un deciso calo delle spese rispetto al budget che si è reso necessario quest'anno.

Fonti| NIHR; MedScape; "Safety, Immunogenicity, and Efficacy of a COVID-19 Vaccine (NVX-CoV2373) Co-administered With Seasonal Influenza Vaccines" in preprint su MedRxiV

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