Ieri il mondo era diverso. Fino a ieri le protesi più all’avanguardia aiutavano le persone con un’amputazione a recuperare una camminata naturale ma non garantivano loro il pieno controllo neurale sull’arto.
Quelli che avevamo a disposizione erano dispositivi costruiti con sensori e controller robotici capaci di far muovere l’arto utilizzando algoritmi di andatura predefiniti ma non erano collegati al cervello, la fonte originaria del movimento.
Un dettaglio non secondario se ci pensi perché chi indossava questa protesi recuperava la possibilità di muoversi ma pur sempre con certi limiti.
Oggi invece il mondo è cambiato perché un team di ricercatori del Massachusetts Institute of Technology ha sviluppato una gamba bionica completamente collegata al cervello di chi la indossa.
Dopo anni di lavoro hanno messo a punto insomma una protesi capace di aiutare una persona con amputazione a camminare allo stesso modo di chi non ha mai perso l’arto in vita sua.
La storia, contenuta in un lungo articolo pubblicato sulla rivista Nature Medicine, parte da una sala operatoria. Sì, perché per rendere possibile lo sviluppo dell’innovativa protesi robotica è stato necessario mettere a punto un nuovo modo per eseguire l’amputazione di un arto.
Tradizionale infatti, i chirurghi procedono con l’interruzione della comunicazione delle coppie di muscoli che si allungano e si contraggono a turno consentendo il movimento: ciò rende molto difficile per il sistema nervoso percepire la posizione di un muscolo e la velocità con cui si contrae e di fatto impedisce il movimento.
Invece di recidere le interazioni muscolari naturali agonista-antagonista, gli esperti del MIT hanno sviluppato una nuova tecnica di accoppiamento muscolare chiamata interfaccia mioneurale agonista-antagonista, o AMI, per tenere collegate e in comunicazione le due estremità dei muscoli preservando quindi la connessione con il cervello.
I circa 60 pazienti che in tutto il mondo sono stati sottoposti a questo tipo di intervento, hanno sperimentato meno dolore e meno atrofia muscolare ma soprattutto, hanno dimostrato di poter controllare con maggiore precisione i muscoli dell’arto amputato. I loro muscoli, infatti, producevano segnali elettrici simili a quelli di un arto intatto.
Questi risultati incoraggianti hanno così spinto i ricercatori a esplorare quei segnali elettrici e a riflettere su come poter sviluppare un arto protesico in grado di recepire tali segnali e trasformarli in un movimento.
A distanza di 3 anni i ricercatori sono riusciti a dare alla luce la prima gamba bionica completamente controllata dal sistema nervoso umano al mondo, un dispositivo dunque in grado di dare una velocità di camminata e un’andatura paragonabili a quelle naturali.
La protesi è costruita con dei sensori posizionati tra il punto dell’amputazione ricostruito e la gamba bionica in modo da trasmettere i segnali elettrici del cervello: in questo modo la protesi percepisce la posizione e l’intenzione di movimento e invia quest’informazioni al paziente, consentendo al suo cervello di percepire l'auto-movimento e la posizione nello spazio e, dunque, di muoversi.
Per testare il dispositivo hanno coinvolto 14 persone, di cui solo sette avevano ricevuto un’amputazione specializzata con l’interfaccia mioneurale agonista-antagonista. Una volta indossata la neuroprotesi, sono stati in grado di aumentare la propria velocità di camminata del 41%, eguagliando gli intervalli e le capacità delle persone senza amputazioni alle gambe.
Hugh Herr, professore di arti e scienze dei media, co-direttore del K. Lisa Yang Center for Bionics al MIT, membro associato del McGovern Institute for Brain Research del MIT e autore principale dello studio ha sottolineato la caratteristica cruciale di questa rivoluzione tecnologica: “Il problema con il vecchio approccio a lungo termine è che l'utente non si sentirebbe mai incarnato con la sua protesi. Non considererebbero mai la protesi come parte del loro corpo, parte di sé. L’approccio che stiamo adottando è cercare di collegare in modo completo il cervello umano all’elettromeccanica".
Fonte | MIT di Boston