Una nuova speranza contro la beta-talassemia: ora c’è il farmaco che potrebbe ridurre la dipendenza da trasfusioni

Un nuovo studio pubblicato sul New England Journal of Medicine ha dimostrato che un’iniezione sottocutanea di questo farmaco contribuirebbe a ripristinare una normale ed efficace produzione di globuli rossi carichi di emoglobina, migliorando così la sopravvivenza e la qualità di vita dei pazienti affetti dall’anemia mediterranea.
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Kevin Ben Alì Zinati 11 Maggio 2021
* ultima modifica il 12/05/2021

Si scrive Luspatercept ma potresti leggerlo come “rivoluzione”. Il condizionale è d’obbligo ma il nuovo farmaco sembrerebbe davvero in grado di cambiare i contorni della beta-talassemia, una malattia genetica ereditaria, nota anche come anemia mediterranea, che determina un difetto di produzione dell’emoglobina.

Chi ne soffre è infatti costretto a sottoporsi a una terapia cronica fatta di trasfusioni di sangue ogni 2-3 settimane per tutta la vita e sostanze per limitare l'accumulo di ferro nel cuore, nel fegato o nel pancreas.

Ecco, quindi, la rivoluzione: il farmaco ridurrebbe il numero di trasfusioni necessarie migliorando la qualità di vita e la sopravvivenza.

Sono i risultati dello studio di fase III "Believe" descritto sul New England Journal Of Medicine.

La Beta-Talassemia

Quando parlo di beta-talassemia mi riferisco a una malattia del sangue. Ha un carattere ereditario ed è causata da un difetto a carico dell'emoglobina.

Chi ne soffre è caratterizzato da una eritropoiesi non efficace: in sostanza, il meccanismo di produzione dei globuli rossi non è ottimale e questi nascono carenti di emoglobina, la proteina che ha il compito di trasportare l’ossigeno in tutto il tuo organismo.

Ci sono due forme di beta-talassemia. Se i danni coinvolgono una sola delle catene beta dell'emoglobina si verifica la beta-talassemia minor, una patologie più lieve che non causa problemi e che non necessita di cure.

Se la mutazione è a carico di entrambi i geni delle catene beta che formano l'emoglobina si ha la forma di beta-talassemia major. In questo caso il quadro clinico è più severo e il paziente resta affetto da una grave anemia.

L'Italia è uno dei Paesi al mondo più colpiti dalla beta-talassemia. Si tratta infatti di una patologia tipica delle zone del mediterraneo. Secondo l’Omar, la beta-talassemia era tipica delle popolazioni delle aree paludose o acquitrinose, dove per secoli ha padroneggiato la malaria.

Questo perché questo difetto nella produzione dei globuli rossi ostacola la riproduzione del plasmodio della malaria, rendendo i talassemici più resistenti alla malattia. Ciò ha, di fatto, determinato una sorta di selezione naturale delle persone con talassemia in determinate zone d’Italia, come la Sardegna, la Sicilia o il delta del Po.

In Italia vivono così circa 7mila pazienti, con Sardegna e Sicilia che si giocano il primato di regione con il maggior numero di pazienti con beta-talassemia trasfusione-dipendente.

Il farmaco

Come avrai capito dall’introduzione, trattare l'anemia causata dalla beta-talassemia significa ricorrere a continue trasfusioni di globuli rossi: la controindicazione è, appunto, il rischio di accumulo di ferro negli organi vitali.

Altre opzione terapeutiche son il trapianto di midollo, che deve però fare i conti con la ricerca di un donatore compatibile, o la terapia genica, ancora in fase embrionale.

Qui entra in gioco il luspatercept, di cui lo scorso marzo anche la Società Italiana Talassemie ed Emoglobinopatie aveva sottolineato l’importanza dopo la review dello studio fatta dal NEJOF.

La terapia descritta sull’autorevole rivista scientifica e firmata, tra gli altri, anche da Maria Domenica Cappellini, ex presidente della Site, consiste in un'iniezione sottocutanea ogni 21 giorni che contribuirebbe a ridurre notevolmente il numero di trasfusioni per paziente talassemico.

L’hanno dimostrato i risultati dello studio, in cui sono stati coinvolti 336 pazienti affetti da talassemia e “trasfusione-dipendenti” in 65 centri di 15 Paesi. L'obiettivo primario dello studio era ridurre di almeno il 33% la necessità di trasfusioni rispetto alle unità di sangue che un paziente era abituato a ricevere nei sei mesi prima di assumere il farmaco.

I risultati sono stati entusiasmanti perché il 70% dei pazienti aveva raggiunto l’obiettivo. Non solo: più del 40% delle persone arruolate aveva centrato anche il secondo target, ovvero una riduzione del fabbisogno trasfusionale superiore al 50%.

Il Luspatercept è dunque in grado di ridurre l'eritropoiesi inefficace, ripristinando la normale produzione di globuli rossi maturi e, di fatto, è il primo e unico farmaco simile approvato in Europa.

I primi test sono partiti anche in Italia e sembrano confermare questi risultati. Se così fosse, in un prossimo futuro potremmo avere un nuovo, potente alleato contro la beta-talassemia.

Fonte | "A Phase 3 Trial of Luspatercept in Patients with Transfusion-Dependent β-Thalassemia" pubblicato il 26 marzo 2020 sulla rivista New England Journal Of Medicine e sottoposto a review il 25 febbraio 2021 sempre sulla stessa rivista

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