Una terapia universale capace di bloccare tutte le varianti del virus: il futuro del trattamento per il Covid-19 forse è un po’ più vicino

I ricercatori dell’Oregon State University stanno lavorando a una terapia universale, per ora sperimentata con successo solo sui topi, basata sulla combinazione della nanotecnologia, dell’mRna e di un particolare enzima. I primi risultati sembrano dimostrare che il trattamento potrebbe effettivamente bloccare la diffusione di Sars-CoV-2 nel nostro organismo fin dal principio.
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Kevin Ben Alì Zinati 20 Ottobre 2022
* ultima modifica il 20/10/2022

C’è il vaccino, sì. È (anche) grazie all’ampia capillarità della vaccinazione se abbiamo arginato la diffusione di Sars-CoV-2 e ci siamo riconquistato praticamente tutta la nostra normalità.

Come sai ad oggi, in Italia, resistono pochissime restrizioni: le mascherine, per esempio, restano obbligatorie solo negli ospedali e nei luoghi sanitari, ma fino alla fine di ottobre.

La virtuosa convivenza con il virus però è anche figlia delle terapie che in questi anni ci hanno permesso di contrastarlo: dagli antibiotici agli anticorpi monoclonali, dagli antivirali ai farmaci corticosteroidei. In un futuro non troppo lontano, però, potrebbe aggiungersene una davvero innovativa e decisamente efficace.

Basata sulla combinazione della nanotecnologia, dell’mRna e di un particolare enzima, i ricercatori dell’Oregon State University che ci stanno lavorando l’hanno ribattezzata una "terapia universale” perché promette di bloccare la diffusione di Sars-CoV-2 nel nostro organismo fin dal principio.

Va detto subito: tutti i risultati finora raggiunti, e descritti su su Advanced Science, sono stati ottenuti in un modello murino e servirebbero ancora “un paio d’anni” prima che il trattamento, se confermato, possa eventualmente diventare disponibile per gli umani. Considerato però che della pandemia non ci libereremo tanto in fretta, lo studio apre scenari terapeutici ambizioni e decisamente interessanti.

Ma come funzionerebbe questo trattamento? Ormai hai imparato che quando entra nel corpo umano, Sars-CoV-2 sfrutta delle proteine superficiali dette “​​spike” per legarsi a un enzima-recettore prodotto dalle nostre cellule: come una chiave con una serratura si apre quindi la strada per il nostro organismo diffondendosi e infettando.

Gli scienziati statunitensi, in un modello murino, hanno dimostrato che che se adeguatamente stimolate le nostre cellule sono in grado di produrre un contro-enzima capace di attaccarsi alle proteine spike del Coronavirus imbrigliandolo e impedendogli, di fatto, di proseguire nella sua marcia.

Non solo: questa proteina sarebbe anche in grado di impedire l’accesso alle cellule anche a più varianti di Sars-CoV-2. Significa, quindi, che il virus non potrebbe più iniziare il processo di infezione né dare quindi luogo alla malattia.

Al centro dell’intuizione ci sono due elementi: l’mRna e hACE2. Quest’ultimo è enzima delle cellule delle vie aeree che si esprime anche nel cuore, nei reni e nell'intestino e contribuisce a numerose funzioni fisiologiche.

I ricercatori sanno che la semplice somministrazione di hACE2, in un paziente affetto da Covid-19, potrebbe aiutare contro la malattia seppur con un’efficacia limitata nel tempo dal momento che la forma solubile di questo enzima, l’unica che può circolare in tutto il corpo, ha una emivita inferiore alle due ore. Non rimarrebbe nel sistema di una persona molto a lungo, insomma.

Per aggirare questo limite, hanno sfruttato le potenzialità mRNA sintetico con le istruzioni per codificare una forma solubile dell’enzima e l’hanno quindi confezionato all’interno di nanoparticelle lipidiche somministrate poi alle cellule del fegato attraverso una flebo e poi anche per inalazione.

Due ore dopo, hanno osservato che l’enzima si trovava già nel flusso sanguigno dei topi, rimanendoci per diversi giorni. “L'enzima solubile ha inibito efficacemente Sars-CoV-2 vivo dall'infezione delle cellule ospiti – ha confermato Jeonghwan Kim, uno degli autori dello studio – La sintesi dell'mRNA è veloce, conveniente e scalabile e l'mRNA fornito dalle nanoparticelle lipidiche può essere ripetuto se necessario per sostenere la produzione di proteine fino alla scomparsa dell'infezione. Una volta interrotto il trattamento, l'hACE2 solubile non più necessario ripulisce il sistema nel giro di pochi giorni”.

Invece che come base per un vaccino, che non andrebbe comunque abbandonato semmai l’opposto, i ricercatori sono convinti che l’mRNA potrebbe davvero aprire la strada per una terapia universale contro diversi coronavirus: “Nonostante la vaccinazione di massa, è urgente sviluppare opzioni terapeutiche efficaci per porre fine a questa pandemia. Diverse terapie hanno mostrato una certa efficacia, ma l'alto tasso di mutazione del virus complica lo sviluppo di farmaci che trattano tutte le varianti preoccupanti” ha spiegato Gaurav Sahay, coordinatore della ricerca.

Fonte | "Rapid Generation of Circulating and Mucosal Decoy Human ACE2 using mRNA Nanotherapeutics for the Potential Treatment of SARS-CoV-2" pubblicato il 10 ottobre 2022 sulla rivista Advanced Science

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