Una vita in coppia con l’asma: “Ci si convive con fatica e limiti ma i farmaci possono farci fare il salto di qualità”

Oggi è la giornata mondiale dedicata all’Asma, un evento organizzato dalla Global Initiative for Asthma per migliorare la consapevolezza e la cura dell’asma in tutto il mondo. Per capire un po’ di più questa patologia abbiamo chiesto a Luigi Basile, paziente asmatico, di raccontarci la sua storia di convivenza con questa malattia cronica. Insieme al dottor Cremona, responsabile del Servizio di Pneumologia e Fisiopatologia Respiratoria del San Raffaele, abbiamo provato, invece, ad indagarla dal punto di vista medico.
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Kevin Ben Alì Zinati 5 Maggio 2020
* ultima modifica il 22/09/2020
In collaborazione con il Dott. George Cremona Responsabile del Servizio di Pneumologia e Fisiopatologia Respiratoria all’IRCCS Ospedale San Raffaele

Luigi in campo era un siluro. Poi era uno di quelli che quando la mamma lo strigliava perché se no diventava tutto freddo in tavola, si girava dall'altra parte, faceva un sorriso grosso così e continuava a tirare calci al pallone. Le partitelle tanti contro tanti erano lo spettacolo che riempiva i pomeriggi ai campetti di Roma e i ragazzini, mandando in porta gol e sogni, diventavano grandi un po’ prima del tempo. Quando entrava in campo, però, Luigi sapeva che nel giro di pochi minuti si sarebbe ritrovato con la schiena a terra e le gambe per aria, a guardare i volti dei compagni occupargli il cielo. Succedeva che i suoi polmoni cominciavano a tirare il freno, lo stoppavano come un tackle in scivolata quando sei lanciato a tu per tu con il portiere. Il respiro si faceva pesante e affannoso, Luigi si guardava attorno, quasi ad annusare l’aria, e capiva. “Per colpa della mia asma durante le partite spesso venivo anche sostituito. Quando succede senti il tuo mondo di ragazzo crollarti addosso. Se ci ripenso, ancora oggi è traumatico”.

Convive con l’asma fin dai 17 anni, quando all’Ospedale Umberto I di Roma le prove allergologiche, i famosi graffietti sul braccio, gli avevano identificato i suoi nemici: “Risultai sensibile alle graminacee, alla parietaria e a moltissime altre piante che mi perseguitavano senza sosta, specialmente nel periodo primaverile”. I medici avevano dato a Luigi la soluzione, uno spray al cortisone che doveva stare sempre nella tasca dei pantaloni insieme agli spiccioli per le figurine. Ma quando sei ragazzo sei convinto di essere invincibile, altre volte invece “hai la testa su altri pianeti” e ti dimentichi la tua medicina a casa e quando arrivava l’attacco d’asma ti ritrovi battuto. “Ricordo una volta, ero in stazione Termini e attorno a me la gente voleva chiamare un’ambulanza. Si erano spaventati vedendo un ragazzo buttato su panchina con le gambe alzate”.

L’asma può darti difficoltà nel respirare, altre volte hai la tosse e senti una costrizione forte al torace, come se qualcuno stesse perennemente seduto sul tuo petto. Con il tempo Luigi ha imparato a riconoscere tutte le avvisaglie. Quando ti parlo di asma, però, non mi riferisco a una singola malattia ma a “un gruppo di patologie tutte caratterizzate dalla presenza di un’infiammazione cronica delle vie aeree che porta con sé dei sintomi che possono manifestarsi in forma intermittente”. Ce lo ha spiegato il dottor George Cremona, responsabile del Servizio di Pneumologia e Fisiopatologia Respiratoria all’IRCCS Ospedale San Raffaele, secondo cui i paesi anglosassoni come l’Inghilterra o l’Australia o anche il Sudamerica sono quelli dove l’asma è più frequente. “In Italia, invece, più o meno il 5% della popolazione ne soffre”. Qui rientra Luigi, che con l’asma, fondamentalmente, ci è nato. Nel senso che nei primi anni di vita ha sviluppato delle allergie a determinate piante o sostanze che, come un fiammifero con la miccia, hanno infiammato cronicamente le sue vie aeree. Ma non c’è solo chi l’asma se la porta dietro fin dal primo vagito come Luigi. “In molte persone non c’è una storia di allergia e le cause dell’asma restano difficili da capire – spiega il dottor Cremona -. Potrebbe essere dovuta a infezioni o all’inquinamento ambientale ma ci sono anche determinate categorie di persone che, statisticamente, possono sviluppare l’asma. Mi riferisco alle donne in età di menopausa o agli obesi.

Purtroppo dall’asma non guarisci. Però puoi prenderti una pausa, una sorta di intervallo tra primo e secondo tempo. Come successe a Luigi quando fu chiamato per la leva militare. “Tutte le nuove reclute prima di entrare nell’esercito italiano dovevano sottoporsi a una visita medica e alla famosa iniezione nel petto. Non so ancora spiegarmi il perché ma per i successivi tre, quattro anni sono stato benissimo”. Luigi fece l’addestramento reclute a Trapani poi divenne aviere e a Pratica di Mare visse sui mezzi dell’aeronautica. Una volta congedato e tornato a Roma, riprese la sua convivenza con l’asma.

Dopo la puntura fatta durante sul servizio militare, sono stato praticamente senza asma per quattro o cinque anni

In città, tra i palazzi e le vie di Roma, le piante erano poche rispetto al verde della campagna e qui Luigi si è sempre sentito più al sicuro dall’asma. Ma quando lavorava come autista per l’Atac, la compagnia di trasporti della Capitale, per Luigi gli attacchi acuti di asma potevano arrivare in ogni momento ma ha sempre cercato di evitare di farsi prendere dagli attacchi di fronte a sconosciuti. “Quando sapevo che c’era il rischio prendevo qualcosa e cercavo di prevenirli. Non volevo trovarmi in condizioni critiche di fronte a chi non sapeva nulla di me. Non volevo creare situazioni che avrebbe potuto mettere a disagio tanto me quanto loro”. Il mistero di questa speranzosa illusione potrebbe nascondersi dietro la cosiddetta “Hygiene Hypothesis”, l’ipotesi dell’igiene. Secondo il dottor Cremona, alcune persone che fin da piccole stanno in ambienti più protetti e urbanizzati, che vivono quindi un maggior grado di igiene e fanno più largo uso di antibiotici, tendono a sviluppare un’asma allergica più facilmente degli altri. “Nei primi anni di vita il nostro sistema immunitario, se non viene stimolato da infezioni derivanti da un ambiente un po’ meno igienico o provocate dal contatto con i germi, tende a svilupparsi verso risposte di tipo allergico ed è associato anche ad una frequenza maggiore di asma”. Questa teoria, secondo il dottor Cremona, potrebbe spiegare per cui un ambiente più occidentale, urbano e igienico venga associato a un’incidenza maggiore d’asma.

L’asma ha rischiato di compromettere anche un’altra passione di Luigi: i cavalli. Quando era piccolo, nelle fresche mattine d’estate, seguiva il nonno nei suoi giri tra i campi a bordo di un carretto di legno trainato da un cavallino. “In cima a quel mezzo mi sentivo un re. Da lì è nato il mio amore per questi animali anche se non era facile stargli vicino”. Non dipendeva dal cavallo né dalla stagione, poteva essere inverno come estate che appena si avvicinava all’animale, il conto alla rovescia partiva ed era solo una questione di (poco) tempo prima che cominciasse a stare male. “Spesso per poterlo accarezzare o stargli in groppa mettevo una mascherina e le cose andavano abbastanza bene, ma era comunque un rimandare l’inevitabile”. Per non parlare della primavera, quando doveva passare la brusca per pulire il pelo: “anche con la maschera tutta la forfora che veniva mossa con la spazzola si mescolava ai pollini che volteggiavano nell’aria scatenando ancora di più la mia reazione allergica”.

Luigi in sella a uno dei suoi due cavalli, senza mascherina

Nella partita contro la malattia, la tattica vincente è costringerla nella sua metà campo, tenendola lontana dalla tua area di porta. Tradotto, significa che sebbene l’asma non ti mollerà mai, la puoi gestire e controllare grazie alle terapie farmacologiche. Banale, dirai, e invece no. Perché l’idea che l’asma, una malattia cronica, debba essere curata tutti i giorni troppo spesso non è chiarissima a tutti, nemmeno a chi ne soffre. “A volte un asmatico giovane tende a pensare l’asma come a un mal di testa, per il quale si interviene nella sua fase acuta e basta. Alcuni pazienti asmatici che pensano di essere sani e che hanno i sintomi, ogni tanto non si rendono conto che l’infiammazione delle vie aeree resta presente sempre ci ha raccontato il dottor Cremona. In media, dice, un asmatico fa una terapia solo per 6 mesi e dopo smette, in parte perché sta meglio e dunque crede di essere guarito e “in parte perché vengono usati corticosteroidi per via inalatoria, farmaci che però hanno avuto molta pubblicità negativa. Ma stiamo parlando di una terapia locale che non ha effetti collaterali così importanti.

Luigi fin da quando aveva 17 anni ha sempre cercato un rimedio alla sua asma. Ha fatto le iniezioni di vaccino sottocutanee e li ha presi anche sublinguali, ha usato cortisonici di tutti i tipi e per anni è andato acanti così. Poi nel 2000 il medico di base gli suggerì di provare l’omeopatia. “Consultai una dottoressa tedesca. Era un'amante degli animali, aveva un cane che trattava come un figlio, e anche lei aveva una passione per i cavalli”. Il medico teutonico gli prescrisse dei composti “che la farmacia preparava appositamente per me. In questo modo mi proteggevo ma quando arrivavano attacchi tosti, ci volevano i farmaci”. E uno di questi, quasi dieci anni dopo, ha cambiato la vita di Luigi. “All’ospedale San Camillo Forlanini ho conosciuto la mia pneumologia grazie alla quale ho avuto accesso a un farmaco biologico, un anticorpo monoclonale e la mia vita è radicalmente migliorata grazie a due punture da 150 milligrammi di farmaco ogni 15 giorni”. Oggi gli episodi sono sporadici, qualche volta usa ancora lo spray ma si parla, comunque, di una volta ogni 20 giorni, e difficilmente usa la mascherina quando si avvicina ai suoi due cavalli.

Con i composti omeopatici mi proteggevo ma quando arrivavano gli attacchi acuti, dovevo ricorrere ai farmaci

Luigi lo sa, l’asma ha un costo non indifferente. Secondo il dottor Cremona, inoltre, gli asmatici pagano un caro prezzo in termini di giorni persi di lavoro o di scuola o di ospedalizzazioni. È un costo importante, assorbendo circa l’1% della spesa sanitaria totale. Quando si verificano degli attacchi d’asma acuti, che sono considerate emergenze mediche, circa 10% di questi sono mortali, anche oggi. Per fortuna, però, il numero di asmatici che muore in Italia è basso, "non credo raggiunga il centinaio l’anno” ha spiegato Cremona. Eppure, ancora oggi succede di morire d’asma nonostante i farmaci e i mezzi diagnostici molto avanzati che possiede la medicina. “Di solito sono più a rischio le persone che sottovalutano il problema, quelle che percepiscono poco i sintomi e chi invece utilizza soltanto i farmaci sintomatici, come i broncodilatatori, che riducono sì i sintomi ma non l’infiammazione”. Ci sono anche le persone, ci ha raccontato, che non riescono ad avere accesso facile ai farmaci o perché sono emarginati o illegali o poveri. “In linea generale, però, la mortalità è legata al non utilizzo di una giusta terapia”.

Per questo, da qualche mese, Luigi insieme ad altri pazienti del San Camillo ha deciso di fondare “Asma Grave”. È un’associazione che fa parte di Federasma e Allergie con cui medici e pazienti stessi vogliono fare informazione e formazione. “Vogliamo cercare di essere utili per gli altri. Se ci ripenso, la mia è una delle storie meno pesanti, ho saputo reagire e ho trovato diverse soluzioni per convivere con l’asma. Ma ci sono alcuni che hanno ancora molte difficoltà e molti altri, invece, non sanno che ci sono dei farmaci e delle terapie che ti aiutano a convivere con questa malattia”.

Con fatica e difficoltà, con l’asma però puoi convivere, puoi giocare a calcio e cavalcare i cavalli. "L’asma limita tanto la vita e finché non trovi la cura più adeguata per te è una patologia invalidate che non ti dà tregua. Ma una volta che sai come gestirla puoi migliorare notevolmente la tua qualità di vita" ha spiegato Luigi. Come? Con fatica, fiducia e farmaci. E se serve, anche con una mascherina a portata di mano e uno spray nella tasca degli spiccioli, come Luigi.

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