Uno studio ha dimostrato che l’aumento del battito cardiaco può generare ansia (non solo il contrario)

Se il battito del cuore aumenta, anche il cervello potrebbe risentirne, innescando emozioni come ansia e paura. Lo hanno scoperto alcuni ricercatori dell’Università di Stanford, in California, nel tentativo di scoprire se anche il cuore possa influenzare l’attività cerebrale e non solo il contrario.
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Maria Teresa Gasbarrone 4 Marzo 2023
* ultima modifica il 31/07/2023

Sappiamo tutti che che certe emozioni come la paura e l'ansia possono far aumentare il battito cardiaco, ma quali sono gli effetti dell'aumento della frequenza cardiaca sulle nostre emozioni? Un gruppo di scienziati della Stanford University, in California, guidati dal professore Karl Deisseroth, ha trovato la risposta.

Gli scienziati dell'università californiana hanno infatti osservato che il legame ansia-battito cardiaco funziona in entrambe le direzioni, detto in altre parole, aumentare artificialmente la frequenza cardiaca può aumentare i livelli di ansia

Lo studio

La ricerca – pubblicata su Nature – partiva da una premessa: "Le teorie fisiologiche delle emozioni, proposte più di un secolo fa – si legge nello studio – hanno ritenuto che, in generale, possa esistere un flusso importante e persino dominante di informazioni dal corpo al cervello".

Per verificare questa idea, gli scienziati della Stanford University hanno condotto un particolare esperimento su topi servendosi dell'optogenetica, un metodo che prevede l'uso della luce per controllare l'attività delle cellule.

Il team ha "bioingegnerizzato" i topi per rendere sensibili alla luce le cellule muscolari del cuore attraverso una sorta di peacemaker optpgenitoco – non invasivo – progettato all'interno di piccoli giubbotti che sono stati applicati ai topi. Questi "giubbotti" speciali sono infatti in grado di emettere un impulso di luce tale da attivare i muscoli cardiaci e aumentare così il battito cardiaco.

Cuore e cervello lavorano insieme

Il team ha poi inserito gli animali in contesti stressanti. Nello specifico gli scienziati hanno addestrato gli animali ad aspettarsi una scossa se avessero premuto una leva dalla quale usciva acqua e hanno osservato il loro comportamento sia in queste condizioni che in altre meno "a rischio".

Utilizzando il sistema optogenetico, i ricercatori hanno poi aumentato la frequenza cardiaca degli animali dai normali 660 battiti al minuto a 900. Quando i loro cuori hanno iniziato a battere, i topi sono diventati meno disposti a premere la leva o a esplorare aree aperte, suggerendo che erano più ansiosi. Ma per gli animali in altri contesti, l'aumento esterno della frequenza cardiaca non ha avuto alcun effetto, suggerendo che il cervello e il cuore lavorano insieme per produrre l'ansia.

"Abbiamo scoperto – scrivono i ricercatori – che la tachicardia evocata otticamente potenziava in modo potente il comportamento ansioso, ma soprattutto solo in contesti rischiosi, indicando che nello sviluppo degli stati emotivi possono essere coinvolti sia processi centrali (cervello) che periferici (corpo)".

Cosa succede nel cervello

Per identificare i potenziali meccanismi, gli scienziati hanno osservato l'attività cerebrale per individuare le aree del cervello attivate dai ritmi cardiaci imposti. In questo modo hanno scoperto che l'insula – una regione associata sia alle emozioni che all'elaborazione dei segnali corporei – diventava più attiva quando la frequenza cardiaca aumentava in quelle situazioni in cui l'animale si comportava in modo ansioso.

Secondo i ricercatori, ciò suggerisce che l'insula ha il compito di integrare i segnali provenienti dal cuore con le minacce dell'ambiente prima di trasmettere le informazioni alle aree coinvolte nella cognizione superiore.

La scoperta fatta dai ricercatori di Stanford potrebbe avere importanti implicazioni nel comprendere i meccanismi alla base di disturbi quali l'ansia cranica con la possibilità di studiare nuove strategie terapeutiche.

Fonte | Cardiogenic control of affective behavioural state, pubblicato il 1 marzo 2023 su Nature

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