Vaccino antinfluenzale al via, il presidente Simg Cricelli: “Basta polemiche sterili, i medici sono pronti”

Abbiamo affrontato il tema vaccini in una chiacchierata a 360 gradi con il presidente della Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie: dall’inizio della campagna, che ad inizio ottobre vedrà le prime dosi somministrare fino alla potenziale carenza di farmaci per la popolazione attiva che, per Cricelli, ad oggi è un falso problema.
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Kevin Ben Alì Zinati 7 Ottobre 2020
* ultima modifica il 07/10/2020
Intervista al Dott. Claudio Cricelli Presidente Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie

Il vaccino antinfluenzale è uno dei grandi capitoli che compone la storia della “nostra” pandemia. Da ormai un mese anche tu ti starai domandando quando partirà effettivamente la campagna, dove ci si potrà recare per farsi pungere, chi potrà somministrartelo, se solo i medici di base o anche i farmacisti e se ci saranno dosi sufficienti anche per la popolazione attiva e non a rischio. I tuoi dubbi sono anche i nostri, così ne abbiamo parlato con il dottor Claudio Cricelli, presidente della Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie.

Dottor Cricelli, l’influenza sta arrivando. 

È la più importante malattia infettiva del mondo. Ogni anno, malgrado il vaccino, colpisce quasi 8 milioni di persone e nonostante sia a apparentemente banale e di modesta importanza, produce anche tanti ricoveri, assenze dal lavoro e anche mortalità in eccesso.

Quindi bisogna vaccinarsi. Ma è vero che in questo contesto sanitario è ancora più importante?  

Il vaccino oggi è necessario per tanti motivi, il primo è prevenire la confusione che inevitabilmente può avvenire tra la sintomatologia dell’infezione da Coronavirus e quella dell’influenza ma anche di qualunque altra malattia affine, le famose sindromi simil-influenzali. Questa sovrapponibili ci darà dei grattacapi ma il tampone ci aiuterà a differenziare le diagnosi con certezza.

Il dottor Claudio Cricelli, presidente Simg

A questo proposito, anche Assosalute in una sua ultima ricerca ha confermato che 1 italiano su 3 ha paura di non distinguere i sintomi dell’influenza stagionale da quelli del Covid-19.

La paura è reale. Oggi se qualcuno in questo paese o nel mondo ha un raffreddore o una tosse, ha il timore di avere il Covid-19. Anche se nel loro decorso poi divergono, nella fase iniziale i sintomi sono gli stessi e le due patologie possono essere confuse. La ricerca fotografa una realtà che è sotto gli occhi di tutti, ecco perché è importante il vaccino. La prevenzione si alimenta di egoismo e paura: in questo caso, dunque, ben vegano entrambi.

Diceva che ci sono anche alte ragioni per farsi pungere: quali? 

L’influenza genera il più elevato numero di visite domiciliari che, in questa situazione, non si possono fare in totale sicurezza, i ricoveri affolleranno gli ospedali che invece non devono essere usati per malattie banali e prevenibili. Oggi non possiamo permetterci di distogliere risorse sanitarie dal territorio.

Abbassare l’età della popolazione eleggibile al vaccino è stata una scelta corretta, quindi. 

L’avevamo già chiesta noi ad aprile, in tempi non sospetti. Se osserviamo quali sono le fasce d’eta più colpite dall’influenza notiamo che non sono gli anziani, dal momento che sono già stati vaccinati, bensì i più giovani, che invece non si vaccinano. Tra i bambini in età prescolare e scolare raggiungiamo il 20-25% di casi di influenza: è vero che sono casi meno gravi ma se un giovane si ammala può facilmente contagiare gli altri e innescare una reazione a catena. Con il vaccino diminuiamo la trasmissione del contagio e quindi la diffusione del virus.

Crede che l'adesione alla campagna vaccinale sarà alta? 

Abbiamo già uno scenario realistico e un dato molto attendibile sulla sensibilità delle persone. Sappiamo già medico per medico quali sono le persone a cui andrà somministrato il vaccino e i pazienti si stanno già prenotando. Quest’anno infatti non esisterà più l’andare negli studi a fare la coda: sarà indispensabile prenotare il proprio posto.

Secondo lei ci sarà un problema spazi? 

È una questione urgente. Il Veneto si sta organizzando così come altre regioni come il Piemonte e la Lombardia: a Brescia, per esempio, stanno creando uno spazio Covid dove verranno eseguiti anche i vaccini. Altri invece si stanno organizzando secondo la tradizione italiana del "si salvi chi può”. Purtroppo c’è sempre troppa fiducia nello stellone italico che ci protegge, anche se bisogna dire che alla fine ci sappiamo fare. Siamo stati più bravi degli spagnoli e degli inglesi, lo sono stati sia i nostri medici che i nostri cittadini. Ciò che manca, però, sono delle linee guida nazionali che identifichino criteri, strumenti, spazi e modalità validi per tutte le regioni e applicati sulle strutture dei medici di famiglia. Noi come medici ci siamo dati la regola che in studio si entra uno alla volta per un massimo di 3 persone e che si arriva per appuntamento, si entra, si prendono tutte le misure di sicurezza, si fa il vaccino e si esce. Oggi vincono il rigore, l’organizzazione e lentezza. Ogni procedura andrà calibrata con attenzione e il famoso “faccia alla svelta” non esisterà. Le cose verranno fatte per bene.

Un’altra grande criticità che la campagna vaccinale si sta trascinando è la potenziale carenza di farmacie nelle farmacie. 

È una polemica che mi annoia perché i vaccini sono farmaci speciali e ci vuole tempo per preparali, differentemente da quelli chimici. Poi le regioni hanno tergiversato nelle richieste, così come i farmacisti e quando si è capito che il vaccino era una risorsa indispensabile, sono state fatte le ordinazioni. Ora però è chiaro che chi ha ordinato per primo, ovvero il SSN e le Regioni, avranno le prime consegne. In più la carenza di farmaci, al momento, è teorica perché sono stati ordinati 7 milioni di vaccini in più rispetto all’anno scorso. Ad oggi quindi sono un surplus che dobbiamo somministrare, se la popolazione deciderà di farlo. Non c’è un difetto di consegna, sono stati ordinati tardi ma ne sono stati chiesti di più. È dunque una falsa polemica perché si corre il rischio che la gente scelga di volerlo fare. I vaccini ci sono, arriveranno piano piano.

I farmacisti potrebbero alleggerire il peso sulle spalle di voi medici somministrando loro stessi il vaccino? 

Contribuiscono già alla campagna, sono i distributori del vaccino a tutta la popolazione che non ha diritto alla vaccinazione gratuita. Che poi all’interno delle farmacie si possa somministrare non credo sia una soluzione. Il vaccino è un atto medico e sanitario e i farmacisti sono sanitari per l’erogazione di farmaci e non possono assumersi questa responsabilità.

Dottor Cricelli, i medici sono pronti alla campagna antinfluenzale? 

Siamo 46 mila e abbiamo 54 milioni di pazienti, dobbiamo curarli e somministrare 16 milioni di dosi di vaccino: non abbiamo tempo da perdere. Lavoreremo il doppio, troveremo gli spazi, ci arrangeremo e ci inventeremo soluzioni organizzative, ma non vogliamo medaglie. Lavoreremo, in silenzio, con le nostre forze e l’aiuto del Ssn. Certo che siamo pronti.

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