Il vaiolo delle scimmie, chiamato anche Monkeypox, è una rara infezione causata dal Monkeypox virus, che appartiene al genere degli Orthopoxvirus, la stessa del vaiolo umano con il quale condivide alcune caratteristiche. Al contrario di quest'ultimo, però, il Monkeypox è una zoonosi e circola principalmente tra gli animali, che però possono contagiare l'uomo attraverso i fluidi, come la saliva, o il contatto diretto.
Il Monkeypox virus è endemico dell'Africa, ma la sua diffusione in Paesi di altri continenti, dalla Spagna al Portogallo o gli Stati Uniti, fino al recente primo caso in Italia, è resa possibile dall'importazione di animali infetti o dalla trasmissione dell'infezione dagli animali all'essere umano, che si può verificare dopo un periodo di incubazione che può durare fino a 21 giorni.
I sintomi del vaiolo delle scimmie potrebbero ricordarti quelli dell'influenza, come febbre e mal di testa, ma in più questa malattia virale provoca anche la comparsa di lesioni cutanee che possono causare prurito o dolore. Il tasso di mortalità dell'infezione è compreso tra l'1% e il 10%, anche se sembra che le persone vaccinate in passato contro il vaiolo abbiano un rischio minore di essere contagiate. Dato che al momento non esistono né una cura specifica per il Monkeypox né un vaccino in grado di prevenirlo, è importante evitare di uscire in caso di segni sospetti e, a livello istituzionale, tenere sotto stretto controllo la diffusione del virus.
Il vaiolo delle scimmie, o Monkeypox, è una zoonosi, ovvero un'infezione virale che può essere trasmessa dagli animali all'uomo, in grado a sua volta di contagiare altre persone. È un Orthopoxvirus chiamato Monkeypox virus a causare la malattia, che si chiama così proprio perché fu scoperta per la prima volta nel 1958 in alcune colonie di scimmie utilizzate a scopi di ricerca.
Tuttavia, non sarebbero questi primati ad essere il serbatoio del virus, bensì dei piccoli roditori, come ad esempio gli scoiattoli, diffusi in Africa centrale ed occidentale, un territorio dove l'agente patogeno è endemico. Il primo caso di vaiolo delle scimmie nell'uomo fu poi registrato nel 1970 in Repubblica Democratica del Congo, seguito in tempi più recenti da altri casi sporadici e epidemie occasionali in altri Paesi africani, dalla Nigeria alla Sierra Leone, soprattutto a causa dell'invasione da parte dell'uomo degli habitat in cui vivono gli animali portatori del virus.
Nel 2003, inoltre, un'epidemia di vaiolo delle scimmie colpì gli Stati Uniti con 35 casi confermati tra gli esseri umani, ma nessun decesso: in quell'occasione l'infezione si diffuse a causa dell'importazione di alcuni roditori infetti dall'Africa, che contagiarono dei cani domestici responsabili poi della trasmissione del virus all'uomo.
Il contagio infatti è possibile attraverso un contatto tra un animale infetto e l'uomo, ma è molto più difficile trasmettere il virus da una persona all'altra, nonostante si sta attualmente considerando l'ipotesi che il Monkeypox virus sia sessualmente trasmissibile.
Nonostante alcune caratteristiche in comune con il vaiolo umano, tra cui diversi sintomi, il Monkeypox è generalmente una malattia più lieve che spesso si risolve spontaneamente senza cure specifiche.
La trasmissione del Monkeypox virus dagli animali all'uomo può verificarsi in caso di un contatto diretto con il sangue, i fluidi corporei e le lesioni cutanee o delle mucose dell'animale che ospita il virus. Tra gli ospiti naturali di questo agente patogeno ci sono diversi animali, tra cui scoiattoli, criceti, ghiri, e alcuni tipi di scimmie, e si pensa che siano proprio i roditori ad essere il serbatoio del virus.
Inoltre, anche mangiare carni poco cotte o altri prodotti animali provenienti da esemplari infetti può aumentare il rischio di infezione.
Il contagio tra esseri umani è invece più complicato, ma può avvenire se si entra in stretto contatto con le secrezioni respiratorie o con le lesioni di una persona affetta dal vaiolo delle scimmie, oltre che toccando oggetti contaminati. Per infettarsi attraverso l'esposizione al droplet, le famose goccioline emesse da bocca e naso, è necessario che il contatto faccia a faccia sia prolungato.
Il Monkeypox può essere trasmesso anche nella placenta dalla mamma al bambino durante e dopo il parto, una modalità che porta a sviluppare una forma congenita dell'infezione.
Tuttavia, proprio nelle ultime settimane, in seguito ai nuovi casi registrati in persone che non avrebbero avuto contatti con zone in cui il virus è endemico, si sta studiando la possibilità che il contagio possa avvenire anche per via sessuale, un aspetto che però necessita di ulteriori studi e conferme.
I segni clinici di un'infezione da Monkeypox virus sono simili a quelli del vaiolo umano e compaiono dopo un periodo di incubazione che dura solitamente dai 6 ai 13 giorni, pur essendo compreso in un intervallo più ampio, di 5-21 giorni.
Al termine di questa fase i sintomi del vaiolo delle scimmie si presentano in due momenti diversi:
I sintomi durano solitamente da 2 a 4 settimane, prima che l'infezione si risolva da se. I casi più gravi si verificano tra i bambini, in base al grado di esposizione al virus e alla salute del paziente. Un sistema immunitario indebolito può aumentare il rischio di complicazioni, tra le quali rientrano infezioni secondarie, sepsi, broncopolmonite, encefaliti e infezioni della cornea.
Se storicamente la mortalità del vaiolo delle scimmie era compresa tra l'1% e l'11%, recentemente il numero di decessi sembra essersi abbassato ad un tasso compreso tra il 3% e il 6%.
Non esistono trattamenti sicuri e approvati per trattare l'infezione da Monkeypox virus, quindi la terapia sarà mirata principalmente ad alleviare i sintomi e gestire eventuali complicazioni. È importante inoltre che il paziente venga nutrito in modo adeguato con fluidi o alimenti.
L'Agenzia europea dei medicinali (EMA) ha approvato nel 2022 l'uso di un farmaco antivirale chiamato tecovirimat, sviluppato in passato per il vaiolo umano, per il trattamento del vaiolo delle scimmie, nonostante la disponibilità del medicinale sia ancora limitata.
Nonostante non esista al momento un programma vaccinale per prevenire il vaiolo delle scimmie, diversi studi osservazionali hanno dimostrato una buona efficacia del vaccino contro il vaiolo anche nel bloccare il Monkeypox o nel rendere più lieve l'infezione.
Tuttavia, dato che le campagne vaccinali per arginare la malattia sono state realizzate molto tempo fa, esistono ormai diverse generazioni senza alcun tipo di protezione contro il Monkeypox virus.
Per questo motivo, in attesa dello sviluppo di un eventuale nuovo vaccino, è importante tracciare i nuovi casi di vaiolo delle scimmie attraverso un attento programma di sorveglianza, che consenta di individuare i pazienti infetti e di far sì che evitino di entrare in contatto con altre persone.
Inoltre, è cruciale evitare il contatto con animali selvatici, specialmente se morti o feriti, e con i prodotti da essi derivanti, come la carne.
Fonti | OMS; MSD Manuals