Vivere con l’HIV “è una cosa normalissima” e il merito è soprattutto della scienza

La sieropositività oggi non preclude più una vita normale: chi ha contratto il virus può avere famiglia e figli senza il rischio di essere contagioso. Il merito è delle terapie impiegate, ora più semplici e non più così devastanti. Nella giornata mondiale contro l’AIDS ce l’hanno raccontato la professoressa Antonella Castagna, primario di Malattie Infettive del San Raffaele di Milano, e Giusi Giupponi, presidente di Lila Como che convive con il virus da ormai 22 anni. Medico e paziente: i due volti dell’HIV.
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Kevin Ben Alì Zinati 1 Dicembre 2021
* ultima modifica il 01/12/2021

L’HIV oggi fa ancora paura? Sì, perché come succede con tante altre condizioni, se non trattata correttamente può trasformarsi in AIDS e portare con sé conseguenze anche mortali. E l’eredità delle generazioni che l’HIV l’hanno subita al pari, se non di più, di una pandemia è ancora forte e incancellabile.

L’HIV oggi è ancora fonte di discriminazione? Sì, perché resiste un alone strano attorno al virus dell’immunodeficienza umana. Dopo decenni molti di noi sono ancora pervasi da quell’idea corrotta che la diagnosi di «infezione da HIV» sia la condanna a morte di una vita sporca e ai margini.

L’HIV oggi è ancora un tunnel senza via d’uscita? No. Vivere sieropositivi oggi è una “cosa normalissima”. Nel senso che è possibile avere famiglia e figli nonostante l’infezione, che le terapie sono più semplici e non più così devastanti e che una «cura» che garantisca l’eradicazione completa del virus dall’organismo non è più solo un’idea.

A dirlo è la professoressa Antonella Castagna, primario del reparto di Malattia Infettive dell’Ospedale San Raffaele di Milano e occhio vigile su tutti gli sforzi che la scienza sta mettendo in campo contro il virus. A sottoscriverlo mettendoci volto, cuore e vita, invece, è Giusi Giupponi, presidente della Lila Como che con l’HIV convive ormai da 22 anni.

Le loro parole oggi, nella Giornata mondiale per la lotta contro l’Aids, non sono banali: sono potenti.

Per capirle serve fare un giro di periscopio sulla situazione legata all’HIV in Italia. Che, rispetto al numero di nuove infezioni, secondo la professoressa Castagna è “incoraggiante”. Nel senso che negli ultimi anni stiamo osservando una riduzione del numero di nuove infezioni. “Sono appena usciti i dati del centro operativo AIDS e nel 2020 abbiamo avuto 1303 nuove infezioni”. 

Un numero che però dobbiamo interpretare. Da un lato, infatti, una riduzione delle diagnosi potrebbe essere il risultato di tutti gli interventi che la scienza sta facendo in termini di prevenzione profilassi pre-esposizione. “Dall’altro, però, temiamo che sia un effetto anche questo legato alla pandemia da Sars-CoV-2 per cui gli screening sono stati fatti meno accuratamente e vi è probabilmente un ritardo nelle notifiche”. 

Di fronte alle 362 nuove diagnosi di Aids nel 2021, il messaggio per il primario di Malattie Infettive dell'ospedale milanese però è che “ancora oggi le persone si presentano a fare il test in un 35%-40% dei casi solo quando hanno i sintomi. Questo vuol dire intervenire tardivamente, quando l’infezione è avanzata”. 

Un po’ come è successo a Giusi, che ha scoperto di avere l’HIV il 16 marzo 1999 quando, dopo un rapporto intimo con il suo compagno di allora, ha cominciato a stare male. Tanto male. “Avevo dolori allucinanti all’utero e lì avevo proprio male”.

Nel 2020 abbiamo avuto 1303 nuove infezioni mentre nel 2021 le nuove diagnosi di Aids sono state 362

È stata quindi sottoposta a una serie infinita di esami perché nessuno riusciva a capire cosa avesse. Anche a quelli per le infezioni sessualmente trasmissibili. “Mi dissero «Vieni, è importante che ti ricoveriamo, così ti rimettiamo in sesto» e il giorno dopo sono entrata in coma vigile perché in quel momento non avevo solo l’HIV ma ero in AIDS conclamato”. 

Oggi fortunatamente la stragrande maggioranza delle persone con HIV riesce ad evitare la progressione alla malattia grazie alle cure ma resta assolutamente necessario non sottovalutare il rischio.

Tradotto, significa che soprattutto in caso di rapporti non protetti con partner non conosciuti “la possibilità di aver contratto infezione da HIV anche se è minima, esiste – ha spiegato la professoressa Castagna – Bisogna cercare di fare il test laddove si è consapevoli di aver avuto rapporti a rischio”. 

La qualità di vita di chi contrae l’infezione da HIV oggi però è nettamente migliorata. Giusi si ricorda dei suoi primi momenti con il virus. Erano i primi anni 2000 quando, a un paio di mesi dalle dimissioni, aveva iniziato la terapia antiretrovirale “con 21 farmaci al giorno. Erano terrificanti perché li dovevo prendere ogni 4 ore. Alle 8, a mezzogiorno, alle 4, alle 20 di sera, a mezzanotte. E ogni assunzione non era prendi le 4 pastiglie e via. Ma era prendile con i solidi, prendile con il succo, prendile con i liquidi, prendile a stomaco pieno, prendile a stomaco vuoto”.

Lei che era sempre stata una persona con una media di 60 kg e la 40 di taglia nel giro di poco si è ritrovata a pesare 85-90 kg e ad avere una 56. Ora le cose sono cambiate e quella di Giusi è una vita “buona” da tanti anni, più di 15, da quando prende un farmaco al giorno.

“Oggi in Italia e in Europa abbiamo farmaci che sono molto ben tollerati. Spesso possiamo somministrarli in una singola compressa al giorno quindi il carico farmacologico è ridotto nonostante siano terapie da mantenere per il resto della vita ha spiegato la professoressa Castagna sottolineando anche che per il 2022 si attendono i cosiddetti «Long acting».

Si tratta di farmaci innovativi e somministrabili con un’iniezione intramuscolo 6 volte in un anno. “È un grosso passo in avanti, soprattutto per quei pazienti per i quali la terapia orale è un modo per ribadire quello che è il legame con l’infezione e lo stigma da HIV”.

I farmaci long acting permettono una terapia con un’iniezione intramuscolo 6 volte in un anno

La ricerca però non si è fermata qui. All’orizzonte secondo il primario di Malattie Infettive del San Raffaele ci sarebbero anche farmaci con nuovi meccanismi di azione in grado di colpire gli enzimi del ciclo virale, “alcuni in particolare inibiscono l’ingresso del virus all’interno della cellula e in parallelo anche lo sviluppo di vaccini. Una strada “un po’ più controversa ma aperta grazie anche alla spinta sul tema legata alla strategia vaccinale anti-Covid 19”.

Come ti dicevo all’inizio, si sta affrontando anche il tema della cura dell’infezione, ovvero l’eliminazione del virus integrato all’interno dei linfociti CD4 latenti. “Questo è l’elemento in cui non abbiamo ancora un successo però stiamo osservando che ci sono approcci combinati che possono permettere di cominciare a parlare di cura”.

Secondo la professoressa Castagna vi sono report occasionali di persone che in modo spontaneo mantengono il controllo della replicazione virale. Come una paziente argentina che sarebbe in grado di tenere sotto controllo il virus senza terapia. “Questo, insieme al paziente di Berlino e di Londra, dimostra che per ora seppur raramente la cura è possibile”.

Certa oggi, invece, è la possibilità per una persona infetta da HIV sotto terapia farmacologica di avere una vita normale senza essere contagiosa. “Questo è un grande successo che vede alleati la community, i pazienti e la scienza – ha spiegato la professoressa – Studi molto importanti hanno stabilito con sicurezza che chi ha una viremia non rilevabile grazie alla terapia non trasmette il virus".

Forse non lo sapevi ma in questi casi si utilizza l’acronimo «U=U», ovvero undetectable equals untrasmittable: una persona stabilmente in terapia con carica virale soppressa e quindi non rilevabile non trasmette l’infezione ad altri.

I passi avanti della scienza ci sono e sono decisivi. Perché possono sicuramente contribuire a limitare la paura. E poi, come puoi capire, aiutano anche le persone che vivono con l’HIV a riaprire un po’ la propria vita.

La professoressa Castagna e Giusi però sono d'accordo anche su un altro importante ruolo della scienza: contribuisce a ribaltare una delle domande che ti ho posto all’inizio e disinnescare lo stigma che ancora colpisce chi vive con l’HIV.

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