Riesci a pensare a come potrebbe essere la tua vita se tutti vedessero solo un aspetto di te? Ecco, per chi soffre di malattie rare, è quasi sempre così. È quello che da quando è nata vive, ad esempio, Valentina Tomirotti, classe 1982, mantovana di nascita ma "cittadina del mondo per adozione".
Valentina è affetta da displasia diastrofica, una malattia scheletrica rara che l'ha costretta in sedia a rotella fin da piccola. Ma questo è solo uno dei tanti aspetti della sua vita: giornalista pubblicista e attivista, con la sua associazione "Pepitosa in carrozza" cerca di diffondere attraverso il turismo accessibile una nuova cultura della disabilità. In occasione della Giornata delle Malattie Rare ci ha raccontato la sua storia.
"Queste ruote mi trasportano, ma non mi conducono", scrive Valentina sul suo blog. Invece nell'immaginario comune quando si parla di disabilità spesso non si riesce a vedere oltre quella carrozzina, che per molti – come Valentina – non è che uno strumento con cui muoversi.
Questo – racconta la giornalista – spinge la società a etichettare chi ne soffre all'interno di un recinto che rischia di trasformarsi in una prigione.
Lo sguardo è l'arma che da sempre la società usa contro di me. La mia disabilità per loro è il mio biglietto da visita.
Valentina Tomirotti
"Io sono nata nel 1982 – racconta Valentina – quindi mi sono relazionata con più generazioni, eppure certe cose non cambiano. Lo sguardo è ancora un’arma che la società usa contro di me. Il mio aspetto non convenzionale si è trasformato nella mia gabbia, per gli altri è come se fosse il mio biglietto di visita".
Com'è riuscita liberarsi da questa gabbia? A questa domanda Valentina risponde che non c'è una strategia unica, ma che ognuno deve trovare la propria. La sua è stata specializzarsi in un ambito che potesse permetterle di unire la sua professione – il giornalismo – con l'esigenza di diffondere una nuova narrativa della malattia.
Così è diventata un'attivista esperta di turismo accessibile e ha dato vita al progetto "Pepitosa in carrozza". Si tratta di un'associazione che vuole guidare chi viaggia in carrozzina a conoscere i luoghi accessibili in Italia ed evitare brutte sorprese.
"La displasia diastrofica – spiega la dottoressa Michaela Veronica Gonfiantini dell'unità operativa Malattie rare dell'Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma – è una malattia rara, che colpisce una persona su 35mila persone, rientra nelle displasie scheletriche, ovvero quelle malattie genetiche che comportano un’alterazione dello scheletro implicando disabilità più o meno gravi".
Una malattia si definisce "rara" quando la sua incidenza supera una certa soglia. In Europa questa è stata fissata allo 0,05 per cento della popolazione, non più di un caso ogni 2000 persone. Le malattie rare conosciute e diagnosticate sono oggi circa 10mila. Questa cifra però è destinata a crescere con l'evoluzione della scienza e, in particolare, con i progressi della ricerca genetica.
Ecco perché anche se una singola malattia colpisce una minima fetta della popolazione, nel loro insieme queste patologie riguardano milioni di persone. Secondo l'Istituto superiore di sanità circa 300 milioni in tutto il mondo.
"Essere attivista – sottolinea Valentina – non è una professione, è un modo di essere e di improntare la propria vita anche per il bene del prossimo. L’attivismo si occupa di trovare soluzioni alternative, ma anche di scuotere l’animo e il dialogo nella società a fin di bene, cioè per creare qualcosa di positivo che possa cambiare in meglio la vita delle persone".
L'errore più comune è universalizzare la disabilità o la malattia. Ogni persona, disabile o meno, malata o meno, è un individuo a sé.
Valentina Tomirotti
L'obiettivo di "Pepitosa in carrozza" è però anche la diffusione di una nuova cultura della disabilità che rompa le maglie strette del pietismo, per restituire a ogni persona, disabile o meno, la sua dignità di individuo. Pensa che secondo Istat in Italia le persone con disabilità sono 3 milioni e 150 mila (il 5,2% della popolazione).
Eppure spesso i disabili vengono considerati un'unica categoria, ma la verità è tutt'altra:
"L’errore più grave – spiega ancora Valentina – è quello di far entrare tutte le persone con disabilità dentro una specie di recinto, ma ogni persona è diversa dall'altra. Viviamo nello sbaglio di universalizzare la disabilità, come se i disabili fossero tutti uguali o avessero gli stessi bisogni. Invece non è affatto così, ogni individuo è a sé. Non siamo solo i nostri bisogni, siamo per prima cosa persone".
È questa sorta di pregiudizio verso la malattia a costituire – spiega Valentina – la più importante delle barriere sociali, a volte anche più difficili da superare di quelle fisiche. Luoghi comuni, discriminazioni dirette o implicite e insufficienti politiche di integrazione ne sono le conseguenze più evidenti.
Non si tratta di un problema solo italiano. Secondo la Commissione europea soltanto la metà delle persone con disabilità ha un lavoro rispetto ai tre su quattro tra le persone senza disabilità. Soltanto il 29,4% delle persone con disabilità consegue un titolo di istruzione terziaria, rispetto al 43,8% delle persone senza disabilità. Il 52% delle persone con disabilità si sente discriminato.
"Per questo è necessario – aggiunge la giornalista – diffondere un nuovo racconto della realtà. È quello che tento io di fare con "Pepitosa in carrozza". Non sarebbe giusto nemmeno raccontarci come degli eroi. Siamo solo persone con delle competenze".
Eppure se soffri di una malattia rara che implica una disabilità, le tue competenze professionali potrebbero non bastare. Anche se l'inserimento lavorativo delle cosiddette “categorie protette” dovrebbe essere garantito regolamentato in Italia dalla legge n.68 del 12 marzo 1999, la realtà dei fatti è spesso diversa.
"Il collocamento mirato per le persone affette da malattie rare – spiega l'attivista – non è quasi mai professionalizzante: difficilmente un disabile viene chiamato per fare il manager, al massimo puoi ambire a fare le fotocopie".
Dovrebbe essere invece garantito il diritto non solo al lavoro, ma anche alla carriera. Un diritto che invece Valentina si è vista spesso negare. Le cause di questo fenomeno sono tante. C'entra la mancanza di adeguati controlli sul rispetto della legge da parte delle aziende, ma molto dipende anche dal racconto fuorviante che si fa di malattia e disabilità: "Se tu mi dici che la disabilità ha un certo colore io finirò per crederci".
Fonti | Pepitosa in carrozza, Istat, Commissione europea
Foto di copertina: Velentina Tomiratti, foto di Osservatorio Malattie Rare (OMaR)