A Bari si studiano protesi capaci di percepire caldo, freddo e umidità e in grado di sentire oggetti più piccoli di 1 millimetro

Un gruppo di ricercatori baresi sta lavorando allo sviluppo di protesi capaci di ricreare la sensazione del tatto e in grado di sentire oggetti molto più piccoli di quelli che percepiremmo con la nostra pelle naturale.
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Kevin Ben Alì Zinati 7 Giugno 2024
* ultima modifica il 07/06/2024

Scienza e tecnologia stanno aprendo le porte del futuro permettendoci di trovare soluzioni a problemi, leggasi malattie e condizioni fisiche, cui prima non vi era rimedio.

Le neuroprotesi, per esempio, ormai sono giù una realtà. Abbiamo già, insomma, protesi indossabili e comandabili direttamente con il pensiero: chiaro, manca ancora un’accessibilità più larga e diffusa ma stiamo parlando di una realtà.

Il punto, però, è che molte di queste protesi seppur innovative non sono ancora in grado di ripristinare le sensazioni tattili della pelle. Mancando di un sistema di percezione preciso e realistico è come se qualcosa ci trattenesse per il bavero della giacca mentre varchiamo la soglia del futuro.

Il team di scienziati coordinato dalla ricercatrice barese Anna Maria Coclite sta lavorando proprio in questa direzione, cercando di sviluppare protesi capaci di ricreare la sensazione del tatto e quindi in grado di ridare a chi le indossa la possibilità di sentire il calore o il freddo.

Nei laboratori del dipartimento interateneo di Fisica dell'Università e del Politecnico di Bari, i ricercatori stanno sviluppando delle protesi hi-tech sensibili a tre stimoli contemporaneamente, ovvero cambi di umidità, temperatura e pressione.

L’obiettivo a cui ambiscono tuttavia è ancora più alto perché l’idea è quella di dotare questi dispositivi di una sensibilità più elevata di quella della pelle umana.

Con le nostre dita riusciamo a sentire oggetti molto piccoli, che hanno un’area di 1 millimetro. La protesi a cui sta lavorando il gruppo della dottoressa Coclite può “sentire” oggetti ancora più piccoli.

Il merito è di una nuova geometria dei sensori, che invece di essere composti da strati multipli sono posti in verticale ed hanno dimensioni estremamente ridotte.

Quando nel presente immagini il futuro, esso per definizione è sconfinato perciò le applicazioni di queste innovative tecnologie non si limitano solo a un impiego su singole protesi.

L’idea dei ricercatori è quella di rivoluzionare altri settori medici, magari andando ad integrare guanti ultrasensibili con cui i chirurghi potrebbero eseguire operazioni più precise, dove le aree da “toccare” sono ancora più piccole e delicate: pensa per esempio alla sutura di un vaso sanguigno o di un nervo.

Fonte | Ansa

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