A Perugia un hub per distribuire i semi delle piante sopravvissute alla bomba atomica di Hiroshima

All’orto botanico dell’università di Perugia sono germogliati i semi dei primi Hibaku jumoku, delle piante molto speciali che sono rimaste in vita dopo i devastanti bombardamenti nucleari di Hiroshima e Nagasaki nel 1945. Il capoluogo umbro è l’epicentro di un’iniziativa volta a portare in altri luoghi d’Italia e d’Europa queste piante simbolo di pace e di rigenerazione.
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Federico Turrisi 1 Giugno 2020

Quello che accadde il 6 e il 9 agosto 1945 nelle due città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki segnò la civiltà umana in maniera indelebile: decine di migliaia di persone morirono all'istante dopo lo scoppio di una nuova devastante arma sganciata dagli americani, la bomba atomica, e molte altre in seguito alle radiazioni nucleari. Le due città furono cancellate in pochi secondi: una tragedia immane.

All'esplosione, ovvero a un calore che a due chilometri dall'epicentro è stato quantificato pari a 40 volte quello emesso dalla superficie solare, e alle successive radiazioni sopravvissero alcune piante: circa 160, appartenenti a 30 specie diverse. La più famosa di queste è un salice piangente (Salix babylonica), che, nonostante si trovasse 75 anni fa a poco più di 300 metri dall'epicentro dell'esplosione, è rimasto in vita e si può ancora oggi ammirare a Hiroshima. Queste piante straordinarie sono chiamate Hibaku jumoku, che in giapponese significa letteralmente alberi bombardati dall’atomica. Si pensava che nessuna forma vivente potesse resistere a uno shock del genere, ma loro invece si sono dimostrate resilienti e sono riuscite a ripartire.

Per questo ha davvero un significato particolare la germinazione presso l'orto botanico dell'Università di Perugia di alcuni esemplari di Hibaku jumoku. Per la precisione si tratta di 40 dei 100 semi, appartenenti a cinque specie, importati dal Giappone: 27 dell’albero Aphananthe aspera, chiamato “Muku” nel paese nipponico, e 13 del più famoso fossile vivente del mondo vegetale, ossia il Ginkgo biloba. Le altre tre specie (Japanese Hackberry, Japanese Persimmon e il Kurogane Holly) sono in fase di vernalizzazione, cioè in attesa di passare un periodo di freddo prima di iniziare a germogliare.

Dietro a questo evento, che porta con sè un messaggio di speranza e di rinascita, c'è una fitta rete di relazioni. L'iniziativa di portare a Perugia i semi di Hibaku jumoku è stata infatti sostenuta da Pefc Italia, la sezione italiana dell'ente internazionale che si occupa degli schemi di certificazione per la gestione sostenibile delle foreste.

"L'idea che sta alla base del progetto è quella di dare alle piante un ruolo da protagonisti, da testimonial", racconta Antonio Brunori, segretario generale di Pefc Italia. "Siamo entrati in contatto con Green Legacy Hiroshima, associazione nata nel 2011 e supportata dall'Unitar, l'Istituto delle Nazioni Unite per la formazione e la ricerca, che si voleva assicurare un canale di esportazione in Italia per condividere i semi degli Hibaku jumoku. C'era bisogno di una struttura che avesse alle spalle una storia legata alla botanica e che si prendesse cura dei semi nella maniera più corretta. Allora abbiamo coinvolto l'orto botanico dell'Università degli studi di Perugia. In prospettiva, l'obiettivo è rendere Perugia una sorta di hub per la distribuzione dei semi di Hibaku jumoku in altri orti botanici europei".

Non solo. Dal momento che vedere crescere queste piante è davvero emozionante per la storia che hanno vissuto e per il messaggio che custodiscono, il progetto è stato allargato anche all'associazione “Mondo senza Guerre e senza Violenza-Biodiversità Nonviolenta” di Brescia. L'idea è quella di proporre di piantare alcuni degli alberi superstiti di Hiroshima in luoghi particolarmente evocativi d'Italia affinché trasmettano i valori della pace e della rigenerazione.

"Abbiamo pensato per esempio al giardino dei Giusti di Milano, dedicato a chi si è opposto ai genocidi e ai crimini contro l'umanità; oppure si ragionava di portare alcuni semi di Hibaku jumoku all'orto botanico di Bergamo per commemorare le vittime del Covid-19, e allo stesso tempo per dare un messaggio di positività e di ripartenza a una città così duramente colpita dall'epidemia", prosegue Brunori.

La germinazione degli Hibaku jumoku va al di là degli aspetti scientifici. Sono un simbolo. Perché non solo sono testimoni viventi di una delle più grandi tragedie nel Novecento, ma ci ricordano anche il carattere sacro della natura e della vita umana. Anche di fronte a una catastrofe come un'esplosione nucleare, se si conserva un piccolo nucleo vitale, un seme, allora è possibile perpetuare la vita e ripartire.

Credits foto di copertina | Università degli studi di Perugia