A pesca di plastica: la storia di Carlo, il pescatore che ripulisce il mare Adriatico

Aspettando che il disegno di legge “Salvamare” diventi realtà a tutti gli effetti, a San Benedetto del Tronto si riportano a terra tonnellate di rifiuti, soprattutto di plastica, pescati nell’Adriatico. L’orgoglio di Carlo, pescatore marchigiano: “che bello contribuire alla tutela dell’ambiente, ma non chiamateci spazzini del mare”.
Entra nel nuovo canale WhatsApp di Ohga
Federico Turrisi 8 Luglio 2019

Come un medico che tasta il polso del paziente, nessuno meglio di un pescatore conosce le condizioni di salute dei nostri mari. Carlo Di Domenico, 54 anni, marchigiano, ha alle spalle 37 anni di navigazione. Anche lui, insieme ad altri suoi colleghi, sta partecipando al progetto "A pesca di plastica" che coinvolge 40 pescherecci della marineria di San Benedetto del Tronto, in provincia di Ascoli Piceno, uno dei principali porti dell'Adriatico centrale. Oltre al pesce fresco i protagonisti dell'iniziativa portano a terra anche qualcosa di meno gradevole: tonnellate di rifiuti, soprattutto plastica.

"Oltre ai fiumi che riversano i rifiuti nel mare, ci sono anche le navi che si disfano di alcuni scarti scaricando direttamente in acqua. Mi è capitato di trovare di tutto. Gli oggetti più strani che ho tirato su? Un frigorifero portatile e una poltrona. La parte del leone la fa la plastica, soprattutto bottiglie e buste. Ecco, a mio parere, le buste di plastica sono le più dannose per l'ambiente e per la fauna marina, da eliminare assolutamente. Non stanno ferme ma vagano per il mare e spesso i pesci e altri animali vanno a piluccarle e ci rimangono impigliati."

I numeri di "A pesca di plastica", spin off del progetto europeo Clean Sea Life, parlano chiaro. L'iniziativa è partita a maggio e in poco più di un mese sono state strappate ai fondali del mare Adriatico sei tonnellate di rifiuti, con una media di una tonnellata a settimana. Di queste circa il 22 per cento è potenzialmente riciclabile, secondo le analisi effettuate da PicenAmbiente.

Il 53 per cento del materiale raccolto, ossia l'equivalente di circa tre tonnellate, è plastica, di cui il 48 per cento è costituito da prodotti monouso (bottiglie, piatti, bicchieri, flaconi e imballaggi alimentari), mentre il 34 per cento è materiale proveniente dall'attività della pesca (lenze, cime, reti). Il restante 18 per cento sono frammenti non identificabili di oggetti che si sono sgretolati nel tempo. Il progetto è stato esteso fino al 13 agosto, data in cui scatterà il fermo per la pesca. Ciò vuol dire che fino a quella data i pescatori sanbenedettesi potranno riportare a terra i rifiuti che ritroveranno in mare.

"Una bellissima esperienza – racconta Carlo – perchè dai il tuo contributo concreto all'ambiente e ti fa sentire importante. Quando vedo dei cetacei nuotare al largo è un buon segno: vuol dire che le acque sono pulite. Questa per me è una vera soddisfazione."

Carlo Di Domenico, il pescatore che ripulisce il mar Adriatico dai rifiuti

"A pesca di plastica" è una sorta di laboratorio. Se ricordi, lo scorso aprile il Consiglio dei ministri aveva approvato il disegno di legge "Salvamare", che però dev'essere ancora esaminato dal Parlamento. "Il nostro obiettivo è proprio raccogliere dati e fornire indicazioni e suggerimenti ai decisori politici: l'esperienza pratica di San Benedetto del Tronto vuole contribuire alla formulazione di una legge il più chiara possibile, così da fornire gli strumenti ai pescatori di tutta Italia per seguire questo modello", spiega Eleonora De Sabata, responsabile del progetto. Tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare, è proprio il caso di dirlo.

Anche se ti può sembrare un'aberrazione, i pescatori a livello teorico rischiano di essere accusati di traffico illecito di rifiuti e sono costretti a ributtare in mare i rifiuti raccolti. Un vuoto legislativo che impedisce di fare del bene all'ambiente. Quelli di San Benedetto, incluso Carlo, chiaramente non rischiano nulla, trattandosi di un progetto sperimentale che gode dell'appoggio del Parlamento, delle autorità portuali e del Comune.

"È chiaro che liberare il mare dai rifiuti è cosa buona giusta e giusta, nessuno lo può mettere in dubbio. Ma per favore si eviti la definizione ‘spazzini del mare'. Noi pescatori prendiamo il mare per pescare pesce, non immondizia. Ci guadagniamo da vivere così. Tirare su i rifiuti è di fondamentale importanza per l'ambiente e per noi un mare pulito significa anche un pescato di qualità superiore. Chi non vorrebbe mangiare pesce di qualità ed evitare magari di fare una mangiata di microplastiche?"

Come dargli torto. Il 27 giugno scorso Carlo, insieme ad altri pescatori, è stato ricevuto da papa Francesco. Il pontefice è molto sensibile alla questione ecologica. Quando ha saputo del progetto di San Benedetto del Tronto ha ringraziato Carlo e i suoi colleghi per il loro operato. Il regalo che hanno portato in Vaticano? Una cassetta di pesce fresco dell'Adriatico, naturalmente.

(foto di Clean Sea Life)