
Se l’anno 2030 è un reminder per quelli che dovrebbero essere i 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile in ambito ambientale, economico, sociale e istituzionale, il 2045 è un anno che sembra concedere meno sconti, almeno secondo quanto osservato dalla società di consulenza strategica e di rischio globale inglese Verisk Maplecroft che, dati alla mano, allerta sulla possibilità che entro quell’anno tre quarti della produzione agricola mondiale possano essere minacciati dalle elevate temperature e dalla crescente umidità.
L’attenta analisi è stata condotta misurando cinquantuno diversi rischi per 198 Paesi in ottanta settori, l'agricoltura è risultata essere il settore più a rischio a causa dei cambiamenti climatici. D’altronde, le temperature sempre più elevate e l’aumento dell’umidità in diverse aree del mondo, non solo ostacola le colture, ma anche la forza lavoro agricola, perché mette a rischio la salute stessa di chi lavora all’aperto.
Ad essere messe a rischio saranno proprio le principali economie ossia quelle del Brasile e dell'India, ma anche della Cina che è il più grande produttore agricolo al mondo e degli Stati Uniti, il principale esportatore agricolo mondiale; due Paesi in cui, considerata l’estensione del territorio, lo stress termico impatterà diversamente da stato a stato, ma le cui ripercussioni si faranno sentire ovunque.
Ad essere minacciati dal clima saranno anche molti Paesi del continente africano, come il Ghana, secondo produttore mondiale di cacao, il Togo e la Repubblica Centrafricana. A rischio anche il Sudan, produttore mondiale di sesamo, la Burkina Faso, uno dei principali produttori di karitè, il Pakistan e il Vietnam dove, per evitare le temperature elevate durante il giorno, molti braccianti hanno già iniziato a lavorare di notte.
Entro una generazione anche il Brasile, che oltre a essere una fonte primaria di alimenti di base come le arance, i semi di soia e la canna da zucchero, è il terzo produttore agricolo mondiale, si posizionerà tra i Paesi a rischio estremo.
E l'Italia? L’Italia passerà dal 143esimo posto attuale di rischio medio all’82esimo posto di rischio alto. L'Italia è per esempio uno tra i principali paesi produttori di pomodori da industria, varietà che può essere coltivata solo all'aperto a differenza di altre varietà di pomodori che vengono coltivate in serra. Secondo uno studio pubblicato su Nature Food entro il 2050 si verificherà, rispetto al periodo di riferimento 1980-2009, una diminuzione del 6 per cento della produzione di pomodori da industria. A danneggiarne la crescita, che avviene a una temperatura ottimale tra i 22°C e i 28°C, saranno proprio i probabili aumenti della temperatura dell'aria e le sempre più scarse risorse idriche.