Le ultime parole del presidente emiratino della COP28 hanno acceso una polemica dura sul phase out dei combustibili fossili. "Non esiste alcuna scienza che dimostri la necessaria eliminazione graduale dei combustibili fossili per limitare il riscaldamento globale a 1,5", ha affermato Sultan Al Jaber in un video che negli ultimi giorni è diventato la pietra dello scandalo. E poi ha aggiunto: "a meno che non vogliamo tornare al tempo delle caverne", una frase molto simile a quella che proviene dai politici nostrani che non vogliono incrementare le fonti rinnovabili. Il discorso di Al Jaber è stato fortemente criticato dal presidente delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, e da numerosi scienziati, nonché da Mary Robinson, ex inviata speciale delle Nazioni Unite per il cambiamento climatico.
Robinson infatti ha incalzato il presidente della Cop28, che è anche CEO di ADNOC, la compagnia petrolifera emiratina. "Ho letto che la vostra azienda sta investendo in futuro in molti più combustibili fossili"– ha detto Robinson ad Al Jaber, sostenendo che il presidente della Conferenza sui cambiamenti climatici non fosse adatto al ruolo che ricopre. In tutta risposta, Al Jaber ha affermato che Robinson è condizionata da informazioni non veritiere, che comunque non tengono conto delle difficoltà legate allo slegarsi dai combustibili fossili. Da quando Al Jaber ha ricevuto la nomina alla presidenza della COP28, IRENA (l'Agenzia internazionale per le energie rinnovabili) ha annunciato una partnership per la promozione e il sostegno alle fonti pulite in tutto il mondo. Ora la stessa agenzia ha proposto, nel suo World Energy Transitions Outlook: "un’aggiunta annuale di energia rinnovabile di 1.000 GW entro il 2030 per rispettare l’obiettivo climatico di 1,5 °C". Da una parte quindi le compagnie petrolifere continuano a investire in progetti sui combustibili fossili, dall'altra si propone di sviluppare il più possibile le fonti rinnovabili.
In un'intervista al nostro giornale del 30 novembre 2022, Francesco La Camera (presidente IRENA), affermava che: "Se investiamo nelle rinnovabili automaticamente non conviene farlo per i combustibili fossili, i quali non saranno più economicamente convenienti e competitivi". E ancora: "perché si abbia meno petrolio e meno gas nei sistemi energetici, occorre che si ripensi e si costruisca totalmente un sistema energetico diverso. E questo deve avvenire il più rapidamente possibile, perché inevitabilmente a questo punto la domanda per i combustibili fossili andrebbe a diminuire. Ormai in tutto il mondo la produzione di elettricità è molto meno cara con le rinnovabili che con le altre fonti".
Ma l'avvertimento più importante del presidente di IRENA non sta proprio in queste parole, quanto quando parla di phase out. La Camera sull'abbandono dei combustibili fossili è stato. molto chiaro: "Io penso che ci sia un pregiudizio sulla chiusura del sistema attuale, quindi mi riferisco al dibattito sul "phase out". C'è una grande richiesta di chiudere tutto quello che esiste. Ma attenzione, ci concentriamo poco su come dovrebbe funzionare il nuovo sistema energetico. Chiaramente, se ai Paesi che hanno petrolio e gas chiediamo queste risorse, allora è normale che facciano di tutto per farcelo avere". Per far si che Paesi come gli Emirati Arabi Uniti smettano di investire su questo tipo di fonte sono necessarie due cose: che gli altri Paesi non facciano più richiesta di gas e petrolio e che allo stesso tempo costruiscano dei sistemi energetici (reti elettriche nazionali) in grado di supportare al meglio le fonti rinnovabili.
Quanto alla mancanza di evidenze scientifiche sulla possibilità di abbandonare i combustibili fossili nel breve termine, Al Jaber non menziona gli ultimi studi e rapporti IPCC. In questi testi la comunità scientifica internazionale avverte i governi e le istituzioni sull'urgenza di abbandonare l'idea di uno sviluppo basato su gas e petrolio. Inoltre, il gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici ha pubblicato un studio in cui si evidenzia la necessità di promuovere il decoupling, ovvero la "rottura del collegamento tra crescita economica e danni o pressioni ambientali". Secondo l'IPCC questo scenario non è soltanto possibile, ma fondamentale.
Fonte| IRENA