Addio ai monti, i ghiacciai alpini sono ormai al collasso: persi miliardi di metri cubi d’acqua

Ondate di calore, innalzamento della temperatura media e zero termico oltre i 5.000 m, stanno mettendo a dura prova i ghiacciai alpini che stanno fondendo.
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Andrea Di Piazza Geologo specializzato in Green Management
18 Ottobre 2023 * ultima modifica il 18/10/2023

Il 2023 è stato uno degli anni più caldi da quando esistono gli strumenti di misura. Le ondate di calore che si sono susseguite sul Mediterraneo hanno portato lo zero termico oltre la quota record di 5.000 metri: il 21 agosto scorso, per esempio, la temperatura dell’aria era positiva fino alla quota di circa 5.400 metri. Questo significa che il cosiddetto “limite delle nevi perenni”, ovvero quel livello immaginario oltre il quale la neve non si scioglie mai, è migrato ben oltre la quota massima raggiunta dai ghiacciai sulle Alpi, esponendo tutti i corpi glaciali delle nostre montagne a fusione. A conferma di ciò il Comitato Glaciologico Italiano (CGI), che sin dal 1895 ha come compito monitoraggio e studio degli ambienti glaciali, e Greenpeace hanno redatto il rapporto “Giganti in ritirata: gli effetti della crisi climatica sui ghiacciai italiani” che descrive il cambiamento subìto dai due corpi glaciali dei Forni (Lombardia) e del Miage (Valle d’Aosta) in risposta agli effetti del riscaldamento globale. Lo studio è frutto di spedizioni in quota effettuate nel mese di agosto 2023. I risultati sono impietosi.

La situazione sul ghiacciaio dei Forni

Situato nell’incantevole scenario del gruppo montuoso Ortles-Cevedale, il ghiacciaio dei Forni (o del Forno) è – o meglio dire, era – uno dei maggiori ghiacciai italiani. Esteso per circa 19 kmq nella seconda metà dell’Ottocento, negli ultimi anni il fronte glaciale è arretrato vistosamente subendo una frammentazione in diverse lingue che oggi ricoprono una superficie complessiva pari a circa 10 kmq: la contrazione del ghiacciaio è pari al 45% della superficie ricoperta circa 150 anni fa e sempre relativamente allo stesso periodo il fronte è indietreggiato di 2 km. Le misure effettuate in estate hanno mostrato come il ghiacciaio fonda ad una velocità media di 6,5 cm al giorno, ma localmente la presenza di detriti riduce l’effetto albedo facendo aumentare la velocità di fusione di alcune parti fino ad un valore pari a poco meno di 8 cm al giorno. Nei giorni in cui lo zero termico è salito oltre i 5.000 metri, poi, i tassi di fusione della lingua hanno raggiunto i 9 cm al giorno.

Lo spaventoso confronto tra il ghiacciaio dei Forni nel 1890 e nel 2023 (Fonte: CGI/Greenpeace)

Il ghiacciaio del Miage

Situato sul Monte Bianco, il ghiacciaio del Miage è uno dei cosiddetti “ghiacciai himalayani” delle Alpi, che viene alimentato dai circhi alle altissime quote del tetto d’Europa e si insinua in una profonda valle coprendosi quasi letteralmente di detriti fino a raggiungere i circa 1700 metri del fondo valle. A fronte dell’entità dei ritiri frontali che viene misurata negli ultimi anni per la quasi totalità dei ghiacciai dell’Arco Alpino, il ghiacciaio del Miage presenta una situazione più stazionaria senza grandi variazioni dalla massima espansione del XIX secolo. Considerando però il corpo glaciale, le stime vedono una perdita di massa sempre maggiore, soprattutto negli ultimi 15 anni, caratterizzata dalla fusione di almeno 110 milioni di metri cubi di ghiaccio, pari ad un abbassamento medio della superficie glaciale di circa 23 m. In termini di litri d’acqua, si tratta di una perdita pari a circa 100 miliardi di litri d’acqua (l’equivalente di 5 milioni di piscine olimpioniche).

Mappa delle variazioni in quota tra la superficie del Ghiacciaio del Miage tra il 2008 e il
2022. A colori rossi corrisponde un abbassamento, con toni di verde/blu innalzamenti (Fonte: CIG/Greenpeace).

“L’annerimento” dei ghiacciai italiani

I ghiacciai alpini non sono più bianchi e candidi come un tempo ma appaiono sempre più spesso con le superfici striate di marrone e grigiastro, ciò è dovuto alla deposizione sullo strato di ghiaccio di polveri, detriti e impurità che ne limitano il candore. Non è però una questione “estetica” o paesaggistica, l’annerimento dei ghiacciai è un problema serio per l’impatto che si ha sulla riflessione della radiazione solare incidente. Il colore chiaro dei ghiacciai, così come la neve o le nuvole, contribuisce alla riflessione di parte della radiazione solare incidente. Le misure effettuate, per esempio, sul ghiacciaio dei Forni hanno permesso di stimare una riflessione della radiazione pari a meno del 15%: questo significa che l’85% di essa viene assorbita dal corpo glaciale con il conseguente aumento della temperatura del ghiaccio e fusione.

Il fenomeno dell’annerimento (o “darkening”) ha sia cause naturali, per esempio i frammenti di detrito che cadono dalle pareti delle montagne adiacenti o le polveri e sabbie portate dai venti del sud, ma anche e soprattutto antropiche: si depositano sul ghiaccio il particolato derivante dalla combustione dei motori diesel senza FAP (il cosiddetto “black carbon”), dagli incendi boschivi e dalle attività industriali di pianura.

I ghiacciai in questo modo diventano non solo sempre più grigi ma anche più fragili. Infatti, via via che si scuriscono assorbono sempre più radiazione solare e fondono sempre più velocemente. Stiamo perdendo la nostra preziosa risorsa d’acqua.

Dopo una laurea in Geologia ed un dottorato di ricerca presso l'Università degli Studi Roma Tre, ha lavorato come ricercatore presso altro…