Agricoltura intensiva: un sistema dannoso che si nasconde dietro la produttività

L’agricoltura intensiva è una tecnica che si utilizza da secoli. Il suolo è sottoposto a forti pressioni dovute all’uso dei pesticidi e dei macchinari. Ciò comporta un elevato rischio per l’ambiente a livello di inquinamento climatico, delle acque, ma anche della perdita di biodiversità.
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Francesco Castagna 13 Aprile 2022

Se ti fai un giro in macchina fuori dalle città, probabilmente potresti far caso a interi terreni destinati allo scopo agricolo. Sono aree dove spesso può capitare di vedere tante persone vestite con le tute che passano i pesticidi, o le trebbiatrici o addirittura a volte dei piccoli aeroplani che spargono prodotti industriali sulle coltivazioni.

Il significato

Molti dei prodotti che mangi vengono realizzati con la tecnica dell'agricoltura intensiva: in questi terreni vengono coltivate poche colture, o anche una sola, per massimizzare la resa e ridurre al minimo lo sforzo. Queste pratiche, se non lo sapevi, rientrano in un modo di fare agricoltura che viene definito intensivo.

L’agricoltura intensiva è utilizzata da almeno tre secoli in alcuni Paesi del mondo, le basi di questa tecnica si possono ricercare nella Rivoluzione Agraria del 1700 in Inghilterra. Per coltivare in questo modo il contributo umano è quasi totale. Vengono introdotti sistemi di irrigazione artificiale, sostanze industriali per i prodotti come i pesticidi e ormoni della crescita. Tutto ciò avviene in uno spazio di suolo ridotto.

Al lato opposto c’è l’agricoltura estensiva, un approccio totalmente diverso. Immagina larghi spazi di terreno dove si cerca di trarre il massimo per ogni persona impiegata, che si occupa del lavoro che nell'agricoltura intensiva è svolto dalle macchine, come l'irrigazione e il controllo delle colture. In questo caso la resa è minore, ma le aziende ci rientrano comunque economicamente, perché mettono a disposizione per queste coltivazioni dei terreni molto vasti.

Danni e conseguenze

L’agricoltura intensiva è prima di tutto una minaccia per l’ambiente, per il clima e per la biodiversità. Per realizzare questo tipo di coltivazioni c’è bisogno di trovare nuovi spazi, spesso vengono abbattute aree boschive. Un report del 2019 delle Nazioni Unite mostra come "24 miliardi di tonnellate di terra siano state perse dalle foreste ogni anno” a causa della deforestazione e quindi della conseguente desertificazione.

Secondo il report ISPRA del 2021 “Transizione Ecologica Aperta” invece, l’agricoltura intensiva è la prima causa dell’impatto ambientale generato dall'uomo. I pesticidi che vengono utilizzati per una sempre maggiore richiesta di alimenti avvelenano l’ambiente. Al contrario di quello che potresti pensare, produrre cibo porta a emissioni di gas serra che non dovremmo sottovalutare. Solo nel 2019 le aziende agricole hanno contribuito al 7% delle emissioni totali che surriscaldano l’ambiente. Poi c’è il problema dei pesticidi: vero, il vantaggio è che questi prodotti ti permettono di avere del cibo libero dai parassiti, ma spesso vengono utilizzati troppo. In Italia, ad esempio “si usano ogni anno 114mila tonnellate di pesticidi, che rappresentano circa 400 sostanze diverse”.

Questi prodotti industriali vanno a finire nelle acque dei fiumi e poi in mare. Alcuni dati possono farti capire i danni irreparabili a cui stiamo andando incontro. Secondo uno studio pubblicato su Nature Communications un terzo delle aree analizzate in 168 paesi è considerato ad alto rischio e il 64% dei terreni agricoli è a rischio inquinamento da pesticidi. Il loro uso porta a un altro problema, secondo un’altra relazione realizzata dalla Corte dei Conti europeaDal 1990 in Italia le popolazioni di uccelli nei terreni agricoli e delle farfalle nelle superfici erbose si sono ridotte di più del 30%”. Ora ti è più chiaro il motivo per cui questo tipo di agricoltura non è sostenibile?

Dove viene praticata 

Ma dove viene praticata maggiormente l’agricoltura intensiva? Se abiti al Nord Italia nelle regioni della Pianura Padana, sappi che quest’area è la più utilizzata per le coltivazioni intensive. In Italia la possibilità di realizzare questa tecnica è frenata anche dalla conformazione del territorio: sulle colline e sulle montagne è molto difficile realizzarla. Un esempio al Sud Italia è invece la Puglia, dove si coltivano il grano duro e l’olio d’oliva.  Nel mondo invece, i Paesi che coltivano di più in questo modo sono quelli più industrializzati: il Canada, gli Stati Uniti, l’Australia e l’Europa occidentale. Sono potenze che possono permettersi l’investimento di capitali importanti, necessari per realizzare le coltivazioni intensive che hanno bisogno di macchinari, combustibili, personale e prodotti chimici.

La Politica Agraria Comune 

Per rispondere alle conseguenze che, come hai potuto vedere, sono provocate dall'agricoltura intensiva, gli Stati dell'Unione Europea nel 1962 hanno varato la prima politica agraria comune. Se non lo sapevi, i Paesi si sono organizzati per rispondere ad alcune esigenze su come sostenere gli agricoltori europei e migliorare la produzione agricola, nel rispetto del clima e delle aree rurali. La Pac, o politica agraria comune, è lo strumento più importante che abbiamo per controllare come i Paesi europei producono a livello agricolo e per incrementare la produzione, inoltre contribuisce al 39% del bilancio UE. Negli anni la Pac è stata riformata diverse volte per adattarla a ulteriori sensibilità, come l'attenzione al clima. Nonostante ciò, i Paesi UE non sono riusciti a realizzare uno strumento utile per un’agricoltura sostenibile. Questo perché meno di un terzo dei fondi sono destinati all'agricoltura sostenibile per contrastare il cambiamento climatico e il degrado ambientale: viene ancora permesso ad esempio un largo uso di pesticidi e si considera più importante la produzione rispetto alla tutela dell'ambiente. Ti dispiacerà sapere che stai pagando tre volte come cittadino europeo: per i sussidi della Pac, per riparare ai danni dell'agricoltura intensiva e per il cibo che mangi.

Il piano per la nuova Pac prevede un finanziamento di 387 miliardi di euro all’agricoltura e all’allevamento. Nel caso dell'Italia, il Ministro delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli ha presentato un piano d'investimento all'Unione Europea per 33,5 miliardi di euro, pari a 7 miliardi di euro all'anno. A tal proposito, sulla situazione italiana la Commissione Europea ha espresso delle perplessità, segnalando preoccupazioni sul fatto che "la politica agraria comune italiana non contribuisca in modo sufficiente ed efficace a questo obiettivo generale, in particolare per quanto riguarda l'acqua, l'aria, i nutrienti e la biodiversità nei terreni agricoli e nelle foreste, nonché la riduzione delle emissioni". L’accordo è stato criticato anche da molte associazioni green e ambientaliste. Secondo Fridays for future,non rispettare l’accordo di Parigi, non difendere la biodiversità e i piccoli produttori significa mettere gli interessi dell’agribusiness davanti a quelli della collettività”. Il problema infatti è che i finanziamenti vengono assegnati per ettaro, considerando di minore importanza la sostenibilità e la tutela dell’ambiente.