Agritessuti: la soluzione che produce tessuti bio colorati da scarti di ortaggi e frutta

L’industria tessile è la seconda più inquinante al mondo, tant’è che è la stessa ONU a sollecitare la realizzazione di sistemi di produzione a minore impatto ambientale. La soluzione può essere lo sviluppo di una filiera del tessile ecosostenibile, capi di abbigliamento realizzati con tessuti bio e colorati con tinture naturali.
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Gaia Cortese 25 Ottobre 2019

La sostenibilità arriva in passerella. Tra tessuti di lino, canapa e seta e capi di abbigliamento tinti con scarti agricoli come foglie di carciofi, scorze di melograno, bucce di cipolla e ricci di castagno, a Roma è arrivata a sfilare la moda eco-frendly, un connubio tra abbigliamento, ambiente e agricoltura che oggi nel settore fashion vale già 30 milioni di euro.

A credere e sostenere questo nuovo filone di moda green è l'associazione femminile Cia-Agricoltori Italiani Donne in Campo, che ha appena lanciato il marchio Agritessuti, un progetto che ha lo scopo di promuovere la produzione di tessuti bio come canapa, lino e seta e di tinture ricavate da ortaggi e scarti agricoli. Il nuovo brand è stato presentato nell’ambito delliniziativa “Paesaggi da indossare – Le Donne in Campo coltivano la moda”, un evento che è riuscito a riunire nella sede nazionale di Cia a Roma, imprenditrici agricole, docenti e ricercatrici per fare il punto sulla filiera del tessile ecosostenibile e sulle potenzialità delle fibre tessili naturali.

Secondo alcune stime dell’associazione Cia, oggi la produzione di lino, canapa, gelso da seta coinvolge circa 2.000 aziende agricole in Italia, per un fatturato di quasi 30 milioni di euro con tutte le attività connesse. Questa cifra potrebbe addirittura triplicare già nel prossimo triennio, se la filiera degli agritessuti venisse opportunamente incoraggiata. Come? Coinvolgendo per esempio le imprese che già producono piante officinali, o quelle tintorie che già utilizzano lavanda e camomilla per trattare i tessuti.

“È una filiera tutta da costruire, ma di cui abbiamo il know-how, considerata la vicinanza tra le donne e la tradizione tessile, nella storia e ancora oggi – ha sottolineato Pina Terenzi, presidente nazionale di Donne in Campo-Cia -. Per questo, ribadiamo la necessità di dare vita a tavoli di filiera dedicati, al Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, a sostegno della produzione di fibre naturali, a cui andrà affiancata la creazione di impianti di trasformazione, diffusi sul territorio e in particolare nelle aree interne, per mettere a disposizione dell’industria e dell’artigianato un prodotto di qualità, certificato, tracciato e sostenibile”.

Con l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, è proprio l'ONU a sollecitare la realizzazione di sistemi di produzione a minore impatto ambientale che possano avere un impatto positivo nella riduzione dell’inquinamento, nel riciclo delle risorse e nella mitigazione dei cambiamenti climatici. Non si può infatti tralasciare il fatto che oggi l’industria tessile sia la seconda più inquinante al mondo, responsabile del 20% dello spreco globale di acqua e del 10% delle emissioni di anidride carbonica.

"La sostenibilità deve permeare tutto il business del tessile chiamato come gli altri settori a riformare se stesso: metodi di produzione salva ambiente, con l’uso di tinture che sprecano meno acqua o l’utilizzo di rifiuti come materia prima – ha aggiunto Pina Terenzi -. L’agricoltura dimostra di essere in prima linea in questo processo di cambiamento, con le donne promotrici".