
Quando pensi all’agricoltura, ti immagini probabilmente una distesa di campi che si susseguono, ognuno di questi dedicato a una coltivazione diversa. Questo metodo, portato avanti fin dal dopoguerra, ha provocato uno sfruttamento eccessivo del suolo e a un impoverimento della terra. Non è un caso se ti sembra che le verdure comprate al supermercato siano meno saporite di quelle acquistate direttamente dal contadino. La produzione intensiva nel settore primario è responsabile inoltre del 10% delle emissioni di C02 nell’aria. Per queste ragioni, l’agricoltura biologica ha iniziato a guardare al modo in cui organizzavano le coltivazioni i nostri bisnonni. E’ riemersa così la pratica dell’agroforestazione, che permette di ottimizzare la produzione, riducendo il consumo del terreno.
Quando senti parlare di agroforestazione, o agroforestry o anche mix farming, pensa a una convivenza. Un’azienda agricola che pratica questo sistema avrà colture diverse all’interno dello stesso campo, oppure lascerà gli animali liberi di scorrazzare fra i filari o, ancora, sfrutterà il bosco per far crescere determinate piante.
Come avrai intuito, si tratta di sfruttare le risorse naturali per un’agricoltura più ecosostenibile. Ma non si può dire che sia una vera e propria novità. Se i tuoi nonni o i tuoi bisnonni vivevano in campagna, probabilmente avranno usato questo metodo senza bisogno di dargli un nome. I vantaggi infatti sono significativi: possibilità di ottenere una maggior diversificazione della produzione, eliminazione o riduzione dell’utilizzo di concimi e prodotti chimici in favore di quelli naturali, protezione del suolo da erosione e inquinamento e aumento della fertilità, favorisce lo stoccaggio di carbonio all’interno del terreno.
Nel dopoguerra si è dato il via allo sfruttamento intensivo del suolo e sono state privilegiate le monoculture. L’agroforestazione è stata accantonata, perché non era ritenuto un sistema adatto a sostenere ritmi di produzione elevati. In realtà, secondo il sito dell’Aiaf (Associazione italiana agroforestazione), la produttività complessiva di un terreno a colture miste è superiore, rispetto alla somma di quella dei campi dove cresce un solo prodotto. Nei Paesi in via di sviluppo, invece, rimane la forma di sfruttamento del suolo per eccellenza, soprattutto in quegli stati che si trovano sulla fascia tropicale ed equatoriale.
Agroforestazione significa, nella pratica, utilizzare siepi attorno ai campi per proteggerli dal vento, oppure coltivare funghi e frutti di bosco nella foresta, dove il terreno è già pronto per accoglierli. Ma può vuol dire anche unire agricoltura e allevamento. L’Ansa ha raccontato dell’azienda vitivinicola Di Filippo a Montefalco, in provincia di Perugia, che lascia abitualmente 400 oche libere di pascolare fra i vigneti.
I volatili si nutrono dell’erba infestante, limitando così il ricorso a diserbanti chimici. In più, oltre a concimare il terreno in modo naturale e molto nutriente, portano anche a risparmiare 100 litri di carburante per ettaro, perché i trattori e le falciatrici non sono più necessari. Ma c’è di più. Per restare in tema di colture diverse in uno stesso campo, fra i filari possono essere piantati grano e orzo, che integrano l’alimentazione delle oche ed evitano che vengano intaccati gli acini a portata di becco. E l’ultimo a beneficiarne potresti essere tu, se ti piace la carne di questi animali. Essendo allevati in modo totalmente bio, ne risulterà un prodotto ricco di principi nutritivi e dal sapore migliore.
Se le oche stanno bene nei vigneti, le galline pare siano ottime per gli ulivi. Razzolando eliminano i vermi e gli insetti e massaggiando il terreno, ossigenandolo. Sembra in particolare che aiuti a contrastare la mosca olearia, uno dei parassiti più temuti dagli agricoltori, poiché si ciba delle olive e vi depone le uova. L’Aiab (Associazione italiana agricoltura biologica) suggerisce anche l’uso delle galline nei frutteti e nelle colture di lamponi. Sembra che questi pennuti amino particolarmente le piante alte, che trasmettano un’idea di riparo.
La tecnica dell’agroforesty consente innanzitutto di fare economia di terreno, mentre si stimola la biodiversità. Più colture in uno stesso campo significa ottimizzazione degli spazi e maggiore rendita. Inoltre la terra su cui crescono le piante non viene sfruttata in modo intensivo e ha mantenuto intatte le proprietà nutritive. Il risparmio poi è evidente quando si tratta di eliminare diserbanti e concimi chimici e, soprattutto, l’utilizzo di trattori e altre macchine per l’agricoltura.
Per l’Unione europea, l’agroforestazione riveste un ruolo importante, tanto che già il regolamento 1698 del 2005 la indicava come una misura specifica da intraprendere nell'ambito della Programmazione di sviluppo rurale 2007-2013. Diversi progetti in questa direzione sono già partiti. Ad esempio, AgForward, iniziato nel 2014 e finanziato dall’Unione europea. Lo scopo è promuovere l’adozione di sistemi agroforestali negli stati membri e identificare le innovazioni da mettere in atto per migliorare la sostenibilità e i vantaggi del mix farming. L’anno prima ha preso il via il progetto Solmacc, co-finanziato dal programma europeo LIFE, che mira a promuovere pratiche agricole che consentano la riduzione delle emissioni di C02 e rendano le aziende pronte ad affrontare i cambiamenti climatici. Fra queste, anche l’agroforestazione.