Al centro del riuso Rigiocattolo si rigenerano giochi per promuovere l’economia circolare e l’inclusione sociale

Al centro del riuso Rigiocattolo “non solo si allunga solo la vita degli oggetti, ma si crea anche relazione tra le persone”. A Campobasso, nella bottega di Daniele Leo i giocattoli vengono “rigenerati”: si promuovono l’economia circolare, il valore degli oggetti e dei rapporti umani.
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Gaia Cortese 13 Marzo 2023

"Qualche tempo fa, appena la pandemia ha allentato un po', alcuni ragazzi mi hanno chiesto di fare qualcosa pur di uscire di casa. Ho proposto loro di rigenerare giocattoli e quindi di rimettere a posto un gioco con delle paperelle che avevano perso gli occhi. Comprensibilmente uno dei ragazzi si è chiesto perché perdere tanto tempo quando quel gioco poteva valere non più di dieci euro. Un po' di tempo dopo ricevo la telefonata da una logopedista di Roma che dice di aver bisogno di questo gioco perché lo usa nelle sue attività terapeutiche per i bambini autistici più piccoli, che non sopportano i rumori, ma tollerano questo gioco. Ecco, quel gioco appartenuto a dei bambini è stato riparato ed è stato restituito ad altri bambini. Il tempo che poteva sembrare "sprecato" non lo è stato affatto".

A raccontare questo aneddoto è Daniele Leo, che gestisce il centro di riuso Rigiocattolo a Campobasso. Daniele ha sempre lavorato nel campo della formazione, occupandosi di attività sociali con i giovani, e nel 2003 ha pensato che "il gioco fosse molto di più che una cosa da bambini", e che oltre a poter essere una filiera di storie, potesse anche avere un suo peso nell'ambito dell'economia circolare.

Come è nato Rigiocattolo?

L’idea è nata semplicemente come attività di volontariato rivolta agli adolescenti, un’iniziativa di aggregazione fondata sull’idea di raccogliere giocattoli usati per ripararli e metterli a disposizione delle famiglie più povere. Tuttavia, inizialmente abbiamo fatto fatica a intercettare le famiglie e i ragazzi hanno pensato di fare dei mercatini, quindi di monetizzare e fare beneficenza con il ricavato della vendita dei giocattoli. In questo modo l’iniziativa si è diffusa e molte persone hanno iniziato a cercarci, anche nel nostro laboratorio, per sapere se avevamo dei giocattoli che cercavano.

C’è la tendenza di liberarsi “alla leggera” dei giocattoli?

Fatta eccezione per le prime locandine appese in città all'inizio dell'attività nel 2003, non abbiamo mai fatto molto per farci conoscere; ciò nonostante i giochi sono sempre arrivati al nostro laboratorio, tant'è che oggi abbiamo cento metri quadrati sommersi da macchinine, bambole, peluche, giochi in scatola e via dicendo.

L’enorme flusso di giocattoli in entrata è dovuto a diversi motivi: il giocattolo interessa una certa età e quando un bambino cresce, può non interessare più; c’è poi un’estrema abbondanza di giocattoli, ne arrivano alcuni che sono stati a malapena aperti o addirittura mai aperti. Un altro motivo per cui le persone si sbarazzano dei giocattoli è la necessità di fare spazio in casa, oppure, c’è chi se ne sbarazzerebbe, ma è dispiaciuto all’idea di buttarli via e quindi preferisce cercare un nuovo destinatario. E poi c’è in circolazione un'enorme quantità di giocattoli di scarsa qualità, valgono poco e si rompono facilmente.

Voi definite i giochi riparati con il termine “rigenerati”…

Preferiamo “rigenerati” al più diffuso “ricondizionati” perché il termine “ricondizionato” viene soprattutto usato nell’ambito dell’elettronica, mentre “rigenerato” è sicuramente più creativo; non a caso, capita spesso di dover recuperare pezzi di ricambio da altri giocattoli per ripararne uno.

Il vostro sogno è diventare un centro del riuso?

Siamo già un piccolo centro del riuso del giocattolo. L’ambizione è quella di diventare una realtà più grande, “multimateriale”, in grado però di generare inclusione sociale. Per realizzare un progetto di questo tipo c’è bisogno di finanziamenti e di una forte sinergia con gli enti pubblici; per adesso siamo contenti di essere sempre più conosciuti sui social, oltre ad avere la soddisfazione di essere stati censiti nella mappatura dei centri di riuso sul territorio nazionale, oltre che sulla piattaforma italiana e sulla piattaforma europea dell’economia circolare.

C'è una via perseguibile per diventare più grandi?

In passato abbiamo vinto due progetti, anche per il merito di avere dato l'opportunità di lavorare in modo occasionale, e di averlo fatto con persone svantaggiate per invalidità o in disoccupazione. L’idea è quella di promuovere un tipo di economia che è valorizzazione dei residui, ma la strada da percorrere è necessariamente il contributo pubblico o privato.

Organizzate anche corsi di riuso?

In questo momento siamo in procinto di promuovere dei corsi rivolti ai bambini che puntano a sviluppare la creatività attraverso l’impiego dei giocattoli rotti. Si tratta di un “riuso creativo” in cui i bambini saranno invitati a realizzare dei personaggi partendo da materiali di varia natura. C’è tuttavia anche la volontà di affiancare questa iniziativa a corsi di self repairing, per imparare a riparare oggetti con il fai da te. In estate c’è poi stata la prima edizione del “Repair café", ossia un’iniziativa rivolta ai piccoli dove si può portare qualcosa da riparare e rimanere a osservare “come si fa”. In questo modo non solo si allunga la vita degli oggetti, ma si crea anche relazione tra le persone.