Alcune piante che hai in giardino probabilmente sono velenose: ecco le 6 a cui fare attenzione

Spesso si ritengono innocue alcune specie vegetali che in realtà sono velenose per gli animali e per l’essere umano. Non solo l’oleandro: qui troverai 6 piante velenose da giardino a cui fare un po’ di attenzione (senza però rinunciarvi).
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Sara Polotti 20 Gennaio 2024

Fare giardinaggio rilassa. Guardare le piante fiorite riempie il cuore. Trascorrere una giornata nel verde domestico è impagabile.

Ma cosa penseresti se ti dicessi che alcune piante di cui ti attorni sono probabilmente velenose?

Il giardino, spesso considerato un rifugio di tranquillità e bellezza, può nascondere insidie inaspettate sotto la forma di piante velenose. Alcune di queste piante, come l'oleandro, sono comuni nelle nostre aree verdi, ma il loro aspetto innocuo può trarre in inganno.

Ecco quindi 6 piante velenose comuni che probabilmente si trovano anche nel tuo giardino (e come comportarsi per non correre rischi di alcun tipo).

L'oleandro

Partiamo dal più comune e conosciuto, l'oleandro, con le sue foglie lanceolate e i fiori colorati. Rigoglioso e bellissimo da vedere, l'aspetto affascinante di questa pianta cela un pericolo nascosto: tutte le sue parti sono estremamente velenose. Le sostanze tossiche presenti nell'oleandro possono causare gravi problemi se ingerite, causando disturbi gastrointestinali, cardiaci e persino la morte in casi estremi.

Anche se non ti verrebbe mai in mente di assaggiare l'oleandro, tieni lontani bambini e animali e lavati sempre le mani dopo averlo toccato.

La digitale rossa

Anche questa è graziosissima: la digitale rossa con i suoi alti steli di fiori tubolari è apprezzata per il suo impatto visivo nel giardino. Tuttavia, tutte le sue parti contengono sostanze tossiche che possono interferire con la funzione cardiaca se ingerite. Anche il contatto con la pelle può causare irritazioni, quindi è importante maneggiarle con cautela e lavarsi accuratamente le mani dopo il contatto.

Il rododendro

Questa pianta, nota per le sue vistose fioriture primaverili, contiene sostanze chimiche chiamate graianotossine, che possono causare avvelenamento se ingerite e che sono presenti nelle Ericacee.

Come spiegano da Humanitas, "i sintomi di un eventuale avvelenamento includono aumento della sudorazione, stato di coscienza alterato, brividi, svenimento, convulsioni, arresto cardiorespiratorio, forte stato confusionale e shock". Altri segni di un'intossicazione più lieve sono debolezza, capogiri, nausea, vomito, pressione bassa, bradicardia e vista offuscata.

L'azalea

L'azalea è assimilabile al rododendro ed è quindi tossica esattamente alla stessa maniera. Non solo per gli uomini, ma anche per gli animali domestici.

La dieffenbachia

Tutte le parti della pianta contengono cristalli di ossalato di calcio, che possono causare irritazioni se ingeriti o se entrano in contatto con la pelle. L'ingestione della pianta può provocare sintomi come irritazione della bocca e della gola, gonfiore delle labbra, lingua e gola, nausea e vomito.

È importante adottare precauzioni quando si maneggia la dieffenbachia, come lavarsi accuratamente le mani dopo il contatto e evitare di portare le mani alla bocca. Inoltre, è consigliabile collocare la pianta in luoghi dove sia difficile il suo accesso per bambini e animali domestici.

L'agrifoglio

L'agrifoglio (Ilex aquifolium), comunemente utilizzato come pianta ornamentale e decorativa durante le festività natalizie, è generalmente considerato moderatamente tossico. Le bacche dell'agrifoglio sono la parte più problematica in termini di tossicità. Contengono sostanze come saponine e teobromina, che possono provocare sintomi come nausea, vomito e diarrea se ingerite.

Anche se il rischio di avvelenamento da agrifoglio è relativamente basso, è importante prendere precauzioni, specialmente in presenza di bambini o animali domestici, che se ne ingeriscono in piccole quantità possono stare molto male o addirittura morire.

Fonti| Sardegna Foreste; Humanitas; "Grayanotoxin Poisoning: ‘Mad Honey Disease’ and Beyond", pubblicato su Cardiovascular Toxicology