Altro che stelle cadenti, l’inquinamento luminoso sta minacciando la biodiversità della Terra

L’inquinamento luminoso rappresenta una minaccia per gli esseri umani e per gli animali. Insieme al professor Fabio Falchi, Presidente di CieloBuio, abbiamo approfondito il perché questo fenomeno potrebbe sconvolgere la biodiversità di diverse zone del Pianeta.
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Francesco Castagna 10 Agosto 2023
Intervista a Prof. Fabio Falchi Fisico, ricercatore. Autore dell'Atlante mondiale "della luminosità artificiale del cielo notturno" e Presidente CieloBuio

"Per quale motivo, se prevediamo dei limiti per le emissioni di CO2, emissioni di particolato, ossidi di azoto, ozono, ecc., non facciamo lo stesso per la luce artificiale che di notte è un inquinante a tutti gli effetti?", è da questo principio che partono le ricerche degli studiosi dell'inquinamento luminoso. Per capire, però, perché questo fenomeno ci interessa, dobbiamo partire da un dato che riguarda direttamente il nostro Paese: l'Italia è lo Stato, tra quelli più industrializzati, con il maggior inquinamento luminoso.

Più i nostri centri abitati sono illuminati da luci artificiali, meno ci sarà la possibilità di osservare nitidamente il cielo stellato, specialmente durante il periodo delle stelle comete. Se stai pensando: "tutto qui? Lo so, ma è ciò che comporta il progresso", sappi che ti sbagli di grosso. Questa è soltanto la conseguenza meno dannosa del fenomeno.

Per capire in che modo l'inquinamento luminoso impatta sull'ambiente abbiamo contattato il professor Fabio Falchi, Presidente dell'associazione CieloBuio, una realtà che da anni porta avanti attività di sensibilizzazione per la tutela del cielo notturno e dell'ambiente. Falchi è anche l'autore di diversi studi, in uno in particolare ha presentato il nuovo l'atlante nuovo atlante mondiale della luminosità artificiale del cielo notturno, in cui ha osservato la Terra dalle immagini satellitari e ha mostrato in che modo è illuminata la Terra di notte.

Nel 2016 l’atlante mostrava come l’Italia fosse il Paese con più inquinamento luminoso, è ancora così o sono cambiate le cose?

Gli ultimi due studi sul fenomeno pubblicati sulla rivista Science hanno dimostrato come, negli ultimi anni, ci sia stato un aumento della luminosità nel cielo dal 5% al 10% annuo. Questo nonostante dal satellite non si rilevi un aumento sostanziale, ciò è legato al fatto che le luci sono cambiate in questi anni: da quelle a sodio siamo passati a quelle bianche a LED. Questo tipo di luce emette molto nella parte blu dello spettro, che è quella che inquina di più. Il satellite, registra la situazione nel mondo, è "cieco" alla parte blu, per questo motivo non vede questo incremento. Per capirla ci sono volute le osservazioni di migliaia di persone che hanno osservato il cielo a occhio nudo in giro per l'Europa.

Perché in Cina o in India, dove la popolazione è sensibilmente superiore rispetto all’Italia, il fenomeno non è maggiore?

Di base perché, nel caso dell'India, stiamo parlando di un Paese ancora non industrializzato. Lo stesso vale per la Cina, se non consideriamo i grandi centri urbani. Nei Paesi molto densamente popolati inoltre, la quantità di luce emessa pro capite è minore. Se pensiamo alla Val Padana in Italia e facciamo un confronto tra Milano e i paesini piccoli, la quantità di luce emessa pro capite è molto maggiore dove la densità della popolazione è minore. Per esempio, se facessimo un paragone tra l‘illuminazione stradale di Milano e quella di una strada di campagna noteremmo che è la stessa, solo che nel secondo scenario abitano molte meno persone. In città poi ci sono altri tipi di inquinamento luminoso dovuti alle luci delle case quando non ci sono le tapparelle chiuse, oppure quelle dei negozi, delle insegne pubblicitarie e dei nuovi monitor a LED da esterno.

Se andiamo a vedere i dati del 2019 su quanta luce viene rilevata da satellite, abbiamo visto che le emissioni pro capite in Italia sono triple rispetto a quelle della Germania. Questo può voler dire solo una cosa, che i tedeschi sono sicuramente più furbi di noi e quindi utilizzano la luce solo dove e quando serve.

In che senso?

Sostanzialmente parliamo di ciclabili che attraversano la campagna illuminate anche alle tre di notte, oppure dell'illuminazione delle strade a scorrimento veloce dove non ci sono ciclisti e pedoni, ma soprattutto della quantità di luce utilizzata: spesso ci serviamo di più illuminazione inutilmente. Per questo motivo, è facilmente ipotizzabile che se mettessimo a paragone un paesino delle Alpi tedesche con uno delle Alpi italiane, vedremmo come il secondo sarà sicuramente più illuminato rispetto al primo. Lo stesso paragone possiamo farlo tra Berlino e Roma, o Monaco di Baviera e Milano.

Cosa possiamo e dobbiamo fare per ridurre l’inquinamento luminoso, prima a livello nazionale, e cosa può fare ogni cittadino?

La prima cosa da fare è rispettare le leggi regionali che, grazie all'azione di pochi attivisti, sono state approvate più di vent'anni fa. Queste norme contro l'inquinamento luminoso permettono di limitare in qualche modo il fenomeno, ma non sono ancora sufficienti. Questo perché la loro applicazione avviene ancora a macchia di leopardo e i Comuni spesso non si impegnano nel far rispettare queste regole. La seconda cosa da fare è rendersi conto che la luce durante le ore notturne è un inquinante e come tale va trattato. Noi stiamo combattendo i PM10, i PM 2,5, le emissioni di ossidi azoto e l'ozono, ma dobbiamo mettere dei limiti da non superare anche per abbassare questo inquinante.

Per l'illuminazione notturna il trend è negativo, si va sempre più verso un aumento dell'inquinamento luminoso. Bisogna cominciare a mettere dei limiti totali alla quantità di luce emessa.

Oltre alla parte astronomica, c'è quella più importante relativa alla minaccia ambientale dovuta a questo fenomeno. L'illuminazione notturna modifica tutti gli equilibri tra specie. Se andiamo ad aumentare la quantità di luce in un ambiente notturno, i comportamenti delle singole specie cambiano. Ci sono animali che si nascondono quando c'è più luce perché sono delle prede, tendono a uscire solo per nutrirsi solo quando fa buio, ma se non è più così queste specie ne traggono uno svantaggio evolutivo e possono andare incontro a estinzione.

Al contrario certi animali, almeno temporaneamente, possono beneficiare di questa situazione. Alcuni tipi di predatori come i ragni fanno preferibilmente le ragnatele attorno ai punti luce, questo comporterebbe una notevole scomparsa di insetti, come sta già avvenendo in Europa.

Un'altra conseguenza è la frammentazione del territorio. Se mettiamo un ponte per attraversare un fiume, questa infrastruttura può essere attraversata anche dagli animali. Se però decidiamo di illuminarlo, allora si crea un muro di luce che per certe specie diverrebbe quasi un ostacolo insormontabile. In questo senso frammentiamo il territorio dove può vivere un certo tipo di animali.

Esiste un esempio virtuoso di una città che è riuscita a invertire la tendenza? 

Non direi. Possiamo affermare che, grazie alle leggi regionali, quasi tutti gli impianti che sono stati messi negli ultimi venti anni inquinano "il meno possibile": non puntano la luce verso l'alto e quindi hanno un impatto minore rispetto a quelli precedenti. Il problema è che, se non mettiamo un limite totale alle emissioni, è inutile rendere meno inquinante la singola sorgente, perché se continuano ad aumentare è ovvio che non risolveremo nulla. Gli esempi da seguire sono a mio parere due: l'approccio della Germania e l'esperimento di Ginevra con i suoi "corridoi di buio": spazi garantiti dal Comune per far circolare gli animali in tranquillità, senza essere disturbati da luci dirette.