Anche se la differenzi, non tutta la plastica si può riciclare: il report di Greenpeace che fa paura

La raccolta differenziata non basta più: per limitare la plastica dobbiamo abbandonare l’usa e getta e tornare ai prodotti sfusi puntando al riuso continuo. È quando emerge dal report sulla plastica di Greenpeace, che mette in luce come solo una piccola parte di quella che buttiamo sia davvero riciclabile.
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Sara Polotti 17 Novembre 2022

Sul sito di Greenpeace, il titolo di presentazione del report parla chiarissimo: "New Greenpeace Report, Plastic Recycling Is A Dead-End Street—Year After Year, Plastic Recycling Declines Even as Plastic Waste Increases". Ovvero: "Nuovo report Greenpeace, il riciclo della plastica è una strada senza sbocchi. Anno dopo anno, il riciclo della plastica diminuisce, mentre i rifiuti plastici aumentano".

Uno scenario davvero preoccupante, e lo diventa ancora di più entrando nel merito dei dati. Tuttavia, ha una semplice soluzione: tornare alle abitudini del passato.

I numeri

Secondo lo studio condotto da Greenpeace USA, le famiglie americane durante il 2021 hanno prodotto circa 51milioni di tonnellate di rifiuti plastici. Di questi, solo 2,4 milioni sono stati riciclati.

Non solo: dal report – intitolato "Circular Claims Fall Flat Again", "Le dichiarazioni sul circolare cadono di nuovo a terra" – emerge soprattutto una pericolosa tendenza, dal momento che i dati parlano di una diminuzione del riciclo della plastica negli ultimi anni. Se su tutta la plastica prodotta negli Stati Uniti nel 2014 il 9,5% veniva riciclato, già nel 2018 questa percentuale era diminuita all'8,7%. Nel 2021, addirittura, si è arrivati al 5/6%.

Perché non si ricicla abbastanza?

Le motivazioni dei numeri bassissimi attorno al riciclo della plastica riguardano la composizione stessa degli imballaggi in plastica che vengono immessi sul mercato. Non tutta la plastica, infatti, è riciclabile, e negli Stati Uniti per essere definita tale deve rispondere ai requisiti dettati dalla Ellen MacArthur Foundation’s New Plastic Economy (EMF NPE) Initiative. Secondo questi requisiti, per essere riciclabile un imballaggio deve risultare riciclabile almeno al 30%. Eppure, la plastica considerata "riciclabile" in America non raggiunge questa percentuale. E la conseguenza è lo scarto in fase di riciclaggio.

Anche in Italia e in Europa esistono regole che attribuiscono lo stato di riciclabilità di un imballaggio in plastica, e anche in questo caso è bene ricordare che non tutta la plastica è riciclabile; esiste, insomma, uno stato di effettiva riciclabilità, e non è detto che tutta la plastica che raccogliamo nella differenziata finisca poi negli impianti di riciclaggio e recupero.

La soluzione è la spesa sfusa

A commentare il report ci ha pensato Lisa Ramsden, Senior Plastic Campaigner di Greenpeace, che ha dichiarato come le grandi aziende come Coca Cola, Pepsi, Nestlé e Unilever abbiano secondo lei una responsabilità non indifferente: "Per decenni hanno lavorato per promuovere il riciclo della plastica come la soluzione ai rifiuti plastici. Ma i dati sono chiari: a livello pratico, la maggior parte della plastica non è riciclabile".

Dallo stesso report emerge un altro dato di fatto: non solo il riciclo sta diminuendo, ma la produzione di plastica continua ad aumentare. "Sempre più plastica viene prodotta. La crisi non può che peggiorare e peggiorare; senza un cambiamento drastico, continuerà a peggiorare, dal momento che l'industria sta pianificando di triplicarne la produzione entro il 2050″.

Ramsden propone quindi una soluzione, l'unica secondo l'esperta: "Cambiare le nostre abitudini preferendo il sistema del riuso e del refill". Ramsden si riferisce, quindi, alla pratica del riuso di contenitori (come per esempio quelli dei pranzi portati da casa) e a quella del riempimento di barattoli e recipienti riutilizzabili al supermercato, affondandosi dunque alla spesa "sfusa", un po' come accadeva in passato.