
L'ennesimo sversamento di petrolio, l'ennesima mazzata per gli habitat naturali. Questa volta siamo nel mar Mediterraneo orientale, al largo delle coste di Israele. Oltre le acque territoriali dello stato ebraico, qualche giorno fa, probabilmente lo scorso 11 febbraio a seguito di una tempesta, da una delle petroliere che transitavano nell'area – ancora non è stata individuata la responsabile, e il ministro dell'ambiente israeliano Gila Gamliel ha detto che sono nove le imbarcazioni sotto inchiesta al momento – sono fuoriuscite decine di tonnellate di greggio.
La macchia nera si è espansa a tal punto da essere visibile nelle immagini satellitari e ha raggiunto le spiagge di Israele. Dopo un sopralluogo del premier Benyamin Netanyahu, il governo ha avviato la procedura d'emergenza chiudendo tutta il litorale (circa 170 chilometri), dal confine con il Libano fino a Gaza: vietato fare il bagno e proibiti anche campeggi e sport.
Ma il danno per l'ambiente ormai è fatto: sulle spiagge israeliane sono state ritrovate nove tartarughe morte e alcuni uccelli ricoperti da una sostanza viscida, e i biologi stanno analizzando il cadavere di un cetaceo per capire se è stato anche lui vittima dell'inquinamento. Centinaia di volontari si sono subito attivati per ripulire dal catrame alcune zone del litorale israeliano. Ma c'è grande preoccupazione per il fondale marino e per la biodiversità che vi abita: come ci mostrano altri incidenti analoghi, anche dopo molti anni gli ecosistemi non riescono a ripristinarsi del tutto. Per l'Inpa (Israel Nature and Parks Authority), l'agenzia governativa che gestisce e si prende cura delle riserve naturali del Paese, ci sono pochi dubbi: "È il peggior disastro ambientale nella storia di Israele".