Un peschereccio naviga alla ricerca di tonni e getta la sua rete a strascico, che inizia a raccogliere e trascinare con sé tutto ciò che trova senza alcuna distinzione. Un metodo di pesca molto invasivo per gli ecosistemi, dal momento che tutto ciò che si trova nella traiettoria dell’attrezzo in questione vi finisce dentro senza essere selezionato. Di conseguenza oltre ai tonni, obiettivo primario del peschereccio, nella rete finiranno probabilmente anche tartarughe, delfini, razze, mante e squali. Provocando un danno ambientale molto importante e mettendo in ulteriore rischio specie che andrebbero tutelate e preservate.
Si chiama bycatch o pesca accidentale e consiste nella cattura, appunto, “accidentale” di specie che in quel momento non sarebbero bersaglio di questa attività. Se non ne hai mai sentito parlare prima, sappi che si tratta di un fenomeno molto esteso e pericoloso, soprattutto perché poco controllabile, che interessa gran parte del pescato mondiale. Secondo i dati del WWF, infatti, circa il 40% del pescato mondiale è catturato in modo non intenzionale e deve essere rilasciato, spesso già morto o comunque in fin di vita.
Le principali tecniche di pesca industriale attraverso cui avvengono le catture accidentali sono la pesca a strascico e quella a tramaglio, che da sola uccide ogni anno 1200 delfini nei mari del Pakistan. La pesca a strascico, lo dice anche il nome, consiste nel trascinare un’enorme rete sui fondali marini, raccogliendo indiscriminatamente tutto ciò che si trova al suo passaggio. Quella a tramaglio invece consiste nel posizionamento di una rete molto lunga posizionata verticalmente appena sotto la superficie del mare che vi rimane in attesa che siano i pesci a impigliarvisi spontaneamente. Cosa che può facilmente accadere con qualsiasi specie marina, compresi delfini, cetacei e tartarughe.
Gli animali che maggiormente sono sottoposti a rischio bycatch sono mammiferi come delfini e piccole balene (circa 300 mila esemplari), uccelli marini come gli albatros (300 mila esemplari) e le tartarughe marine già in serio rischio estinzione (250 mila esemplari), di cui il 18% muore direttamente senza possibilità di salvezza. Un bel danno ambientale, soprattutto se consideriamo che stiamo parlando di specie già in serio pericolo di sopravvivenza in un mare, il Mediterraneo, i cui stock sono già sovrasfruttati all’80%.