Cambogia, arrestati tre giovani ambientalisti. L’accusa? “Cospirazione e lesa maestà”

Rischiano fino a dieci anni di carcere Sun Ratha, 26 anni, Ly Chandaravuth, 22, e Yim Leanghy, 32, i tre attivisti del gruppo “Mother Nature” fermati il 16 giugno dopo aver denunciato lo sversamento di rifiuti nel fiume Tonle Sap, a Phnom Penh. Per Human Rights Watch le autorità cambogiane stanno portando avanti una campagna di repressione per mettere a tacere chi protegge l’ambiente.
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Federico Turrisi 23 Giugno 2021

Si può essere puniti dalla legge per aver difeso l'ambiente? A quanto pare, in Cambogia sì. Sta destando scalpore in tutto il mondo la notizia dei tre giovani attivisti – i loro nomi sono Ly Chandaravuth, Sun Ratha e Yim Leanghy, rispettivamente 22, 26 e 32 anni – del gruppo ambientalista "Mother Nature", arrestati lo scorso 16 giugno dalle autorità dopo aver denunciato l'ennesimo episodio di devastazione ambientale nel loro Paese: uno sversamento di rifiuti nel Tonle Sap, il fiume che attraversa la capitale della Cambogia Phnom Penh. Su di loro al momento pesano delle accuse pesanti, per cui rischiano da 5 a 10 anni di carcere e multe fino a 10 milioni di riel (2.500 dollari: cospirazione e insulti al Re.

Attraverso delle note ufficiali, le ambasciate di Svezia e Usa hanno espresso preoccupazione per gli arresti e diverse ong che si occupano di diritti umani hanno definito questo episodio una mossa del governo per mettere a tacere coloro che lottano pacificamente per la tutela dell'ambiente. Secondo Phil Robertson, vicedirettore di Human Rights Watch per l'area asiatica, il governo cambogiano ha messo in piedi un'autentica campagna per imbavagliare gli attivisti attraverso delle accuse assurde. Il portavoce del governo, Phay Siphan, ha però rispedito al mittente le critiche, sostenendo che il governo sta semplicemente applicando la legge.

Il mese scorso, altri tre attivisti legati sempre a Mother Nature sono stati condannati e incarcerati per aver organizzato una marcia contro la decisione di riempire di sabbia un lago della capitale della Cambogia. Un'escalation preoccupante insomma, e la conferma purtroppo che in alcuni Paesi per difendere l'ambiente si corrono numerosi rischi e spesso si finisce anche a perdere la vita. O, come in questo caso, la libertà.