Carcere e pene più severe per chi maltratta e uccide gli animali: “Adesso il governo agisca”

Il Partito Animalista Europeo ha lanciato una petizione che ha raccolto oltre 330mila firme per sollecitare il governo italiano a emanare una legge che modifichi quella attuale e inasprisca le pene per chi commette reati come la sevizia e l’uccisione di animali. Intervista al presidente Stefano Fuccelli.
Entra nel nuovo canale WhatsApp di Ohga
Federico Turrisi 26 Giugno 2020

Quando leggiamo di animali torturati e uccisi, la reazione automatica è l'indignazione. Ma molto spesso leggiamo anche che le persone che si macchiano di questi crimini vengono condannati a pene tutt'altro che esemplari e soprattutto riescono a evitare il carcere. Il Partito Animalista Europeo sta conducendo una battaglia civica per far sì che in Italia venga approvata una legge che preveda la certezza del carcere per chi maltratta e uccide animali in ogni ambito, dai canili-lager agli allevamenti intensivi, dai circhi alle manifestazioni storico-culturali.

Per questo motivo è stata lanciata una raccolta firme – al momento sono oltre 330 mila le persone che hanno sottoscritto la petizione – per presentare una proposta di legge di iniziativa popolare. La richiesta avanzata da Stefano Fuccelli, presidente del Partito Animalista Europeo, è al vaglio dei collaboratori stretti del Presidente del Consiglio e per il prossimo 30 giugno è prevista una manifestazione in piazza Montecitorio. "Chiediamo a margine un confronto con il premier Giuseppe Conte", aggiunge Fuccelli.

Quale obiettivo vi proponete con questa proposta di legge?

Facciamo subito una precisazione. Noi abbiamo lanciato una petizione sulla piattaforma change.org che ha raccolto oltre 330 mila firme. Non hanno un valore legale, ma hanno sicuramente un valore sociale. La Costituzione (articolo 71, ndr) prevede che per presentare una proposta di legge di iniziativa popolare occorrono 50 mila firme. Non è quello il problema. Il punto è che tra il 1979 e il 2014 delle 260 proposte di legge di iniziativa popolare il 43% è arrivato in commissione parlamentare e solo l'1,15% ha completato l'iter ed è effettivamente diventato legge dello Stato. Lo scopo allora non è tanto presentare l'ennesima proposta di legge, quanto dare una scossa al governo affinché venga calendarizzata la discussione su un disegno di legge riguardante questo tema.

Che cosa non funziona della legge attuale?

Stiamo parlando della legge 189 del 20 luglio 2004, "Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli animali, nonché di impiego degli stessi in combattimenti clandestini o competizioni non autorizzate". L'unica in materia. L'articolo 544 bis del codice penale recita così: "Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da quattro mesi a due anni". Ma allora la reclusione è già prevista ed è colpa del giudice che non manda in galera i colpevoli? Non è così. Alla legge 189/2004 dobbiamo affiancare la più recente 103/2017, la quale prevede, per quanto riguarda le procedure di accesso alle misure alternative, che il limite di pena che impone la sospensione dell'ordine di esecuzione è fissato a quattro anni. Che cosa vuol dire? Che se vengo condannato a una pena inferiore a quattro anni non finisco in carcere.

Non solo. La fedina penale può addirittura rimanere intatta. È il caso dei quattro ragazzi che hanno seviziato e ucciso un cane randagio chiamato Angelo a Sangineto (in provincia di Cosenza). Il giudice ha applicato la legge e comminato il massimo della pena, cioè 16 mesi, visto che i 4 hanno optato per il rito abbreviato che consente uno sconto della pena di un terzo. L'esito positivo della messa alla prova ha poi estinto il reato. Solo per l'autorità giudiziaria risulta che hanno commesso il fatto, ma se questi quattro individui andassero a richiedere il certificato del casellario giudiziale risulterebbero puliti. Incredibile, ma vero.

Le modifiche da apportare che cosa riguarderebbero precisamente?

Noi proponiamo una revisione della cornice edittale della pena prevista per il reato di maltrattamento e di uccisione di animali. In particolare, gli anni di reclusione andrebbero da un minimo di 8 anni a un massimo di 12 anni. Se non si infliggono pene esemplari è tutto inutile e la gente continuerà a evitare il carcere.

Come mai, nonostante periodicamente vengano proposti progetti di legge su questa materia da parlamentari di diversi partiti, non si arriva mai all'approvazione di una legge definitiva?

Se una legge, che riguarda non solo chi sevizia e uccide cani e gatti ma anche tutti coloro che maltrattano gli animali in ogni ambito, diventasse davvero severa, ci ritroveremmo in carcere tantissima gente, inclusi i gestori di allevamenti e di canili che non rispettano le regole. Non trovo altre spiegazioni.

Nel 2018 è nato un intergruppo parlamentare per i diritti degli animali, di cui la presidente è la deputata Michela Vittoria Brambilla; al suo interno ci troviamo esponenti di tutti i principali partiti italiani. Tra gli obiettivi di questo intergruppo parlamentare ci sono anche l'inasprimento delle pene per chi maltratta gli animali e il riconoscimento degli animali stessi come esseri senzienti. Eppure, alle dichiarazioni non sono seguiti ancora i fatti e tutti i disegni di legge sono rimasti nel cassetto. Chiediamo allora che venga messo da parte ogni personalismo politico: non importa chi si assume la paternità della legge, ci vuole un'iniziativa comune. È il popolo che lo chiede, e per questo dobbiamo far sentire la nostra voce in piazza.