C’è anche il carbone (purtroppo) nel Piano del governo per il taglio ai consumi di gas

Nel Piano reso noto oggi dal Ministero della Transizione ecologica si prevede di risparmiare circa 2,1 miliardi di metri cubi di gas, massimizzando la “produzione di energia elettrica da impianti che usano combustibili diversi dal gas”. Tra questi, c’è anche il carbone, la fonte fossile più inquinante in assoluto.
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Giulia Dallagiovanna 6 Settembre 2022

Il Ministero della Transizione Ecologica ha reso noto il Piano nazionale di contenimento dei consumi di gas naturale che contiene il cosiddetto "razionamento". Un razionamento, in realtà, abbastanza soft e che si basa soprattutto sulla responsabilizzazione del singolo cittadino: riduzione di un grado del riscaldamento negli edifici, periodo di accensione degli impianti accorciato di 15 giorni, nonché di un'ora ogni giorno. Da questa prima stretta dovrebbe derivare un risparmio di circa 3,2 miliardi di Smc (standard metri cubi) di gas, mentre altri 2,1 miliardi di Smc arriverebbero dalla massimizzazione della produzione di energia elettrica da combustibili diversi dal gas. Nello specifico, olio combustibile, bioliquidi e carbone. Per slegarci il più possibile dalla Russia, rispetto alla quale abbiamo già ridotto la dipendenza del 22%, faremo andare a pieno regime le centrali a carbone fino a una data che sul documento ufficiale è indicata come marzo 2023, ma che potrebbe arrivare a comprendere anche il 2024.

Lo scopo del Piano

Nelle intenzioni del governo, il Piano servirà a "ridurre i rischi connessi a una potenziale interruzione totale dei flussi dalla Russia durante il prossimo inverno nonché rispondere alle richieste europee in termini di riduzione dei consumi per il periodo 2022-2022". L'Unione europea ha infatti previsto un taglio di 45 miliardi di metri cubi totali di gas entro fine marzo e l'Italia dovrà contribuire rinunciando a 4 miliardi di metri cubi in sette mesi. Per tutti questi motivi "è opportuno attuare sin da subito misure di contenimento dei consumi nazionali di gas".

Il nostro Paese conta di andare oltre. La riduzione dovrebbe superare i 5 miliardi di metri cubi e qualche altro metro cubo potrebbe essere raccimolato dalla promozione di comportamenti virtuosi che il singolo cittadino verrà invitato a mettere in pratica.

Le centrali a carbone

Mario Draghi, presidente del Consiglio del governo dimissionario, parla di riattivare le centrali a carbone già dal 24 febbraio, cioè da quando è iniziata l'invasione dell'Ucraina da parte dell'esercito russo. Il tema è tornato al centro della discussione a fine aprile, in occasione del primo decreto per ridurre la dipendenza energetica da Putin. Ora è ufficialmente contenuto nel Piano del MiTe alla voce "massimizzazione della produzione di energia elettrica da impianti che usano combustibili diversi dal gas".

In Italia abbiamo sette centrali a carbone, che dovrebbero essere dismesse definitivamente entro il 2025, secondo quanto previsto dal Pniec (il Piano nazionale integrato per l'energia e il clima) per centrare gli obiettivi europei di riduzione delle emissioni. A inizio 2021, su di loro basavamo il 4,9% del fabbisogno energetico totale. La capacità produttiva varia da centrale a centrale, ma in totale si possono ottenere fino a 7mila Megawatt al giorno. Equivalgono a meno di un terzo dei metri cubi di gas che importavamo dalla Russia prima della guerra.

Il carbone, però, è il più inquinante tra tutti i combustibili fossili. La Cop26 di Glasgow è stata un fallimento proprio perché non si è riusciti a raggiungere un accordo per il totale stop all'utilizzo di questa fonte. Secondo quanto riporta Legambiente, le centrali italiane nel 2012, ovvero in fase di pieno regime, arrivavano a produrre il 35% di tutta l'anidride carbonica emessa in atmosfera.

Ma i pericoli esistono anche per la nostra salute. Le polveri sottili diffuse nell'aria e i metalli pesanti, come mercurio, piombo e arsenico, risultano naturalmente tossici per l'essere umano. Uno studio dell'Università della California aveva calcolato che la chiusura di 334 centrali negli Stati Uniti aveva salvato la vita a 26.600 persone. Insomma, la rinuncia al carbone non è un capriccio degli ambientalisti.

Gli altri punti del Piano

Le altre misure previste dal MiTe si concentrano soprattutto sul riscaldamento degli edifici. Le nuove soglie di temperatura interna saranno:

  • 17 °C (con più o meno 2°C di tolleranza): per tutti gli edifici adibiti ad attività industriali, artigianali e assimilabili
  • 19 °C (con più o meno 2°C di tolleranza): per tutti gli altri edifici, compresi i condomini

Sarà accorciato inoltre il periodo di accensione degli impianti: interruttore sull'on 8 giorni dopo rispetto alla normale data di avvio e spegnimento 7 giorni prima del previsto. A livello quotidiano, il riscaldamento potrà essere acceso per un'ora in meno rispetto a quanto avveniva lo scorso anno. Da queste misure rimangono però escluse le strutture sanitarie e sociosanitarie.

Le misure raccomandate ai cittadini

Accanto alle misure che saranno imposte a partire da ottobre, vi sono tutta una serie di raccomandazioni e buone pratiche da promuovere che il documento già suggerisce. Tra questi vi sono:

  • riduzione delle temperatura dell'acqua calda a uso domestico
  • riduzione della durata delle docce
  • utilizzo delle pompe di calore per il riscaldamento
  • riduzione del tempo di accensione del forno
  • abbasamento del fuoco del fornello dopo l'ebollizione
  • utilizzo della funzione a basso consumo del frigorifero quando si va in vacanza
  • riduzione tempo di utlizzo dell'illuminazione domestica
  • non lasciare in stand by dispositivi elettronici come la TV o il decoder
  • utilizzo di lavastoviglie e lavatrici solo a pieno carico
  • rimozione dalla presa della spina della lavatrice quando l'elettrodomestico non è in funzione

E per le imprese?

Al momento il settore industriale è rimasto escluso dal piano razionamenti. Il ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, ha parlato di eventuali interruzioni delle forniture qualora si arrivasse a situazioni di emergenza.

In ogni caso, il Piano precisa che: "Si tratta di una prima previsione di misure di contenimento, che potranno essere integrate con quelle di riduzione dei settori industriali, in particolare energivori. Al riguardo è stato aperto un confronto con Confindustria per definire contenuti e modalità di attuazione, nonché è in corso, con la collaborazione di Snam e Confindustria, un rilevamento mediante questionari delle diverse imprese interessate, al fine di determinare il potenziale di riduzione dei consumi su base volontaria/incentivata e le categorie di imprese che hanno cicli produttivi non interrompibili senza preavviso. Saranno al contempo organizzate le misure già previste dal Piano di emergenza gas nazionale, quale l’interrompibilità volontaria dei prelievi di gas e il peak shaving con Gnl".

Lo stoccaggio del gas e i rigassificatori

L'accelerata sul carbone è necessaria anche per destinare parte del gas che tuttora importiamo agli impianti di stoccaggio. L'Unione europea ha fissato la soglia delle scorte al 90% per essere certi di poter affrontare l'inverno senza blackout. Al 1° settembre, l'obiettivo è sembrato essere piuttosto vicino dal momento che il riempimento era pari all'83%.

Nel frattempo, si lavora a pieno regime anche sulla questione rigassificatori: "L’obiettivo del governo è quello di arrivare ad avere in esercizio al più presto, entro i primi mesi del 2023, il primo rigassificatore galleggiante e, successivamente e comunque entro il 2024, anche il secondo impianto. Ciò è fondamentale soprattutto per poter affrontare l’inverno 2023-2024, considerato che con molta probabilità gli stoccaggi saranno pienamente utilizzati nella stagione invernale 2022-2023 e dunque occorrerà ricostituire adeguatamente le riserve".

Forse se avessimo investito di più sulle fonti rinnovabili, installando nuovi impianti fotovoltaici ed eolici, oggi non dovremmo centellinare il gas e tornare a bruciare carbone.