C’è un picco radioattivo nell’aria del nord Europa ma la sua origine è ancora un mistero

Nel mese di giugno sono stati rilevati valori anomali di rutenio 103, cesio 134 e cesio 137. Le concentrazioni non sono pericolose per l’uomo ma, ad oggi, non si sa ancora quale sia l’origine. Secondo gli esperti si tratterebbe comunque di prodotti di reazioni di fissione, provenienti quindi da una centrale nucleare. La Russia, additata come potenziale fonte d’origine, ha subito smentito un proprio coinvolgimento.
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Kevin Ben Alì Zinati 1 Luglio 2020

C’è più radioattività nell’aria e non si sa perché. L’unica notizia certa è che i radionuclidi di rutenio 103, cesio 134 e cesio 137 rilevati nella zona dell’Europa nord-orientale non sono naturali ma prodotti da reazioni artificiali di fissione. Quindi da una centrale nucleare. È il mistero che aleggia sopra la Finlandia, la Svezia e la Norvegia: qui nelle scorse settimane sono stati rilevati livelli di radioattività insoliti seppur non pericolosi per la salute dell’uomo. Ad alzare la mano per primo è stato il Comprehensive Nuclear-Test-Ban Treaty Organization, ovvero l’Organizzazione che tutela il trattato di bando complessivo dei test nucleari. Vista la zona e la vicinanza (e il passato nemmeno troppo lontano), il ping-pong mediatico ha subito portato a pensare alla Russia come possibile origine. Dal Cremlino, però, è arrivata immediata la smentita: “Abbiamo un sistema di monitoraggio della sicurezza dei livelli di radiazione assolutamente avanzato e non ci sono allarmi di emergenza”. Il mistero, dunque, resiste.

I rilevamenti

Era la metà di giugno quando le sezioni scandinave della CTBTO hanno riportato livelli di radioattività più alti del normale. A lanciare la notizia è stato il portavoce dell’organizzazione, Lassina Zerbo, che su Twitter ha condiviso anche una mappa che mostrava le zone coinvolte, tra cui diversi paesi baltici e scandinavi nonché una fascia della Russia occidentale. Dalle analisi risultava che nell’aria del mese di giugno vi fossero tracce di rutenio 103, cesio 134 e cesio 137.

Lo stesso Zerbo, in un tweet successivo, aveva anche spiegato che questi isotopi provengono molto probabilmente da una fonte civile e che l’Organizzazione sarebbe “in grado di indicare la probabile regione della fonte, ma è al di fuori del mandato del CTBTO identificare l'origine esatta”.

L’istituto nazionale olandese per la salute e l’ambiente ha sottolineato che l'arrivo alle stazioni di misurazione “veniva da una direzione sud-est” ma che la posizione dell’eventuale sorgente “copre una vasta area e una posizione più specifica non può essere determinata a causa del numero limitato di misurazioni”. Allo stesso tempo la IAEA, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica, ha chiesto all’Unione Europea di riferire “se questi radioisotopi siano stati rilevati nei suoi paesi e se qualche evento possa essere stato associato a questo rilascio atmosferico”. In seguito ai report pervenuti, l’Agenzia ha dichiarato che 29 Stati membri avevano riferito volontariamente che non vi erano stati eventi sul proprio territorio in grado di causare quelle concentrazioni e che i livelli di diversi radioisotopi erano “leggermente elevati” ma che comunque “non hanno comportato rischi per la salute umana o l’ambiente”.

Le ipotesi sull’origine

Più o meno indirettamente, il dito è stato puntato verso la Russia. Anche perché, come sai e come hanno riferito anche diversi media, il Paese non sarebbe nuovo ai tentativi di insabbiare o nascondere incidenti nucleari: il triste ricordo di Chernobyl del 1986 non è ancora così lontano nel tempo. Tuttavia, come riporta Reuters, il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha dichiarato: "Abbiamo un sistema di monitoraggio della sicurezza dei livelli di radiazione assolutamente avanzato e non ci sono allarmi di emergenza”. Inoltre, secondo l’agenzia di stampa russa TASS, Rosenergoatom, un'unità della compagnia nucleare statale russa, avrebbe dichiarato che le due centrali nucleari della Russia nord-occidentale, quelle di Leningrado e Kola, funzionano normalmente e che i livelli di radiazione sono rimasti invariati. Un’altra ipotese vede negli incendi delle scorse settimane proprio nelle zone di Chernobyl una potenziale fonte di origine ma un’Organizzazione anti-nucleare francese ha rilasciato un comunicato in cui esclude questa possibilità.