Che cosa sono esattamente gli edifici a energia quasi zero e in Italia quanti ce ne sono?

Meglio conosciuti con la sigla Nzeb (che sta per Nearly Zero Energy Building), questi edifici devono rispondere a dei requisiti tecnici, fissati dalla legge, in termini di prestazione energetica molto stringenti. Sebbene il loro numero sia in crescita, stiamo comunque parlando di un settore piuttosto giovane e sviluppato di più nelle regioni del Centro-Nord.
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Federico Turrisi 24 Dicembre 2020

Non c'è sviluppo sostenibile senza efficienza energetica. Anche da quest'ultima passa inevitabilmente il nostro tentativo di ridurre le emissioni di gas serra per rimanere il più possibile in linea con gli obiettivi climatici stabiliti dall'Accordo di Parigi del 2015. Forse non sai che esiste una categoria di edifici ad altissima prestazione energetica in cui il fabbisogno di energia è quasi nullo e coperto in gran parte da fonti rinnovabili. Sono i cosiddetti NZEB (acronimo per Nearly Zero Energy Building), ossia gli edifici a energia quasi zero. Ma quali sono i criteri che permettono di considerare una costruzione come NZEB? Vediamoli insieme.

Definizione

Una definizione precisa di NZEB è contenuta nella direttiva europea 2010/31/UE, chiamata anche Epdb, sulla prestazione energetica nell’edilizia. Sono edifici a energia quasi zero quegli edifici ad altissima presta­zione energetica, il cui fabbisogno energetico, molto basso o quasi nullo, do­vrebbe essere coperto in misura molto significativa da ener­gia da fonti rinnovabili, compresa quella prodotta in loco o nelle vicinanze.

Requisiti minimi e normativa

Secondo la normativa europea, a partire dal 1 gennaio 2019 gli edifici di nuova costru­zione occupati da enti pubblici e di proprietà di questi ultimi devono essere edifici a energia quasi zero. A partire dal 1 gennaio 2021 – quindi praticamente ci siamo – invece tutti gli edifici nuovi o soggetti a una ristrutturazione importante di primo livello dovranno essere NZEB.

Per la realizzazione degli edifici a energia quasi zero non si può prescindere da un approccio comprensivo sia dell’involucro sia dell’impiantistica, con l'obiettivo di utilizzare in maniera razionale le risorse e contenere al massimo i consumi. Per quanto riguarda la parte dell'involucro, ci riferiamo per esempio alla coibentazione delle pareti e all'uso di isolanti prestazionali con delle conducibilità termiche molto basse, come la lana di roccia e la fibra di legno. Per la parte di impianti invece, spesso e volentieri vengono utilizzate le pompe di calore per la possibilità di coprire più servizi energetici e, se abbinate a un impianto fotovoltaico o a un solare termico, di aumentare la percentuale di energia prodotta da fonti rinnovabili.

Gli NZEB, come prevede il Decreto interministeriale del 26 giugno 2015, devono poi rispettare i valori limite dei seguenti parametri:

  • il coefficiente medio globale di scambio termico per trasmissione per unità di superficie disperdente (H'T);
  • l’aria solare equivalente estiva per unità di superficie utile;
  • gli indici di prestazione termica utile sia per il riscaldamento sia per il raffrescamento;
  • l'efficienza media stagionale degli impianti di climatizzazione invernale ed estiva e di produzione d’acqua calda sanitaria;
  • l’indice di prestazione energetica globale dell’edificio.

"Per poter soddisfare tutti i requisiti richiesti è necessario tener conto della risposta dell’intero sistema edificio-impianto", spiega Francesca Margiotta, ricercatrice del Dipartimento Unità Efficienza Energetica dell'ENEA. Inoltre, per quanto riguarda i valori relativi all’integrazione delle fonti rinnovabili, il decreto legislativo 28/2011 stabilisce che deve essere rispettata la copertura del 50% dei consumi previsti per l’acqua calda sanitaria e del 50% della somma dei consumi previsti per acqua calda sanitaria, riscaldamento e raffrescamento.

Fonte: Osservatorio degli edifici a energia quasi zero in Italia ENEA

La situazione in Italia

Dal momento che i requisiti tecnici da rispettare sono molto stringenti, è ovvio che il numero di edifici a energia quasi zero sia piuttosto limitato. Meno dello 0,005% del nostro patrimonio edilizio è classificato come NZEB. Al 30 giugno 2018 l'Osservatorio nazionale ENEA NZEB contava all'incirca 1.400 edifici NZEB (nel 2017 erano 600 quelli censiti), di cui la stragrande maggioranza sono edifici di nuova costruzione (90%) e a uso residenziale (85%). Ma c'è da aggiungere che per il 2020 era stata stimata la ristrutturazione a livello NZEB di oltre 130 edifici pubblici, a fronte di incentivi nazionali e regionali erogati.

La maggior parte degli NZEB si trova al Centro-Nord, e in particolare in Lombardia, Emilia Romagna e Veneto. Tuttavia, ci sono casi virtuosi anche in altre regioni. E non si tratta solo di edifici nuovi o pubblici, a dimostrazione del fatto che anche per i privati cittadini è possibile aspirare a una “promozione”, diciamo così, a NZEB partendo da un immobile preesistente.

"In Puglia abbiamo un esempio di ristrutturazione di una residenza unifamiliare che è riuscita a raggiungere i requisiti per poter essere definita un edificio a energia quasi zero. O ancora, a Roma, per la precisione nella zona Borghesiana, abbiamo registrato un caso di ristrutturazione di un edificio plurifamiliare di 4 piani di circa 400 metri quadrati di superficie", sottolinea Francesca Margiotta. "Certo, la maggior parte degli esempi è rappresentato da nuove costruzioni, perché in questi casi è tutto molto più semplice. Date le normative vigenti e dati gli obiettivi che l’Italia stessa si è dovuta porre recependo le direttive europee, l'intenzione è quella di andare sempre più in maniera netta verso edifici ad altissime prestazioni energetiche, anche prendendo in considerazione ristrutturazioni profonde".

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