
Incentivare l’attenzione sul problema dei rifiuti nel mare, spingere i cittadini ad adottare stili di vita consapevoli e rispettosi dell’ecosistema impegnandosi a tenere puliti i luoghi in cui vivono. Ma anche coinvolgere figure professionali come diportisti e pescatori nella conservazione della bellezza di questi posti che rischiano di essere compromessi in modo irreparabile a causa dell’inquinamento. Sono solo alcuni degli obiettivi di Clean Sea Life, il progetto finanziato dalla Commissione europea nell’ambito del programma Life per aumentare attività di sensibilizzazione e comunicazione legate alla conservazione della natura,.
Clean Sea Life è firmato Legambiente in collaborazione con il Parco nazionale dell’Asinara, ma coinvolge anche numerose altre realtà come Conisma, Medsharks, Fondazione Cetacea e Mp Network. Nel corso dei cinque anni della sua durata, sono i cittadini a essere i protagonisti della salvaguardia e della tutela dei loro mari e delle loro coste. E a dimostrazione dell’impegno preso, la firma di un Manifesto per il mare. La responsabile del progetto, Federica Barbera, ha raccontato a Ohga qualche dettaglio in più.
Si tratta di un progetto di informazione e sensibilizzazione sul tema della plastica. Nel corso dei cinque anni di svolgimento, di cui adesso siamo già al secondo, prevede sia attività di comunicazione ed educazione ambientale, sia vere e proprie attività di pulizia e raccolta rifiuti organizzate dai vari partner.
Noi naturalmente ci rivolgiamo a tutti i cittadini, tuttavia la caratteristica principale del progetto è proprio il fatto che le sue attività sono divise per target. Infatti ci rivolgiamo in modo mirato agli studenti, ai diportisti, ai pescatori e agli operatori turistici. L’idea è di realizzare, per ciascuna categoria, una campagna di comunicazione per raccontare i danni provocati dalla plastica alla fauna e all’ambiente marino, per poi realizzare delle attività concrete di pulizia di mari e coste. Ad esempio, con i pescatori abbiamo organizzato diverse attività di fishing for litter, ovvero di pesca dei rifiuti in mare. Gli studenti, poi, sono forse anche più bravi degli adulti: sicuramente ormai il tema dell’educazione ambientale e dell’inquinamento è parte integrante dell’educazione civica nelle scuole, ma noi abbiamo visto che ci sono tanti ragazzi volenterosi che anche dopo le attività promosse con noi continuano a raccogliere rifiuti, e questo ci fa ben sperare.
L’obiettivo principale è quello di sensibilizzare e informare i cittadini sul problema dei rifiuti marini e sull’impatto che questi hanno sulla fauna e sugli ecosistemi in generale, ma non solo. Vogliamo anche spronare la cittadinanza a compiere dei piccoli gesti concreti come ad esempio pulire la spiaggia, i fondali oppure semplicemente impegnarsi a non buttare nulla nell’ambiente. Poi c’è la necessità di migliorare il riciclo, la produzione del rifiuto, dal momento che meno rifiuti produciamo minore sarà il rischio che questi finiscano dispersi. Ad esempio, consigliamo a tutti di non usare bottigliette di plastica ma magari borracce da riempire con acqua corrente. È molto importante per noi lavorare con le amministrazioni nazionali e locali per capire come gestire i rifiuti marini. Ad esempio, per quanto riguarda le attività con i pescatori il problema è che, se l’attività di fishing for litter viene fatta ogni giorno, nel momento in cui riportano i rifiuti a terra dopo averli raccolti sulle loro imbarcazioni non si capisce chi deve pagarne lo smaltimento. Di gap normativi di questo genere ce ne sono molti, e noi vorremmo colmarli con l’aiuto delle amministrazioni e del Ministero.
Finora il progetto ha avuto un enorme successo. Siamo riusciti a realizzare tantissime attività di pulizia con studenti, pescatori ma anche subacquei che hanno aderito all’attività e dopo la conclusione del progetto hanno continuato ad agire in modo autonomo. Questo è molto bello da vedere. Tantissimi cittadini ci inviano foto delle loro passeggiate in spiaggia durante le quali hanno raccolto bottigliette, buste abbandonate e altri rifiuti. Sicuramente i prodotti in plastica nell’ambiente sono aumentati, ma in parallelo con il problema è aumentata anche la consapevolezza.
Quello che bisogna far capire è che bisogna lavorare sulla produzione del rifiuto, non solo sulla sua gestione. E da questo punto di vista c’è ancora tanto da fare, ci sono tanti piccoli aspetti su cui si può ancora migliorare. Ad esempio, uno dei rifiuti che abbiamo trovato spessissimo nel corso delle nostre attività di pulizia sono state le retine per la produzione dei mitili negli allevamenti. Si tratta di retine di plastica dentro le quali si coltivano le cozze e che poi molto spesso vengono aperte e abbandonate. Così, soprattutto in alcune spiagge pugliesi in cui abbiamo fatto pulizia con l’aiuto di alcuni pescatori di Manfredonia, abbiamo trovato decine di chili di queste retine, erano praticamente il rifiuto principale. In questo caso, bisogna lavorare con chi gestisce questi allevamenti e fare in modo che utilizzino materiali biodegradabili. Di lavoro da fare ancora ce n’è, soprattutto assieme alle amministrazioni e ai vari enti, ma abbiamo riscontrato un grande impegno e una grande partecipazione.
Il Manifesto del mare non è altro che uno degli strumenti che ci consentono di formalizzare l’impegno dei cittadini nei confronti del mare, nelle loro attività di pulizia e nell’adesione al progetto. Con la firma del manifesto, il cittadino si impegna simbolicamente a non sporcare, a pulire quando ce n’è l’occasione e a ridurre la produzione la produzione di rifiuti, a riciclare meglio… Insomma serve a far capire che i piccoli gesti sono importanti per un problema di questa portata. D’altro canto, il Manifesto può essere anche uno strumento tecnico, che noi utilizziamo per mostrare quante persone stiamo coinvolgendo nelle nostre attività.