Coltivare senza sprecare acqua e suolo si può, Local Green è l’esempio italiano di vertical farming

Le vertical farm saranno le produzioni agricole del futuro. Quando il suolo deve essere tutelato e l’acqua è sempre meno, questi sistemi permettono di avere una resa maggiore impiegando una quantità di suolo e d’acqua significativamente minore. Ne abbiamo parlato con Marco Maggioni, capo della ricerca e dello sviluppo di LocalGreen, azienda italiana nel settore dell’agricoltura locale e verticale.
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Francesco Castagna 27 Settembre 2022

Che cos'è il vertical farming e perché ci serve per una prospettiva di agricoltura sostenibile? Più volte noi di Ohga ti abbiamo parlato di come è possibile coltivare verdure in modo bio, senza utilizzare prodotti chimici che rovinano la biodiversità degli habitat e con metodi precisi che aiutano a risparmiare l'acqua. Il consumo del suolo in Italia e in tutto il mondo è un tema che si sta trasformando a lungo andare in un problema, dobbiamo cominciare a tutelare il nostro territorio nell'ottica di utilizzare meno spazio possibile, per lasciarlo alla natura.

È qui che si inserisce il vertical farming, o anche detta agricoltura da fattorie verticali. Un metodo innovativo che è riuscito a unire il risparmio del suolo con quello dell'acqua, che è sempre più una risorsa da non sprecare perché abbiamo sempre meno acqua dolce.

Tra gli esempi più importanti, la Sky Green Vertical Farm di Singapore, che è in grado di rifornire i supermercati con i prodotti coltivati, e lo Zoo di Paignton di Londra. In assenza di suolo, il. vertical farming si fa tramite due tipi di agricolture: l'aeroponica e l'idroponica. Entrambe le tecniche consentono di coltivare ovunque, sia al chiuso che all'aperto. L'aeroponica si basa soprattutto sull'utilizzo della nebulizzazione di una soluzione nutritiva, a base di acqua e sostanze utili alla crescita. L'idroponica, invece, a differenza della prima che non si basa sull'utilizzo dell'acqua, la utilizza come risorsa ma in livello minore dell'agricoltura tradizionale.

In Italia esistono alcuni progetti di vertical farming ben riusciti, a dimostrazione di come si possa produrre un determinato tipo di prodotto senza necessariamente. ricorrere alle colture intensive. Ne abbiamo parlato con Marco Maggioni, capo della ricerca e dello sviluppo di LocalGreen, azienda italiana nel settore dell'agricoltura locale e verticale.

Quanto ci è voluto per metter su il vostro team e da quali necessità siete partiti?

Avevamo intenzione di fare vertical farming, coltivando in ambienti controllati simili alla terra, ma senza l'utilizzo della luce solare. Lavoriamo in ambienti chiusi, isolati dall'esterno, il che ci consente di farlo molto vicino alle città. L'esigenza e il trend degli ultimi anni ci mostrano come l'agricoltura non sia sostenibile così come è fatta, perché consuma molte energie.

La nostra filiera tradizionale è molto dipendente dai combustibili fossili, dal trasporto dei beni agricoli, fa molto uso di acqua che è inutilizzata in maniera inefficiente. Il suolo va tutelato e con una popolazione che consuma sempre di più ci serve maggiore produttività, ma in maniera sostenibile.

Il vertical farming risponde quindi a queste esigenze: coltivare vicino ai centri abitati, in ogni parte del mondo indipendentemente da dove ci troviamo, e produrre beni agricoli -in particolare noi produciamo prodotti da foglia-verde, proponendo una tecnologia basata su una parete verde con un tipo di coltivazione proprietaria.

Si può coltivare qualsiasi tipo di verdura oppure ci sono dei prodotti specifici su cui puntare?

Al momento la nostra produzione riguarda il mercato dei vegetali a foglia verde, come ho detto, ma potenzialmente in un futuro si potranno coltivare anche altre varietà vegetali. Essendo il nostro un mezzo di coltivazione molto innovativo ancora non è possibile coltivare in maniera redditizia tutto il paniere dell'ortofrutta.

Voi affermate che è possibile risparmiare il 95% d'acqua, in che modo?

La bassa efficienza dei sistemi agricoli in campo aperto deriva dal fatto che, quando si irriga, la maggior parte dell'acqua viene dispersa nel sottosuolo, oppure in aria, tramite l'evaporazione. Lavorando noi in un ambiente completamente chiuso potenziamo la tecnologia idroponica, quindi la coltivazione senza terreno, che ricircola l'acqua all'infinito.

Tutta l'acqua che evapora, sia dalle piante che dai sistemi idroponici, la deumidifichiamo e purifichiamo, reimmettendola nel circuito. L'unica percentuale di acqua che abbandona il circuito è quella che viene assorbita dai vegetali. In più stiamo progettando un sistema di raccolta dell'acqua piovana, in questo modo la collezioniamo nelle vasche e riutilizziamo nel nostro sistema.

Un modo per ovviare a due problemi che ci interessano particolarmente in questo momento in Italia, siccità e consumo del suolo?

Assolutamente sì, andiamo verso questa direzione.

Si può realmente pensare a un sistema del genere altrove, come mi diceva prima?

Certamente, questo metodo si può riprodurre ovunque, non solo sul pianeta Terra (per esempio anche su altri pianeti, o su navi etc.).

Per questo tipo di coltivazioni serve ricorrere all'utilizzo di fitosanitari?

LocalGreen non utilizza nessun tipo di fitosanitario, né convenzionale né biologico. Coltivando in un ambiente chiuso riusciamo a tener fuori i patogeni vegetali, e in più non abbiamo bisogno di lavare il prodotto. Il nostro mercato di riferimento è l'insalata in busta, quello che viene chiamato quarta gamma, garantiamo il 100% della durata del prodotto. Puntiamo ad arrivare al 200% nei prossimi anni.

Che tipo di figure professionali servono per avviare un'attività del genere?

Per fare questo tipo di attività servono sicuramente dei ricercatori senior, attualmente siamo in due, uno che si occupa della parte agronomica e di ricerca e un agronomo. Il nostro obiettivo è avere almeno un altro agronomo e un altro ricercatore. Nel team c'è anche un beta-scientist per migliorare la produttività. Tra le altre competenze servono esperti di ingegneria, sia di meccanica, robotica, ma anche gestionale dei processi. C'è la parte del marketing e la parte di ricerca dei capitali, che svolge il nostro direttore finanziario.

Avete intenzione di ampliare l'azienda?

Il nostro edificio da fine ottobre-inizio novembre inizierà la produzione in larga scala, gli ultimi due anni abbiamo fatto soltanto ricerca e sviluppo. Apriremo a breve il nostro impianto industriale, che sarà la seconda vertical farm più grande d'Italia. Attualmente stiamo costruendo un modulo di 1500 mq di superficie coltivata, questo edificio permetterà di ospitare tra i sei e i sette moduli. Con un modulo abbiamo una capacità produttiva di 25mila buste a settimana, quindi a pieno regime il nostro stabilimento sarà in grado di produrre circa 150mila buste a settimana.

La resa è la stessa?

Per ogni 300 m2 di agricoltura tradizionale noi abbiamo bisogno di un solo m2. È più o meno 300 volte più produttivo di un sistema agricolo a pieno campo tradizionale.

Tra i difetti di questo tipo di coltivazione c'è l'illuminazione, essendo un tipo di attività che richiede molta luce. Come pensate di intervenire? 

Sicuramente è un tipo di attività energivora, si spende molto in energia ma si risparmia molto in altre risorse. L'energia si può generare anche in maniera sostenibile, invece l'acqua è quella che abbiamo, il trasporto viene fatto ancora su gomma etc. Il nostro stabilimento tra l'altro autoproduce il 40% della propria energia tramite pannelli solari.