Come fonde l’Antartico: dentro il ghiacciaio Thwaites

Una recente ricerca ha permesso di comprendere meglio la possibile evoluzione dell’enorme ghiacciaio antartico alla luce dei cambiamenti climatici in corso.
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Andrea Di Piazza Geologo specializzato in Green Management
21 Febbraio 2023 * ultima modifica il 25/02/2023

È una delle masse di ghiaccio più estese del Pianeta e si trova in Antartide. Stiamo parlando del ghiacciaio Thwaites, un colosso bianco che rappresenta da solo circa il 15% della massa ghiacciata che viene scaricata nell’oceano dalla calotta glaciale occidentale antartica.

Alcuni ricercatori hanno indagato a fondo il ghiacciaio per comprenderne la struttura ed i meccanismi di scioglimento, un vero e proprio sorvegliato speciale considerato che la fusione del Thwaites potrebbe portare ad un innalzamento relativo del livello del mare di circa 65 cm su scala planetaria. I risultati della ricerca, condotta da ricercatori del British Antarctic Survey e della Cornell University e pubblicati su Nature, hanno permesso di comprendere meglio la possibile evoluzione del sistema alla luce dei cambiamenti climatici in corso.

La struttura del colosso di ghiaccio

Con una superficie paragonabile a quella della Gran Bretagna, il ghiacciaio Thwaites si estende principalmente sotto il livello del mare, fattore che favorirebbe la perdita di massa. I ricercatori hanno permesso di indagare la struttura del ghiacciaio attraverso l’utilizzo di un robot dotato di sensori e telecamere, che è stato calato in un pozzo profondo circa 600 metri a circa due chilometri dalla linea di terra, e creato con una perforazione di acqua calda.

Le misure ottenute sono state confrontate con quelle effettuate in altri cinque siti sotto la piattaforma di ghiaccio. L’esplorazione del robot ha mostrato come la conformazione della massa di ghiaccio sia molto più complessa di quanto ipotizzato: la massa è organizzata in “terrazzamenti” con ripidi piani inclinati lungo i quali la fusione del ghiaccio si sviluppa più rapidamente che altrove. Queste zone contribuirebbero al 25% dello scioglimento totale, mentre nella parte basale la fusione sarebbe più lenta del previsto, una vera e propria sorpresa rispetto anche a quanto previsto dai modelli di calcolo.

Tuttavia negli ultimi dieci anni si è assistito ad un notevole ritiro del ghiacciaio che, a questo punto, sarebbe spinto non solo da una fusione lungo le discontinuità scoperte ma anche all’interno di crepacci e fratture dove le acque di fusione favoriscono la perdita di massa.

L’Antartico fonde

Intanto è allarme rosso per il ghiaccio antartico. Secondo un report pubblicato dal National Snow and Ice Data Center (NSIDC) americano, l’estensione del ghiaccio marino antartico avrebbe toccato un nuovo record negativo: 1,91 milioni di kmq, il 13 febbraio scorso (la media 1981-2010 per questo periodo si aggira attorno ai 3 milioni di kmq). Un valore che potrebbe scendere ulteriormente, considerato che il minimo annuo è atteso nel periodo 18 febbraio – 3 marzo.

Negli ultimi anni, del resto, l’estensione del ghiaccio marino antartico è stata molto variabile, se consideriamo che quattro dei cinque minimi più alti si sono verificati dal 2008 in poi. Complessivamente, l'attuale tendenza lineare ad una riduzione dell'estensione minima antartica dal 1979 al 2023 è di 2.400 kmq all'anno (ogni decennio si perde circa l’1% di ghiaccio), che attualmente è un dato statisticamente poco significativo. Tuttavia, il forte calo dell'estensione del ghiaccio marino a partire dal 2016 ha alimentato la ricerca sulle potenziali cause e se la perdita di ghiaccio marino nell'emisfero australe stia sviluppando un’accelerazione.

Dopo una laurea in Geologia ed un dottorato di ricerca presso l'Università degli Studi Roma Tre, ha lavorato come ricercatore presso altro…