
Ti è mai capitato di arrabbiarti, o di sentire qualcuno farlo, perché l'azienda dei rifiuti della tua città non è passata a raccogliere l'immondizia? E quante volte hai sentito che le persone pagano le tasse per un servizio che non viene svolto correttamente, o per niente?
Si chiama TARI, la tassa sui rifiuti che ogni cittadino che possiede un'abitazione deve pagare per lo svolgimento del servizio. È l'abbreviativo di Tassa sui Rifiuti, è stata introdotta nel 2014 e fa parte dei tributi dell'imposta unica. comunale (UIC, ora abolita), di cui fanno parte anche l'IMU, ovvero l'imposta municipale propria, e il tributo per i servizi indivisibili (TASI).
Ha sostituito la TARES, il tributo che è valso solo per un anno (2013) e che a sua volta aveva preso il posto dei precedenti contributi relativi alla gestione dei rifiuti e del patrimonio (TARSU, TIA1, TIA2). Ma come funziona?
Innanzitutto, l'imposta è divisa in due parti: una fissa e una variabile, che si basa su un valore assoluto rapportato agli abitanti della città e non ai metri quadrati dell'utenza. È assoggettabile al tributo la superficie calpestabile delle unità immobiliari, che sono iscritte al catasto urbano e quindi suscettibili di produrre rifiuti. Questa tassa si può pagare in tre modi: o con MAV, o con bollettino postale, oppure tramite modello F24.
Come funziona la TARI lo stabiliscono i Comuni: come spiega anche Confcommercio: "determina le tariffe in base a superficie e quantità di rifiuti prodotti o a quantità e qualità di rifiuti per unità di superficie, in relazione ad usi e tipologia delle attività e al costo del servizio sui rifiuti". L'importo della Tari non viene calcolato dal cittadino, ma dal Comune di appartenenza dell'individuo. Le tariffe sono calcolate in base alla superficie a alla quantità dei rifiuti prodotti o per unità di superficie.