
Rari nantes in gurgite vasto: rispetto alle intenzioni iniziali, sono effettivamente pochi gli elementi sopravvissuti ai negoziati sul clima di Bonn, in Germania, in un mare di decisioni da prendere per contrastare la crisi climatica. Il summit si è svolto dal 5 al 15 giugno, periodo durante il quale hanno partecipato per la prima volta non solo figure tecniche, ma anche personaggi influenti nella lotta al riscaldamento globale.
Ma come sono andati gli incontri che dovrebbero neanche troppo metaforicamente fare da ponte tra la Cop27 di Sharm el-Sheik, in Egitto, e la Conferenza delle Parti di Dubai, presieduta dal sultano Al-Jaber, Ceo di ADNOC?
Come per la Cop27, ci sono stati pochi risultati e molte posticipazioni alla Cop28 che fanno presupporre che gli Stati non sono ancora pronti a confrontarsi su alcuni temi. Tra i vari argomenti di cui si è dibattuto, emergono due punti principali segnalati da Italian Climate Network:
È stato adottato un testo che serve da base affinché si possa chiudere il primo inventario delle politiche climatiche dei Paesi in occasione della COP28: il global stocktake, ovvero un documento attraverso il quale le Nazioni fanno il punto su come sta andando realmente l'attuazione dell'Accordo di Parigi.
Grande delusione da parte dei Paesi UE e di altri Paesi delle Nazioni Unite per il mancato riconoscimento, nei testi finali, degli ultimi report dell’IPCC nei documenti più tecnici approvati su impatti e vulnerabilità, ricerca o
osservazione sistematica, sistemi di raccolta dati sulle emissioni. Salta anche il Mitigation Work Programme, ovvero il programma di lavoro per la mitigazione degli effetti del riscaldamento globale. Anche qui lo scontro è avvenuto tra Paesi UE e quelli Like Minded. Stesso destino per una definizione di Just Transition, rimandata a COP28, e la decisione su quale entità si dovrà occupare dei lavori del Santiago Network su perdite e danni (o Loss and Damage).