Il resoconto di quanto hanno combinato le raffiche di vento fino a 100 chilometri all’ora e la grandine, tantissima, che nelle scorse ore si sono abbattute sul Veneto, in particolare sulle province di Verona, Vicenza e Padova, probabilmente l’avrai già sentito: allegamenti, automobili intrappolate sotto l’acqua, strade sommerse, campi devastati, alberi sradicati e abbattuti. Tra questi purtroppo devi aggiungere alla lista dei “caduti” anche “l’albero di Goethe”, l’imponente cipresso di oltre 500 anni che aveva conquistato lo scrittore tedesco durante il suo viaggio in Italia tra il 1786 e il 1788. Il cipresso svettava trionfante all’interno del Giardino Giusti, l’immenso parco verde dell’omonima Villa a cui, ogni anno, anche grazie al suo gioiello secolare accorrevano migliaia di visitatori da tutta Europa. Ora invece il cipresso è giace steso a terra, all’ingresso del parco. L’annuncio del disastro è arrivato direttamente dai proprietari del Giardino che, su Facebook, gli hanno reso omaggio riprendendo le parole con cui Johann Wolfgang von Goethe elevò l’albero alla gloria imperitura.
Costruito e mantenuto a partire dal 1580, il Giardino Giusti è uno dei patrimoni artistici e culturali della città di Verona e di tutto il paese ed è considerato tra gli esempi più riusciti di “giardino all’italiana”. Un gioiello prezioso che pensavamo intoccabile. E invece il nubifragio degli ultimi giorni non l’ha risparmiato: una ventina di piante sono state sradicate e anche alcune statue sono rimaste danneggiate o, purtroppo, sono crollate. Per questo gli stessi proprietari hanno annunciato che il Giardino resterà chiuso “fino a nuova comunicazione”.
Tra gli alberi caduti, come ti dicevo, c’è anche l’ormai famosissimo “cipresso di Goethe”. Lo scrittore tedesco durante un viaggio in Italia tra il 1786 e il 1788 se n’era innamorato, tanto da dedicargli dei versi nella sua opera Viaggio in Italia. Ecco cosa scrisse: “Quei rami li avevo presi nel Giardino Giusti, che è situato in posizione magnifica ed è ricco d’altissimi cipressi, ritti nel cielo come altrettante lesine […]. Un albero che dal basso fino alla vetta protende verso il cielo tutti i suoi rami, i più vecchi come i più giovani, e che vive i suoi buoni trecent’anni, è davvero venerabile. Data l’epoca in cui fu piantato il giardino, quei cipressi debbono aver raggiunto una così tarda età”.