
E se il problema dell’estinzione non riguardasse solo le specie animali, ma anche alberi e piante? Probabilmente pochi si sono posti questa domanda e ancor meno hanno considerato le conseguenze che ne deriverebbero, ma il problema è che già ci troviamo in questa situazione.
Un articolo recentemente pubblicato su The Guardian lancia l’allarme: secondo gli scienziati circa un terzo delle 60mila specie di alberi attualmente sulla Terra è già a rischio di estinzione e, come dichiarato da Malin Rivers, l'autrice dello studio pubblicato a fine agosto su New Phytologist Foundation, "senza agire ora, (questa condizione) avrà un impatto sull'umanità, sulle nostre economie e sui mezzi di sussistenza. Dal punto di vista ecologico, avrà un impatto catastrofico sul pianeta".
Abbiamo intervistato Roberto Cazzolla Gatti, professore associato di Biologia della Conservazione all'Università di Bologna, per comprendere quali possano essere le conseguenze di una parziale estinzione di alberi e come si potrebbe intervenire.
Ciò che risulta evidente dal nostro studio è che ci sono tante specie di alberi, a livello globale circa 73mila specie; di queste, circa 9mila specie di alberi devono ancora essere scoperte. Circa il 40 per cento delle specie arboree sconosciute si trova in Sud America, e poi ci sono alcune specie più rare, abbastanza a rischio di estinzione, che si trovano solo in specifiche aree del mondo, come per esempio l'Indonesia o il bacino del Congo, e che rappresentano dei veri e propri hot spot di biodiversità.
Siamo preoccupati perché gli ambienti forestali sono sempre più sottoposti a gravi pressioni, non dovute solo al cambiamento climatico, ma anche ad azioni legate alla deforestazione, all'urbanizzazione, all'impiego del terreno per i pascoli. Non solo, perché anche la popolazione globale è in espansione e richiede sempre più risorse. Tutte questi fattori mettono purtroppo a rischio numerose specie di alberi, molti dei quali non sono neppure mai stati identificati e classificati.
Perdere una specie è una problema perché la specie ha un valore intrinseco. Ogni specie favorisce lo sviluppo della biodiversità e tutti quegli aspetti legati alla vita dell'uomo e al suo benessere. Non è solo il piacere di poter passeggiare in mezzo al verde, ma dal punto di vista più concreto di fornitura alimentare, molte specie vegetali vengono sfruttate proprio per le loro proprietà.
L'albero di Neem (Azadirachta indica), per esempio, è un tropicale sempreverde sfruttato anche in campo medicale, perché è un insetticida naturale e la sua corteccia viene usata anche per curare le ferite. Un altro esempio è il salice (Salix), noto per la produzione di acido salicilico, il principio dell’aspirina, proprietà che è stata scoperta dopo aver notato alcuni animali mangiare parti della sua corteccia; o ancora il tasso (Taxus beccata) le cui bacche, nonostante contengano una tossina fatale per l'uomo, vengono usate dall'industria farmaceutica.
Insomma, sono senza dubbio numerose le proprietà legate a specie di alberi noti e non: poco alla volta li stiamo conoscendo. Quello che può preoccuparci è perdere una specie di cui non conosciamo tutte le risorse e che invece potrebbe rivelarsi fondamentale per risolvere un problema contemporaneo: immagina se scoprissimo che una pianta contiene un enzima in grado di metabolizzare la plastica dispersa negli oceani…
Con l'estinzione degli alberi ci sarebbe una perdita della biodiversità perché quest'ultima dipende tantissimo dalla salute degli ecosistemi. Se gli ecosistemi si ammalano, come sta accadendo spesso in questo periodo, ne vengono compromessi equilibri e dinamiche. Il fatto è che tante specie vegetali e animali dipendono dagli alberi: si pensi solo ai funghi e ai batteri del suolo, fino ad arrivare agli animali che negli alberi trovano riparo e una fonte alimentare.
Recentemente, per esempio, si è notata una moria di ghiri nelle foreste, incluse quelle italiane. Sono stati trovati a terra, ai piedi degli alberi. Si può trattare di un effetto dei cambiamenti climatici o delle condizioni non più ottimali delle piante che offrono loro riparo. Questo è un chiaro esempio per spiegare quanto è alto il rischio di perdere specie animali, se viene meno la biodiversità forestale.
Generalmente c'è la tendenza ad avviare progetti di piantumazione, quando in realtà si tratta di una bella idea di base, ma che non dovrebbe essere pensata in modo semplicistico. In Italia si contano gli interventi poco attenti dal punto di vista forestale, come le pinete non endemiche che, poste in aree non adatte alla specie, hanno acidificato il suolo rendendo il territorio instabile e riducendo la biodiversità.
Aumentare il numero di alberi consente un maggiore assorbimento di anidride carbonica, ma è la biodiversità alla base di tutti gli ecosistemi. La quantità può ridurre le emissioni nel breve termine, ma bisogna puntare sulla biodiversità. Prendiamo per esempio quello che è accaduto con la tempesta Vaia nel 2018. Vaia era uno di quei fenomeni estremi in grado di abbattere molti alberi, ma la causa per cui sono caduti milioni di alberi è da ricercare nelle piantumazioni contraddistinte da una bassa biodiversità, che ha portato gli alberi a cadere come fossero tanti tasselli di un domino. Se la biodiversità è alta, la compattezza del terreno è maggiore e la foresta diventa più resiliente.
La traslocazione di alberi e piante è forse una delle strategie più controverse, ma è stata proposta e messa in pratica soprattutto per favorire la sopravvivenza di alcune specie animali. In realtà crea un problema, anche se l'obiettivo è senza dubbio nobile.
Spostare o distribuire alcune specie può avere senso se il territorio di destinazione non le respinge o se le stesse specie, chiamate in questo caso specie aliene, una volta spostate in territori dove possono attecchire facilmente, non entrano in "competizione" con le altre specie locali, riproducendosi magari più velocemente.
Piuttosto che provare a giocare a fare Dio in Terra, come spesso fa l’uomo usando biotecnologie per migliorare la resistenza genetica di alcune specie o ricorrendo alla traslocazione di alberi e piante, una soluzione potrebbe essere quella di realizzare dei corridori naturali per favorire lo spostamento di alcune piante, soprattutto quelle minacciate dal cambiamento climatico.
Il problema, infatti, è che dove il territorio è altamente frammentato, una pianta che vuole espandersi non trova l’ambiente naturale per poterlo fare. I corridoi ecologici, invece, riescono a collegare aree sì frammentate ma comunque naturali, favorendo la connessione tra loro. In questo modo non solo viene favorito il passaggio della fauna selvatica, ma anche la sopravvivenza e la diffusione delle specie vegetali.
Resta poi fondamentale il lavoro portato avanti con enti e associazioni, come il Fondo Forestale Italiano, che prendono in gestione intere aree forestali per prendersene cura e d evitare che subiscano tagli e riduzione di esemplari.