Cosa fu il Great Smog del 1952, quando si capì che l’inquinamento atmosferico poteva uccidere

Tra il 5 e il 9 dicembre di 70 anni fa, Londra fu invasa da una coltre di nebbia fitta, giallastra e maleodorante. Tutti i fumi emessi da camini e ciminiere delle fabbriche avevano formato una cappa sopra la città. In quei 5 giorni, morirono circa 4mila persone e altre 8mila persero la vita nei 12 mesi successivi a causa di problemi respiratori dovuti alla nube tossica. L’inquinamento atmosferico divenne un problema che non si poteva più ignorare.
Entra nel nuovo canale WhatsApp di Ohga
Giulia Dallagiovanna 5 Dicembre 2022

Immagina di uscire dal lavoro una sera e non vedere più nulla. Non il palazzo di fronte, ma nemmeno il bordo del marciapiede o la persona che cammina davanti a te. Avverti il rumore di automobili e autobus lungo la strada, ma la luce dei loro fanali è impercettibile. È questa l'esperienza vissuta dai cittadini di Londra il 5 dicembre 1952.

Oggi è conosciuto come The Great Fog ("la grande nebbia") o The Great Smog ("il grande smog") il fenomeno che esattamente 70 anni fa lasciò per 5 giorni un'intera città abbandonata a se stessa. Una fitta coltre giallastra e maleodorante avvolse tutto. Strade, case, edifici pubblici, fabbriche, residenze reali. Entrò nei cinema, invase gli stadi. Alcuni lo chiamarono "lo smog assassino" in riferimento alle 4mila persone che in quei giorni persero la vita. Fu proprio in quel dicembre del '52 che l'inquinamento atmosferico divenne un problema che non poteva più essere ignorato.

Quattro anni dopo, il Parlamento britannico varò il primo Clean Air Act, una legge che imponeva limiti all'uso del carbone e stabiliva "aree di controllo dei fumi" di ciminiere e camini. Sebbene oggi risulti ormai superato, il provvedimento è considerato una pietra miliare della legislazione contro l'inquinamento atmosferico.

Ma cosa accadde di preciso a Londra tra il 5 e il 9 dicembre del 1952?

Londra, 1952

La Londra degli anni '50 era, prima di tutto, una metropoli. Con i suoi 8 milioni di abitanti, era grande quasi cinque volte Roma. Era la città che aveva guidato la Rivoluzione industriale. La città delle fabbriche, degli operai e degli spazzacamini. Lo skyline era composto soprattutto dalle ciminiere e dai loro fumi. Tutte le attività, o quasi, erano alimentate a carbon fossile, una fonte di energia di cui il sottosuolo britannico era pieno, in grado di garantire un riscaldamento a basso costo anche per le case.

Sì, perché la Londra degli anni '50 era anche una città provata. La Seconda guerra mondiale era finita pochi anni prima e il Regno Unito stava affrontando un periodo di crisi economica, ricostruzione e voglia di ripartenza.

Di nuovo, veniva in soccorso il carbone, che iniziò a essere esportato a ritmi molto elevati. All'estero venivano vendute soprattutto le varietà di maggiore qualità, ad esempio l'antracite. Il mercato interno invece aveva a disposizione combustibile più scadente e che rilasciava maggiori quantità di biossido di zolfo quando veniva bruciato. Diverse centrali a carbone, inoltre, sorgevano proprio lungo il Tamigi, in quartieri periferici come Greenwich, Fulham e Kingston upon Thames.

In condizioni metereologiche normali, tutto il fumo prodotto si sarebbe disperso in atmosfera e le conseguenze sarebbero emerse solo negli anni successivi. Ma nel 1952, il meteo mostrò dei comportamenti anomali.

La coltre di nebbia, che in realtà era smog, era spessa tra i 100 e i 200 metri

Dopo le prime intense nevicate di novembre, l'inverno si annunciava particolarmente rigido. Il 4 dicembre, inoltre, un anticiclone si era stabilito proprio sopra il Regno Unito, innescando un fenomeno di inversione termica, in cui l'aria vicina al suolo era fredda, mentre l'aria che rimaneva in alto risultava più calda. Si era formato a tutti gli effetti un tappo che impediva al fumo caldo, appena uscito dal camino, di raggiungere livelli più alti di atmosfera.

A partire dal giorno seguente, le polveri di ciminiere, camini, automobili e mezzi di trasporto rimasero a stagnare sopra Londra. Secondo il MetOffice, il servizio meteorologico nazionale del Regno Unito, lo strato di nebbia era spesso tra i 100 e 200 metri. Il grande smog, appunto.

The Great Smog

Se abiti in una grande città, potrebbe esserti capitato più di una volta di aver trovato lo strofinaccio completamente nero dopo aver pulito i vetri o i davanzali delle finestre di casa. Ora immagina quella stessa polvere saturare completamente l'aria attorno a te. Di poterne avvertire l'odore e persino la consistenza, mentre qualsiasi altro elemento è oscurato alla tua vista.

Durante le prime ore del mattino di quel 5 dicembre 1952, il cielo di Londra era sereno. Il tipico vento inglese risultava quasi impercettibile, mentre vicino al suolo l'aria stava diventando umida. I presupposti per la formazione di una nebbia fitta c'erano tutti. Ma chi viveva (e vive) a Londra era abituato alla nebbia e nessuno si preoccupò quando si presentarono i primi banchi.

Entrando in contatto con l'aria umida, infatti, il terreno si raffreddava e liberava della condensa. Il problema è che quel giorno, alle goccioline d'acqua, si aggiunsero i fumi di tutto il carbone che veniva bruciato. Il venticello leggero sollevava le particelle più pesanti verso l'alto, ma non aveva forza a sufficienza per disperderle: si accumularono tutte sopra la città e vi rimasero fino al 9 dicembre.

"Il primo giorno di nebbia era un venerdì e gli operai stavano già pensando al weekend – spiegava Georgina Young, allora Senior Curator of Contemporary History, in un video del Museum of London. – Non si preoccuparono quando videro formarsi la nebbia. Solo a partire dal giorno seguente, mentre la situazione peggiorava, si resero conto che quello era un fenomeno diverso da ciò a cui erano abituati".

Ben presto, non riuscirono più a vedere nulla. La zona più colpita fu l'East End: i testimoni hanno raccontato che, chi passava di lì, non distingueva nemmeno i suoi piedi, al di sotto della coltre di smog. Ad alcuni funzionari fu affidato il compito di camminare davanti agli autobus con torce e lanterne per illuminare il percorso, mentre alle pattuglie di poliziotti che controllavano gli argini del Tamigi furono consegnati dei bastoni con i quali picchiettare contro le ringhiere dei ponti per evitare di cadere nel fiume. Tutti si ritrovarono con cappelli e cappotti ricoperti da una polvere nerastra.

Durante i giorni della Grande Nebbia, furono emesse in atmosfera:

  • 1.000 tonnellate di particelle di fumi
  • 2.000 tonnellate di biossido di carbonio
  • 140 tonnellate di acido idrocloridrico
  • 14 tonnellate di composti di fluoro

In aggiunta, 370 tonnellate di zolfo furono convertite in 800 tonnellate di acido solforico, in grado persino di corrodere le superfici di edifici e monumenti.

Funzionari che camminano davanti agli autobus con torce per far luce. Credits photo: Alan Farrow da Flickr

Le prime conseguenze

Con una visuale ridotta quasi a zero, la prima conseguenza fu l'aumento degli incidenti stradali. Le ambulanze inoltre faticavano a portare a termine il servizio e spesso dovevano rinunciarvi. Si interruppero poi le manifestazioni sportive, soprattutto se organizzate all'aperto: i calciatori non riuscivano a capire dove fosse la palla. Non solo. La nebbia entrava in palazzi e abitazioni. Cinema e teatri dovettero interrompere i loro programmi.

Alcune persone riuscirono a dotarsi di "mascherine antinebbia" con le quali tentavano quanto meno di filtrare l'aria che respiravano. La maggior parte della popolazione, però, dovette accontentarsi di fazzoletti e pezze di stoffa. L'intera città era ostaggio del Grande Smog.

Le vittime

In soli 5 giorni, 4mila persone persero la vita. Oltre agli incidenti stradali, si verificarono gravi problemi di salute che colpirono soprattutto i più piccoli, gli anziani e i pazienti fragili. Durante i mesi successivi, poi, il tasso di mortalità rimase superiore alla norma. Lo smog che entrava nei polmoni provocava infiammazioni e infezioni che avevano come conseguenza una sovraproduzione di pus. Si ostruivano così le vie respiratorie, portando la persona al decesso.

Secondo uno studio del 2004, pubblicato su Environmental Health Perspective, il Grande Smog fu responsabile di 12mila decessi complessivi, mentre altri 25mila pazienti accusarono problemi di salute dovuti alle esalazioni velenose che respirarono. Nausea, mal di testa, problemi respiratori e irritazioni a occhi e pelle furono tra i principali.

L'economia è più importante della salute?

Non fu un interrogativo banale quello a cui il governo di un Regno Unito appena uscito dalla Guerra dovette rispondere. Una volta rientrata l'emergenza, la prima mossa fu la nomina di una commissione, guidata da sir Hugh Beaver, ingegnere civile, con il compito di capire cosa fosse accaduto di preciso prima e durante quei giorni.

Sì perché non era la prima volta che la capitale inglese affrontava smog e nebbia. Ne parlava, ad esempio, già Charles Dickens nei suoi romanzi e fu nel 1820 che l'incisore anglo-americano John Sartain coniò il termine "pea-souper", per indicare qualcosa di denso, giallastro e maleodorante come le zuppe di piselli che servivano nelle mense. Non proprio buonissime, evidentemente. Mai nessun episodio, però, era durato così a lungo e aveva provocato tante vittime.

I lavori della Commissione durarono oltre un anno e alla fine furono elencati, nero su bianco, i costi economici e sociali dell'inquinamento atmosferico di cui la città era vittima anche al di là della grande nebbia. Ma Beaver fece di più. Dichiarò ufficialmente che l'aria pulita, in quel momento, era tanto vitale quanto lo era stata l'acqua pulita durante il 19esimo secolo. Il riferimento era a un evento accaduto esattamente 100 anni prima, nel 1854, quando un'epidemia di colera si diffuse a Soho, un quartiere di Londra. All'epoca, il medico britannico John Snow fu il primo a identificare nell'acqua inquinata l'origine della diffusione del batterio. Tra inquinamento e salute, dunque, veniva individuato un legame.

Trafalgar Square durante il Grande Smog. Credits photo: N T Stobbs, Wikimedia Commons

Tra le proposte, c'era la sostituzione del carbon fossile, quanto meno quello destinato all'uso domestico, con il carbone Coke, risultato di un processo di lavorazione che permetteva di ridurre la quantità di fumo emessa durante la combustione. Si iniziò inoltre a sottolineare la necessità di altre fonti di energia a minor produzione di emissioni, come il gas. Oppure dell'installazione di dispositivi per la desulfurizzazione dei fumi su ogni nuova centrale elettrica che veniva edificata in area urbana. Proprio il biossido di zolfo era resposabile del colore e dell'odore di quello smog. La British Electricity Society, però, fece leva sui costi dell'intera operazione e sottolineò che prima di intraprendere qualsiasi processo di quel tipo era necessario analizzare per bene tutte le considerazioni economiche.

Mentre le vittime sembravano già dimenticate, il governo tentennava davanti ai rischi prospettati dalla Società dell'energia elettrica. Diversi parlamentari invece colsero l'occasione per rilanciare precedenti tentativi – tutti bocciati – di regolamentare gli inquinanti presenti nell'aria di Londra. Dalla loro tenacia emerse il Clean Air Act.

Il Clean Air Act

Il Clean Air Act del 1956 fu una legge storica, nonché la prima di quel tipo. Conteneva diverse misure per la riduzione dell'inquinamento atmosferico nelle città, tra cui:

  • L'introduzione di "aree di controllo dei fumi" nei centri urbani, dove poteva essere bruciato solo carburante che emetteva poco fumo
  • L'introduzione del gas per alimentare il riscaldamento domestico
  • L'utilizzo, sempre per il riscaldamento domestico, di un carbone a basse emissioni di biossido di zolfo
  • L'imposizione da parte delle autorità locali di camini più efficienti, che riducessero al minimo le quantità di polveri sottili emesse
  • Il divieto per le fornaci di nuova costruzione di produrre fumo

L'impatto più importante che ebbe questa legge, però, fu sul dibattito pubblico. Per la prima volta si iniziò a parlare seriamente di salute pubblica e ci si chiese quale fosse la legittima sfera di intervento del governo allo scopo di proteggere quello che doveva essere un diritto di tutti i cittadini.

Credits photo: immagine di copertina "Fog at Westminster, London" di George Tsiagalakis da Wikipedia