
Ti sei mai chiesto se i prezzi dei beni alimentari che compri, come pasta o pane, siano regolati da accordi internazionali tra diversi Paesi? Se ti sei mai posto questa domanda, sappi che la risposta è sì. Per quanto riguarda i beni che ti ho appena citato, sappi che esiste un importante accordo firmato, purtroppo, per via del conflitto russo-ucraino: il Black Sea Grain Initiave.
Di cosa si tratta? Sostanzialmente è, come fa intendere il nome, un'iniziativa volta a garantire il trasporto sicuro di grano e di prodotti alimentari dai porti ucraini. Un accordo firmato, pensa, tra diversi Paesi nel 2022: Russia, Ucraina, Turchia e le Nazioni Unite.
Se non lo sapevi, l'Ucraina è il 7° produttore mondiale e il 6° esportatore con circa 21 milioni di tonnellate di grano. È chiamata "Il granaio d'Europa", perché la sua produzione vale il 15% del mercato mondiale del frumento.
Di recente si è tornati a parlare del Black Sea Grain Initiave perché sia la Polonia che l'Ungheria avevano annunciato uno stop all'importazione del grano ucraino. I motivi sono semplici e collegati fra di loro, anche se non necessariamente intuitivi: l'Ucraina e i Paesi firmatari dell'accordo fanno fatica a garantire le cosiddette solidarity lanes: corridoi per dare respiro all'economia ucraina.
In questo modo il Paese può esportare il grano, principale prodotto di export ucraino, verso il Medio Oriente e l'Africa, a causa della carenza di camion e treni merci. Così Kiev si vede quasi costretta a esportare il suo grano verso Paesi come Bulgaria, Polonia, Ungheria, Romania e Slovacchia.
Così facendo però, per una semplice regola economica, l'offerta elevata di grano ha portato a un calo dei prezzi. Per non sprecare il suo export, l'Ungheria lo sta esportando a prezzi più bassi di quelli che gli agricoltori locali possono sostenere, mettendoli in difficoltà. In questo scenario, i governi della Polonia, Slovacchia, Bulgaria e Ungheria, si sono mossi con delle decisioni unilaterali vietando temporaneamente l'ingresso del grano ucraino. In Polonia per esempio il Presidente del Consiglio Mateusz Morawiecki, pur mantenendo l'alleanza con Kiev ha deciso procedere con uno stop temporaneo al grano.
La decisione non è stata vista di buon occhio dall'Unione Europea. Per l'UE infatti "la politica commerciale è competenza esclusiva dell'Ue e azioni unilaterali non sono accettabili". Inoltre, il Commissario europeo per l'agricoltura e lo sviluppo rurale è già intervenuto in aiuto degli agricoltori europei. Lo ha fatto sapere sui suoi social, spiegando cosa sta facendo lui e la Commissione UE in tre punti:
Per sostenere l’attività agricola a seguito del conflitto russo-ucraino, l'UE nel 2022 ha poi sospeso i dazi doganali sui prodotti agroalimentari in arrivo dall’Ucraina fino a giugno 2023, ma una proposta di proroga fino a giugno 2024 è già stata inviata al Parlamento e al Consiglio europei.
La questione non passa inosservata anche in Italia, a tal punto che Confagricoltura, in un comunicato, ha affermato che "Le decisioni unilaterali degli Stati membri sono sempre contrarie alle regole dell’Unione, ma l’impatto determinato dallo straordinario aumento delle importazioni dall’Ucraina sull’agricoltura negli Stati membri confinanti richiede la massima attenzione".
Il tema quindi è quello della sicurezza alimentare, che diventa centrale per l'Unione Europea, dal momento che sono in ballo attualmente tre scenari:
-La Russia sta cercando di forzare l'Unione europea concedendo una proroga di 120 giorni per l'accordo sul grano, sperando di ottenere lo stop alle sanzioni per gli "oligarchi dell'ammoniaca", che come segnala l'ISPI, è "una componente essenziale dei fertilizzanti industriali utilizzati per aumentare la produttività dei terreni agricoli in moltissimi Paesi in via di sviluppo".
-Nei porti ucraini del Mar Nero sono bloccati attualmente 22 milioni di tonnellate di grano, questo non permette che i Paesi a rischio carestia in Medio Oriente e in Africa Orientale possano rifornirsi
-La Cina, che dal 2021 sta stoccando grano tanto che alcuni studi ipotizzano che il Paese sia in possesso di una quota che arriva fino al 60% delle riserve mondiali di grano.