Crisi idrica: la dissalazione a confronto nel mondo e in Italia

Trattare l’acqua salata o salmastra può aiutare quei territori dove si hanno difficoltà a reperire l’acqua per i bisogni primari.
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Andrea Di Piazza Geologo specializzato in Green Management
18 Marzo 2023 * ultima modifica il 18/03/2023

La scarsità d’acqua è un effetto combinato tra il clima che cambia, lo stato delle infrastrutture e una crescente domanda di “oro blu”, così necessario per la vita di tutti gli esseri viventi.

Gli approcci convenzionali di gestione delle risorse idriche, come la captazione di acque sotterranee, la realizzazione di grandi invasi o il miglioramento delle infrastrutture, sono sempre necessari ma non sembrano essere sufficienti a soddisfare le esigenze umane.

Un contributo significativo alla carenza di risorsa idrica, nelle zone in cui non risulta esserci un'alternativa, può essere dato dalla dissalazione, una tecnologia che in alcune zone del mondo come la vicina Spagna, ha consentito lo sviluppo di attività irrigue e industriali di una certa rilevanza in territori in cui, precedentemente, si avevano enormi difficoltà a reperire l’acqua persino per i bisogni primari. Vediamo di che si tratta.

Le tecnologie in uso

Il processo della dissalazione prevede la rimozione della frazione salina dalle acque di mare o da acque di falda cosiddette “salmastre”.

Gli impianti che trattano queste acque sono appunto i dissalatori che possono impiegare svariate tecnologie o essere una combinazione di queste. Le principali vengono elencate in seguito:

  • Osmosi inversa: sistema basato sulla rimozione del sale dall’acqua attraverso il principio dell’osmosi sviluppato lungo una serie di membrane semipermeabili che catturano gli elementi;
  • Elettrodialisi: impianti di questo tipo sfruttano delle membrane ionizzate che rimuovono il sale dall’acqua trattata;
  • Nanofiltrazione: tecnologia sempre a membrana che viene generalmente impiegata nel trattamento di acque a basso contenuto salino;
  • Dissalazione termica: questi impianti impiegano il calore per fare evaporare e condensare l’acqua di mare con il fine di renderla utilizzabile per gli usi civili. Tra queste tecnologie vi sono la “Dissalazione ad effetti multipli” (Multi effect evaporation desalination, MED) e la “Dissalazione flash a stadi multipli” (Multi-stage flash desalination, MSF).

Le tecnologie elencate differiscono sensibilmente per energia consumata e quantità di output di processo. Ad oggi, l'osmosi inversa è una delle tecnologie meno energivore e più "green", in quanto non utilizza sorgenti di calore per il trattamento dell'acqua di mare e non utilizza sostanze chimiche nocive per la salute o per l'ambiente.

La dissalazione nel Mondo

Nel 2019 erano circa 16mila gli impianti di dissalazione installati a livello globale per una produzione giornaliera di circa 95 milioni di metri cubi d’acqua, l’equivalente di 38mila piscine olimpioniche.

Il 48% di questi impianti si trova nei Paesi del Medio Oriente e in Nord Africa, che ospitano gli interventi più grandi: tra questi bisogna citare l’impianto a servizio della città di Jubail in Arabia Saudita, che con 1 milione di metri cubi d’acqua al giorno è il più grande al Mondo, segue in Israele l’impianto di Palmachim (625mila metri cubi d’acqua al giorno) e Jedda, sempre in Arabia (circa 600mila metri cubi d’acqua al giorno).

Non solo le grandi città del deserto come Doha e Dubai, ma anche località costiere in climi temperati come Sydney, Perth e Adelaide in Australia, Algeri in Algeria o in climi tropicali come Chennah in India, sono servite quotidianamente da impianti di dissalazione che pompano nelle reti milioni di metri cubi di acqua da utilizzare anche a fini idropotabili, risparmiando le falde acquifere. E in Europa?

Localizzazione dei dissalatori nel mondo. Immagine tratta da Jones et al., 2019 – The state of desalination and brine production: A global outlook

Il mercato europeo

Secondo gli ultimi dati disponibili, a gennaio 2021, in Europa erano in funzione 2.309 impianti per una produzione complessiva di 9,2 milioni di metri cubi al giorno di acqua desalinizzata (oltre 3 miliardi di metri cubi all’anno), che si traduce in circa il 9% della capacità installata a livello mondiale.

Un parco impianti che si è espanso considerevolmente tra il 2000 ed il 2009, con la costruzione di grandi strutture soprattutto in aree metropolitane (es. Barcellona, con un impianto che riesce a dare acqua potabile a circa 5 milioni di abitanti), mentre il periodo tra il 2010 ed il 2019 ha visto la realizzazione di progetti di piccola o media taglia.

Il 65% di questi impianti si trova lungo le coste dei paesi europei, la restante quota è relativa ad impianti dislocati in zone interne che trattano acqua salmastra presente negli acquiferi locali.

La maggior parte della capacità installata si trova in Spagna (oltre il 65%; la quasi totalità dell’acqua nelle reti di distribuzione di alcune delle Isole Canarie è ottenuta grazie alla dissalazione), paese che detiene anche il 6% circa della capacità mondiale, mentre il resto è distribuito tra Italia (7,5%), Francia (3,5%) e le isole di Cipro (3,4%) e Malta (2,9%). Diversi invece i dati sull’utilizzo della dissalazione per uso potabile. Se l’acqua in distribuzione a Cipro e Malta proviene, rispettivamente, per il 95% e per il 58% dalla dissalazione, l’acqua spagnola desalinizzata corrisponde solo al 9% del totale nazionale, mentre in Grecia il valore scende al 2%. A livello europeo, l’Italia è fanalino di coda con solo lo 0,1%.

Gli impianti italiani

Gli impianti realizzati finora nel nostro Paese sono di piccole o medie dimensioni e sono localizzati essenzialmente nelle isole minori (es. Lampedusa, Ustica, Ventotene).

Proprio alle isole italiane, tramite la linea di intervento 3.1 “Isole Verdi” del PNRR, che prevede il finanziamento di progetti per la loro transizione ecologica ed energetica, sono stati assegnati circa 22 milioni di euro per la realizzazione di impianti di dissalazione.

Nello specifico circa l’80% degli interventi è andato alle isole siciliane, con gli interventi più importanti previsti nelle isole più lontane dalla costa, nello specifico Lampedusa (finanziati 5,4 milioni di euro), Linosa (2,4 milioni di euro), Panarea e Stromboli (circa 2,3 milioni di euro a testa).

Non solo impianti nelle isole ma anche su "terraferma". La linea di investimento 4.1 del PNRR, dedicata a nuove infrastrutture idriche, ha previsto infatti il finanziamento del dissalatore che provvederà a rendere potabili le acque della Sorgente Tara in Puglia, permettendo così di immettere in rete acqua potabile per circa 200mila abitanti.

Ma quali sono i vantaggi e gli svantaggi della dissalazione?

Vantaggi e svantaggi

Come osservato in precedenza, complice anche la riduzione dei costi, la realizzazione di impianti di questo tipo sulle isole è di gran lunga l’opzione migliore per distribuire acqua a cittadini e turisti.

Un vantaggio non solo economico (il costo dell'acqua desalinizzata è di gran lunga inferiore a quello dell'acqua trasportata via nave), ma anche e soprattutto ambientale: basta considerare che le navi cisterna viaggiano a nafta, quindi realizzare impianti sulle isole ridurrebbe drasticamente o azzererebbe il trasporto e la relativa immissione di gas climalteranti in atmosfera.

I costi di capitale e operativi legati a questi impianti comunque dipendono da tutta una serie di fattori legati alla dimensione dell’opera, al tipo di tecnologia utilizzata e alla salinità dell’acqua trattata.

Le tecnologie meno efficienti e più energivore, potrebbero oggi essere sfavorite a causa della crisi energetica in atto che sta determinando un continuo aumento dei prezzi.

La ricerca da questo punto di vista sta lavorando per migliorare sempre di più l’efficienza energetica e la riduzione degli output di processo.

Il settore deve infatti ancora migliorare l’aspetto della sostenibilità, decarbonizzando la fonte energetica di approvvigionamento (è necessario realizzare impianti che si alimentino con fonti di energia rinnovabile come il solare) e mitigando l’impatto delle brine che si producono, d’accordo con le politiche europee in merito come la Strategia UE per la Biodiversità e il Piano Europeo Zero Inquinamento.

La sfida per impianti più sostenibili

Una delle sfide più importanti della dissalazione è infatti quella di trovare una soluzione sostenibile, sia da un punto di vista ambientale che economico, allo smaltimento del concentrato ipersalino che si ottiene a fine trattamento, la cosiddetta “salamoia”.

Nel mondo oggi si producono circa 140 milioni di metri cubi al giorno di salamoia, di cui il 55% viene prodotto da Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Kuwait e Qatar e principalmente da impianti termici (gli impianti ad osmosi inversa producono quantitativi di gran lunga inferiori).

Il residuo viene generalmente restituito al mare o iniettato in pozzi profondi, in entrambi i casi una soluzione che può alterare l’equilibrio dell’ambiente marino e in particolar modo della vita bentonica, visto che tra i prodotti contenuti vi sono rame, cloro ed altri anti-incrostanti che si disperdono nel mare ed entrano nella catena alimentare degli organismi.

Ad oggi comunque sono allo studio varie tecnologie per trattare la salamoia con il fine di estrarre sostanze chimiche che poi possono essere utilizzate in altri campi e settori: ad esempio la soda caustica o l'acido cloridrico.

È necessario quindi investire ancora in ricerca e sviluppo per rendere gli impianti sempre più efficienti tecnologicamente e per migliorare la gestione delle salamoie.

Dopo una laurea in Geologia ed un dottorato di ricerca presso l'Università degli Studi Roma Tre, ha lavorato come ricercatore presso altro…