Dietro le crescenti violenze in Nigeria ci sono siccità, desertificazione e crisi climatica

Mancanza d’acqua e siccità divenute ormai endemiche hanno esarcerbato gli scontri tra pastori Fulani e agricoltori. Solo in un secondo momento le violenze hanno assunto i connotati di un conflitto etnico religioso. Il problema su cui dovremmo davvero concentrarci è il cambiamento climatico e le soluzioni per mitigare le sue conseguenze più gravi.
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Giulia Dallagiovanna 6 Giugno 2022

Il 5 giugno in Nigeria sono morte decine di persone, probabilmente tra le 20 e le 50, durante un attacco contro una chiesa cattolica. L'edificio era pieno di fedeli che stavano partecipando alla messa in occasione della domenica di Pentecoste. Le notizie che arrivano al momento sono ancora parziali e non possiamo quindi avere un numero preciso delle vittime e dei feriti, dei quali molti in gravi condizioni e alcuni forse già deceduti in ospedale. Poiché l'attentato è avvenuto in un luogo di culto, il movente è parso subito essere quello religioso e riferito in particolare agli scontri che proseguono almeno da decenni tra pastori Fulani, di fede musulmana, e agricoltori cristiani. In realtà questa è solo la superficie di un problema che affonda le sue radici nella crisi climatica, nell'avanzare della desertificazione e in una sempre più grave carenza d'acqua.

Nel 2017, una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU sulla pace e la sicurezza in Africa riconosceva proprio i cambiamenti climatici come catalizzatore per i conflitti. Quello tra pastori Fulani nomadi e agricoltori stanziali, in particolare, è cominciato più di 15 anni fa, interrompendo una situazione di equilibrio e di convivenza pacifica tra i due gruppi. Secondo un'indagine dell'International Crisis Group di Bruxelles, l'origine è da ricercarsi nella progressiva desertificazione che sta interessando la Nigeria e specialmente le regioni più a nord, al confine con l'area del Sahel.

Nel 2017 l'ONU ha riconosciuto i cambiamenti climatici come catalizzatori dei conflitti in Africa

I pascoli si riducono, l'acqua è sempre più scarsa e i pastori non sanno come nutrire gli animali. A questa situazione, si aggiunge il prosciugamento del Lago Ciad, nel nord-est del Paese. Negli anni '70 era la sesta fonte di acqua dolce del Pianeta. A causa delle precipitazioni estremamente ridotte e dell'aumento delle temperature, dei suoi 25mila chilometri quadrati oggi ne sono rimasti appena 1.300, almeno durante la stagione secca. Ed è un trend destinato a peggiorare.

I pastori quindi si spingono sempre più a sud per cercare terre verdi in cui far pascolare le mandrie. Uno spostamento che oggi non è più legato alle stagioni come avveniva in passato, ma che è andato intensificandosi, finendo per invadere i campi coltivati dagli agricoltori, che si sono trovati raccolti saccheggiati e terreni distrutti. Come rappresaglia, questi ultimi hanno iniziato a rubare capi di bestiame e hanno istituito gruppi di vigilanti armati, che però agiscono con sempre maggiore autonomia, provocando nuove ondate di violenza da parte dei pastori. I conflitti, che hanno poi assunto anche connotati etnici e religiosi, si sono intensificati soprattutto nell'area centrale del Paese, negli stati di Adamawa, Benue, Nasarawa, Plateau e Taraba. Al 2018 avevano già causato almeno 300mila sfollati e circa 4mila vittime in tre anni, come riporta Amnesty International.

Nel frattempo, la siccità non ha dato tregua. Secondo l'Osservatorio ANBI, la disponibilità d'acqua in alcune aree del continente è arrivata a calare del 30% in soli tre anni. I dati dell'OCHA (Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari Umanitari) parlano di 40 milioni di persone sotto la soglia di sopravvivenza. I Paesi interessati sono almeno 8 e tra questi ci sono anche Ciad, Niger e, appunto, Nigeria. Ad aggravare ulteriormente la situazione ci si è poi messa la guerra in Europa: l'Africa dipende da Russia e Ucraina per l'80% delle esportazioni di grano.

Questo è il quadro in cui deve essere inserito l'ultimo attacco che si è verificato ieri e che contiene una novità: la chiesa in questione è quella di San Francesco a Owo, nello Stato di Ondo, abitato per la maggior parte dalla popolazione cristiana degli Yoruba. Agricoltori. Secondo Marco Trovato, direttore editoriale di Rivista Africa, si tratta di una zona da sempre ritenuta tranquilla, anche perché non lontana da Lagos, la capitale economica della Nigeria. E, aggiunge, non andrebbe letto semplicemente come un attacco contro i cristiani.

A guardare il contesto, sembrerebbe piuttosto che i mandriani Fulani si stiano spingendo ancora più a sud. E infatti secondo l'associazione Afenifere, un'organizzazione socio-culturale per il popolo Yoruba, il bersaglio sarebbe stato il governatore dello stato di Ondo, Oluwarotimi Akeredolu, accusato di aver fatto rispettare in modo troppo rigoroso "la legge sul pascolo aperto".

Un problema che prosegue almeno da gennaio 2018, quando il cardinale John Olorunfemi Onaiyekan, arciverscovo della capitale Abuja, aveva commentato una serie di attentati avvenuti nel Paese con parole molto chiare: “Si pensa che la ragione principale abbia a che fare con il clima. Infatti, a causa del clima che sta cambiando tutta la regione del nord della Nigeria si è inaridita e dove i pastori avevano i loro pascoli non c’è più erba da mangiare e allora si spostano sempre al sud. E portando gli animali al sud incontrano i contadini che hanno i loro campi e gli animali entrano nei campi, mangiano le piante dei contadini e così cominciano i problemi. Alle volte i contadini si arrabbiano e uccidono gli animali, i pastori tornano e uccidono i contadini. Ora il fatto è che i pastori sono per la grande maggioranza musulmana e i contadini sono per la grande maggioranza cristiani e la cosa assume l’aspetto di ‘i cristiani che uccidono i musulmani e viceversa'. Mentre questo non ha veramente niente a che fare con la religione".

La crisi climatica è anche il combustibile della radicalizzazione, con i giovani che non hanno più lavoro né mezzi di sussistenza e diventano facile preda della propaganda di Boko Haram o di altri gruppi estremisti. Lo aveva ammesso lo stesso presidente della Nigeria, Muhammadu Buhari, di etnia fulana e oggi accusato di non fare abbastanza per contenere le violenze dei pastori e risolvere il conflitto.

Il Sahara avanza: in un solo secolo, la sua superficie è aumentata del 10%. Secondo il Ministero dell'Ambiente nigeriano, il più vasto deserto caldo della Terra si mangia 600 metri di territorio nazionale ogni anno. La siccità non dà tregua, la popolazione cresce e oggi il Paese è in preda a una gravissima crisi alimentare. La corruzione diffusa e la malagestione delle risorse da parte del governo non aiutano. Nel frattempo, secondo Alessandro Monteduro, della fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa (Acs), la caduta di Gheddafi ha reso accessibile una quantità elevata di armi e oggi i pastori Fulani imbracciano fucili Ak47. Dovremo quindi aspettarci sempre più attacchi di questo tipo. Ma dovremo anche ricordarci che la ragione è la crisi climatica.