Dobbiamo agire, perché lo scioglimento della Groenlandia va a ritmi mai visti negli ultimi 12 mila anni

Per limitare gli impatti ambientali e ridurre quanto prima le emissioni di gas ad effetto serra, un gruppo di ricercatori dell’Università statunitense di Buffalo suggeriscono che, a partire dalla popolazione americana, il mondo intero dovrebbe sottostare a una “dieta energetica”: altrimenti la calotta glaciale della Groenlandia rischia di sciogliersi a velocità ai viste.
Entra nel nuovo canale WhatsApp di Ohga
Kevin Ben Alì Zinati 8 Ottobre 2020

Una dieta energetica. È ciò che deve fare l’uomo per provare a salvare la Groenlandia. Dobbiamo ridurre drasticamente le emissioni di gas a effetto serra prodotte dalle attività industriali altrimenti i suoi ghiacci si scioglieranno ad una velocità mai vista negli ultimi 12mila anni. L’Università di Buffalo ha lanciato l’allarme su Nature, dove è stato pubblicato lo studio dei ricercatori che, attraverso simulazioni della calotta glaciale per comprenderne il passato e il presente, hanno previsto anche il drammatico futuro che l’aspetterebbe se non la smettiamo di alterare il nostro pianeta.

Previsioni nere

Il destino della Groenlandia sta correndo velocissimo verso un punto di non ritorno. I ricercatori dell’Università di Buffalo hanno utilizzato delle ricostruzioni del clima antico e dati moderni per creare una modellazione della “vita” della sua calotta glaciale partendo dall'inizio dell'epoca dell’Olocene, quindi circa 12mila anni fa, e arrivando fino al 2100. E i risultati a cui sono giunti ci mettono di fronte all’ennesimo muro: le nostre attività stanno impattando in maniera drastica sul pianeta. Il tasso di perdita del ghiaccio della Groenlandia, in questo secolo, è destinato a superare quello di qualsiasi secolo dall’Olocene.

I ricercatori hanno previsto due scenari. Uno in cui il mondo rallenta e si impegna a seguire quella che definiscono una “dieta energetica” massiccia che porterebbe il tasso di perdita della calotta glaciale a livelli solo leggermente superiori a quelli già visti in questi ultimi 12mila anni. Un altro, invece, in cui le emissioni non diminuiranno ma anzi aumenteranno: in questo caso il tasso di ghiacci perso salirebbe di quattro volte oltre i valori più alti sperimentati.

Il messaggio è chiaro e secondo gli autori deve essere recepito in particolare dalla popolazione americana: negli Stati Uniti viene consumata, scrivono, più energia pro capite rispetto a qualsiasi altra nazione al mondo con una la più alta produzione di CO2 al mondo. “Gli americani più ricchi, che hanno l'impronta energetica più elevata, possono permettersi di apportare cambiamenti allo stile di vita, volare meno, installare pannelli solari e guidare un veicolo a basso consumo energetico”. Una dieta energetica, insomma, che dagli Usa arrivi però a tutto il mondo.