“È in corso una crisi climatica, ma possiamo ancora risolverla”. Intervista a Giovanni Mori, ingegnere ambientale e attivista Fridays for Future

L’urgenza di risolvere la crisi climatica in corso non deve farci dimenticare che le soluzioni ci sono. Serve però la volontà politica di applicarle, e per questo campagne di sensibilizzazione della cittadinanza e attivismo possono essere elementi importanti per combattere il global warming e realizzare la transizione ecologica. Ne abbiamo parlato con Giovanni Mori, ingegnere ambientale e attivista di Fridays for Future.
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Michele Mastandrea 27 Aprile 2022

La crisi climatica è una realtà. Un'evidenza incontrovertibile. Lo dicono centinaia di rapporti scientifici, lo dimostrano gli eventi estremi che in tutto il mondo rappresentano gli effetti del Climate Change. Ma essere catastrofisti non serve: meglio pensare al fatto che ci sono le soluzioni per invertire la rotta. Non solo puntare sull'energia rinnovabile e sulla rivoluzione della mobilità in senso elettrico, ma anche pensare un diverso rapporto con i nostri territori, con l'ambiente che ci circonda.

Fondamentale dunque educare la cittadinanza, attraverso campagne di sensibilizzazione, presentando opportunità efficaci e fattibili di azione. Di tutto questo Giovanni Mori (ingegnere ambientale, attivista di Fridays for Future e consulente della onlus Save The Planet) parlerà a Verde Giffoni – Youth for the present. L'evento è in programma a Giffoni Vallepiana, in provincia di Salerno, dal prossimo 27 al 30 aprile. Abbiamo intervistato Mori per approfondire alcuni temi del dibattito a cui parteciperà.

Mori, come si può parlare in maniera efficace di emergenza climatica?

Il discorso fondamentale sembra banale, ma non lo è. È vero che siamo in piena crisi climatica, ma è anche vero che abbiamo tutte le soluzioni per risolvere questa crisi. Lo si afferma anche nell'ultimo Rapporto Ipcc, che andrebbe spiegato più facilmente, come tutti gli argomenti legati ai cambiamenti climatici. Spesso quando si parla di crisi climatica si fa confusione tra clima, inquinamento, emissioni…io trovo importante iniziare prima a parlare bene dei temi, per poi avere una base di confronto. Specialmente quando se ne discute con giovani e giovanissimi, proprio quella generazione che sarà colpita da eventi estremi tra le 5 e le 7 volte in più dei loro genitori, a seconda di cosa farà il mondo della politica. Questo è importante, bisogna capire cosa c'è in ballo. Non per deprimersi, ma per agire. Ripeto, conosciamo tutte le soluzioni per uscire da questa crisi.

Uno dei temi cruciali è la raccolta differenziata, l'economia circolare, che avete affrontato anche nella campagna ‘iolabuttolì' di Save The Planet.

La campagna era la punta dell'iceberg di tutto un percorso fatto con Save The Planet e numerosi talent e influencer. Siamo partiti dalla raccolta dei piccoli rifiuti che si trovano nei nostri territori urbani. Per affermare che è anche a partire da quello che si inizia a prendersi cura dell'ambiente, che si inizia a capire come non sia una ‘cosa altra' rispetto a noi. La campagna voleva spiegare come non sia faticoso prendersi cura dell'ambiente. È significativo come molti studi affermino che i rifiuti più odiati dalle persone sono quelli che si trovano in aree incontaminate. Mentre nelle città, ormai, è come se ci fossimo abituati ad averli. Questo non va bene, ed è dovere anche nostro invertire questa visione della cosa.

Ma come le nostre città come possono trasformarsi, per provare a essere davvero ‘sostenibili'?

Nella nostra campagna ‘Sustainable cities‘, iniziata nel 2019, siamo partiti dai dati raccolti da Save the Planet su 20 città. Si tratta di tanti indicatori, che vanno oltre quelli classici. Si vedeva così quali erano gli aspetti su cui si poteva intervenire: non per poi fare una classifica di città buone e cattive, ma per migliorare le varie realtà. Questi indici riguardavano le emissioni pro capite nelle città, ad esempio. Come risultati, abbiamo sottolineato l'importanza delle aree verdi, di miglioramenti nella mobilità, del creare maggiore spazio a disposizione delle persone, dell'efficienza energetica, delle rinnovabili. Tutte cose che oltre a essere utili per la transizione ecologica, assicurano anche risparmi in bolletta e dunque guadagni per i territori. L'idea della campagna era far capire che agire è vantaggioso per i territori stessi: non solo per le grandi città, ma anche per le piccole comunità.

Ma nel frattempo l'Italia sembra puntare ancora molto sul gas, per quanto sulla spinta della guerra in Ucraina.

È come se il piano energetico italiano sia pensato più per soddisfare le aziende energetiche italiane che i suoi cittadini. Già nel 2017 puntare nel gas era senza senso, ora proseguiamo su questa strada: passiamo da una dipendenza all'altra, invece di puntare su rinnovabili e efficienza energetica, su politiche che facciano anche risparmiare le persone. Questa era l'occasione giusta per fare il passaggio che dovevamo fare da anni, e che ci avrebbe permesso di non trovarci in questa situazione.

C'è chi dice però che non fosse possibile fare altrimenti. Lei cosa ne pensa?

È chiaro che nel breve periodo abbiamo bisogno di energia. Il punto sulle attuali politiche energetiche, però, dipende dalle quantità in gioco e dagli ordini temporali. Sul breve periodo è ovvio che non si può agire tagliando tutto il gas. Il problema qui sono gli investimenti nuovi: l'unica cosa che non dovremmo fare è estrarre di più, facendo nuovi investimenti per nuove estrazioni. Puntare su rinnovabili e risparmio energetico potrebbe aiutarci entro l'anno a coprire i volumi ulteriori di gas che arrivano ad esempio dall'Algeria. Non ha senso fare contratti di importazione con altri Paesi che poi dureranno per lungo tempo. Come non ha senso puntare sui rigassificatori per portare il Gnl estratto negli Stati Uniti, che è ancora più impattante. Qui, ripeto, si scambia solo una dipendenza con un'altra.