
In questi ultimi mesi del 2022 i disastri climatici stanno mettendo a rischio non solo la vita interi Paesi, ma anche la possibilità per le popolazioni locali di assicurarsi beni di prima necessità come il cibo.
Questo è ciò che riporta la FAO in uno dei suoi ultimi report. Secondo l'ente infatti, "circa 193 milioni di persone sono state esposte al rischio di insicurezza alimentare acuta a livelli critici o peggiori (fasi 3-5 dell’IPC/CH) in 53 paesi o territori".
Intervenire sulle cause profondo che si celano dietro alle crisi alimentari è l'unica soluzione per contrastare le disuguaglianze e il cambiamento climatico.
Oltre ai fattori ambientali, nel 2022 i prezzi dei prodotti alimentari hanno subito un'impennata su scala globale. Lì dove nei Paesi occidentali ancora non ci si fa nessuno scrupolo nel buttare o meno un cibo in scadenza, aumentano sempre più rapidamente i Paesi in cui la fame e la povertà mettono a dura prova l'esistenza di alcuni Paesi.
Si tratta di un tema che abbiamo già approfondito diverse volte, e che parte da un assunto: attualmente la Terra a livello alimentare non produce meno prodotti di quanti ce ne servono. Al contrario, siamo noi a non saper gestire quest'enorme quantità di cibo.
Se da una parte si combatte nel mondo per raggiungere l'obiettivo "Fame Zero" entro il 2030, dall'altra, in Medio Oriente e nel Nord Africa (MENA) la povertà e la fame continuano ad aumentare. Tra le cause: fenomeni ambientali, mala organizzazione delle catene di produzione e il crescere dei conflitti. Chiaramente, come puoi immaginare, la crisi russo-ucraina ha peggiorato lo scenario a livello mondiale.
Alcuni Paesi come lo Yemen dipendono totalmente dall'importazione di alimenti come il grano e l'olio di quelle zone. L'aumento dei prezzi ha riguardato anche i fertilizzanti, e i disastri ambientali hanno peggiorato le situazioni a livello locale. Per questo motivo è fondamentale che i Paesi più sviluppati tornino a parlare di assistenza umanitaria.
È in questo contesto che si inserisce l'attività del World Food Programme, la principale organizzazione umanitaria e agenzia delle Nazioni Unite. Secondo l'organizzazione infatti, "entro il 2030 le importazioni di cereali in Paesi come Egitto, Iraq e Giordania aumenteranno del 20% o più". E senza delle soluzioni a lungo termine, le politiche agricole locali tradizionali subiranno un crollo.
Nella regione MENA, che si estende dal Marocco e attraversa la fascia nord-occidentale dell'Africa , fino all'Iran, il PAM ha introdotto dei pannelli fotovoltaici e metodi agricoli collaudati per sviluppare le conoscenze e l'esperienza degli agricoltori, rendendoli in grado di affrontare la crisi climatica.
Così facendo i contadini riescono a risparmiare denaro, rendere più efficiente l'uso dell'acqua e sostenersi. Devi sapere infatti che la regione MENA è una delle più aride al mondo.
E lo stesso sta accadendo in Iraq, Egitto, Palestina e Libia, dove il Programma alimentare mondiale (PAM) permette loro, grazie all'installazione di pannelli solari, di migliorare l'accesso all'acqua e ridurre i costi del carburante per i piccoli agricoltori.
Secondo gli ultimi dati del PAM, i progetti di adattamento al cambiamento climatico del PAM in Egitto "hanno migliorato la gestione della terra e dell'acqua di oltre 10.000 acri. La produttività dei terreni è aumentata del 40%, i costi dei fattori di produzione si sono ridotti del 25-40% e le perdite di raccolto sono diminuite di quasi il 50%".
Per questo motivo è necessario non solo lavorare ai finanziamenti per il Loss and Damage, dal momento che i Paesi sviluppati hanno accelerato il riscaldamento globale.