Energia eolica in Italia: a che punto siamo?

Per combattere gli effetti del cambiamento climatico, non possiamo prescindere da una rivoluzione energetica e dall’impiego integrale delle fonti rinnovabili. Tra queste, quella proveniente dal vento. Proviamo a vedere come siamo messi con l’eolico.
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Gianluca Cedolin 13 Febbraio 2020

Sono ormai un po’ di anni che sta diventando normale vedere, viaggiando per l’Italia e per l’Europa, delle distese di turbine eoliche, quelle costruzioni con tre pale giganti capaci di trasformare l’energia cinetica del vento in energia elettrica. Possono piacerti o no dal punto di vista architettonico e paesaggistico (a me, personalmente, non dispiacciono), ma in ogni caso dovrai abituarti a (sperare di) vederle crescere in numero.

Secondo il piano nazionale integrato energia e clima, l’Italia deve installare 40 gigawatt di nuovi impianti alimentati con fonti rinnovabili entro il 2030. L’obiettivo, ambizioso ma obbligatorio vista la crisi climatica, sarebbe quello di raggiungere entro il 2050 il 100% di energia rinnovabile. E in questo 100%, il vento deve recitare una parte importante, al pari del sole, dell’energia idroelettica e delle biomasse. A che punto siamo, quindi, con l’eolico in Italia?

La quota di energia eolica

Proviamo a dare un po' i numeri: secondo un recente report di Terna, un operatore che gestisce le reti per la trasmissione dell'energia elettrica nazionale, da novembre 2018 allo stesso mese del 2019 la produzione di eolico ha registrato un +12,6%, la migliore come crescita tra le fonti rinnovabili. Con i suoi 17,6 TWh (terawattora), l’eolico copre il 6% della richiesta energetica nazionale; nel novembre 2018 era il 5,3%. Si fanno passi avanti, ma non sufficienti: per dire, nel 2018 il 47% dell’energia consumata dalla Danimarca proveniva dal vento.

Al primo gennaio 2019 avevamo in Italia 5.645 impianti eolici (la maggior parte concentrata nelle regioni del Sud, con la Puglia in testa per potenza), e nel 2018 per la prima volta abbiamo superato i 10 GW di produzione: un dato che, entro il 2030, deve raddoppiare. La Gran Bretagna produce 20 GW dall’eolico adesso. Insomma, come avrai capito, stiamo migliorando ma abbiamo ancora tanto da fare.

L’eolico offshore: un rebus

Per ora in Italia le turbine sono tutte montate sulla terra: ne puoi vedere molte se viaggi sulle strade della Puglia, per esempio. Ma in molti stati europei e del mondo ci sono tantissimi impianti cosiddetti offshore, vale a dire costruiti in mare: grazie alle condizioni del vento, la produzione di queste turbine risulta mediamente superiore del 30% rispetto a quella degli impianti onshore (quelli a terra).

Nel 2018 in Europa sono stati installati 3,6 GW di eolico offshore, dei quali 1,7 in Gran Bretagna, che oggi genera il 6-7% dell’energia totale dalle pale in mare, ma vuole arrivare al 30% in dieci anni. In Italia, invece, da questo punto di vista siamo a zero. Come ha spiegato l’ingegnere Alex Sorokin, in uno scenario energetico al 100% rinnovabile, il parco eolico italiano dovrebbe avere una potenza di circa 50 GW, il quintuplo di quella attuale: sarebbe quasi impossibile concentrarla tutta sulla terra ferma. Circondata dal mare, l’Italia deve necessariamente puntare sull’offshore (l’obiettivo del piano nazionale integrato sarebbe arrivare a 900 MW di questo tipo nel 2030).

Ma qui sorge un problema: i nostri mari sono profondi anche 2-3mila metri (in Danimarca, Germania e Gran Bretagna hanno fondali di 20-50 metri), per cui dovremmo per forza montare impianti eolici offshore galleggianti o flottanti, a 20-40 chilometri dalle nostre coste. Una tecnologia oggi avanzata e funzionante (in Scozia, per esempio, hanno un impianto con 5 turbine da 30 MW in tutto), ma abbastanza costosa e complicata. E poi, come ben sai, in Italia le iniziative spesso sono bloccate da iter burocratici eterni. Lo scorso 30 agosto, a dieci anni dalla sua ideazione, il Consiglio di giustizia siciliano ha bocciato il progetto di un impianto da 136 MW nel golfo di Gela. A breve dovrebbe, dopo molti rinvii, entrare finalmente in funzione un impianto flottante da 30 MW nel golfo di Taranto, chiamato Beleolico: un piccolo passo in una strada ancora lunga.