"ENI conosceva gli effetti delle fonti fossili sul clima fin dagli anni settanta", questo è ciò che affermano le due associazioni ambientaliste Greenpeace Italia e ReCommon, dopo aver pubblicato l'inchiesta che dimostrerebbe, attraverso dei documenti interni dell'azienda, che il colosso petrolifero sapeva delle conseguenze legate alla produzione di energia da combustibili fossili.
La notizia ricorda molto un avvenimento risalente all'inizio del 2023, quando a gennaio la società ExxonMobil era stata colpita da uno scandalo: era stato pubblicato uno studio con il quale gli autori hanno dimostrato che, all'interno di ExxonMobil, circolavano già documenti in cui i dirigenti avevano la piena consapevolezza delle proiezioni sul riscaldamento globale.
Secondo la ricerca infatti è emerso che "per anni Big Oil ha cercato di convincere l'opinione pubblica che non era possibile stabilire un nesso causale tra l'uso dei combustibili fossili e il riscaldamento climatico, perché i modelli utilizzati per proiettare il riscaldamento erano troppo incerti". Stiamo parlando dell'IPIECA, un’organizzazione fondata da diverse compagnie petrolifere internazionali (tra cui Eni), che ha dato modo a ExxonMobil, Total, Shell e altre Big Oil di coordinare “una campagna internazionale per contestare la scienza del clima e indebolire le politiche internazionali sul clima”.
E ora è il turno dell'Italia. Greenpeace IT e ReCommon hanno realizzato un rapporto effettuando un lavoro di ricerca durato mesi presso biblioteche e archivi della stessa ENI o di istituzioni scientifiche come il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR).
Il risultato è che le due associazioni ambientaliste hanno scoperto che ENI (all'epoca era un ente interamente pubblico), in diverse sue pubblicazioni risalenti agli anni Settanta e Ottanta "metteva in guardia sui possibili impatti distruttivi sul clima del pianeta derivanti dalla combustione delle fonti fossili".
In un comunicato diffuso da ENI in relazione alla causa avviata da Greenpeace e ReCommon contro l'azienda, il colosso petrolifero aveva annunciato di voler dimostrare in Tribunale "l’infondatezza dell’azione messa in campo e, per quanto necessario, la correttezza del proprio operato e della propria strategia di trasformazione e decarbonizzazione, che mette insieme e bilancia gli obiettivi imprescindibili della sostenibilità, della sicurezza energetica e della competitività del Paese".
Nell'introduzione di un rapporto di sintesi, conservato presso la Biblioteca Marconi del CNR di Roma, Greenpeace Italia e ReCommon hanno trovato un passaggio che dimostra come ENI ne fosse a conoscenza. In un passaggio del documento si evince che: "Ad esempio, l’anidride carbonica presente nell’atmosfera, secondo un recente rapporto del Segretario dell’ONU, data l’accresciuta utilizzazione di olii combustibili minerali, è aumentata nell’ultimo secolo del 10% in media nel mondo; verso il 2000 questo incremento potrebbe raggiunge- re il 25%, con conseguenze «catastrofiche» sul clima.". Il testo ricalca sostanzialmente un rapporto sullo stato dell’ambiente presentato nel 1965 alla Casa Bianca dal Comitato Scientifico Consultivo del Presidente degli Stati Uniti.