Forse il lupo è salvo, ma per la specie rimangono i pericoli della caccia e del bracconaggio

Scampato dal rischio di estinguersi intorno agli anni Settanta, oggi il lupo occupa almeno un quarto del territorio italiano, popolando le zone montuose dell’Appennino e delle Alpi occidentali e centro-orientali. Resta ancora il pericolo di azioni illegali come il bracconaggio, per cui è ancora impossibile abbassare la guardia.
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Gaia Cortese 6 Dicembre 2018

Dall’Appennino alle Alpi occidentali e centro-orientali, oggi la specie del lupo occupa almeno un quarto del territorio Nazionale. È quanto è emerso dal Convegno “Verso un piano nazionale di monitoraggio del lupo” organizzato dall'Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) a Roma i primi di dicembre. Se infatti negli anni Settanta la popolazione di lupi in Italia era ridotta a poche decine di esemplari, negli anni successivi è riuscita ad espandersi e a colonizzare quasi tutta la penisola.

Eppure il lupo è andato molto vicino al pericolo di estinzione. Considerato da sempre una specie pericolosa, il lupo è stato sterminato a lungo nell’Europa Centrale fino alla sua completa scomparsa nei primi decenni del Novecento: solo alcune popolazioni isolate erano riuscite a sopravvivere in alcune parti dell’Europa e in Italia.

Nel 1970, per salvare il lupo da un'estinzione praticamente certa, WWF e Parco Nazionale d'Abruzzo lanciano l'Operazione San Francesco, con l'obiettivo di favorire la coesistenza tra lupi e allevatori. Non solo l'operazione ottiene dei buoni risultati ma, anche grazie alla capacità di adattamento di questa specie ad habitat e climi diversi e alla prontezza nello spostarsi in caso di situazioni sfavorevoli per l'integrità o la sopravvivenza della specie, il lupo intraprende una naturale ripresa che lo porta a salvarsi dall'estinzione.

Decisamente fondamentali sono state anche alcune leggi di protezione, nazionali e internazionali, nei confronti dei lupi: nel 1971, per esempio, un Decreto Ministeriale reso definitivo nel 1976 ha cancellato il lupo dall’elenco delle specie nocive, vietandone la caccia e proibendo l’impiego di bocconi avvelenati per ucciderlo. Al Decreto Ministeriale è seguita un’altra legge, la 157/92, e a livello europeo la Convenzione di Berna del 1979, per cui il lupo è stato inserito nell’allegato II “specie strettamente protette” e la Direttiva Habitat 92/43 che, nell’allegato D considera i lupi come “specie di interesse comunitario che richiedono una protezione rigorosa”.

Il lupo è davvero completamente fuori pericolo? Non si direbbe. Ogni anno sono circa 300 gli esemplari che muoiono a causa dell'uomo, e almeno un lupo su due muore ancora per mano di bracconieri che fanno largo uso di trappole, esche avvelenate e lacci e non disdegnano le armi da fuoco. Non stupisce quindi che in Italia il 20% dei lupi muoia ancora a causa del bracconaggio e di incidenti stradali; e, come se non bastasse, nonostante altre specie di animali causino più danni agli allevamenti in confronto ai lupi, in molte zone d'Italia l'eccessiva prevenzione dell'uomo in tal senso mette spesso in pericolo questo animale. Infine, un altro rischio che corre il lupo è quello di perdere l'adattamento ecologico e comportamentale (a causa dell'ibridazione con i cani), caratteristica naturale che lo ha contraddistinto e aiutato nella ripresa della specie dopo gli anni Settanta. Insomma, in attesa che venga discusso e approvato il Piano di Gestione e Conservazione del lupo in Italia, non è possibile abbassare la guardia e il lupo deve rimanere una specie tutelata.

Fonti| Ispra, WWF