Fratture, frane e deformazioni: gli effetti sull’ambiente del terremoto turco-siriano

I grandi terremoti producono uno spettro di fenomeni primari e secondari che modificano definitivamente il paesaggio. L’esempio del terremoto turco-siriano.
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Andrea Di Piazza Geologo specializzato in Green Management
14 Febbraio 2023 * ultima modifica il 15/02/2023

Alle ore 4:17 del 6 febbraio 2023, ora locale (le 2:17 in Italia; ore 1:17 GMT), l’area di confine tra Turchia meridionale e Siria settentrionale è stata interessata da una fortissima scossa di terremoto che, stando all’AFAD (l’Autorità e la Presidenza di Gestione dei Disastri e delle Emergenze del Primo Ministro della Repubblica della Turchia), ha avuto una magnitudo momento pari a 7.9. Una scossa che è stata avvertita a grandissima distanza, fino in Israele, nel nord Iraq ed in Romania ed a cui sono seguiti oltre 2.000 terremoti, di cui il più forte è avvenuto alle ore 11:24 (ora italiana) del 7 febbraio ed ha avuto magnitudo 7.5. Queste due scosse principali sono state generate da due differenti segmenti di faglia (porzioni della crosta terrestre soggette a movimento reciproco) lungo i quali un intero pezzo della Turchia si è spostato istantaneamente verso ovest di circa 3-4 metri. Il valore  potrebbe sembrare contenuto, ma si tratta in realtà di uno spostamento spaventoso, considerato che il movimento si è propagato su una lunghezza simile alla distanza tra Roma e Palermo.

Lo spostamento è indice di una grande energia in gioco: ognuna delle due scosse principali ha rilasciato un quantitativo di energia pari a quella di un ordigno da 15 milioni di tonnellate di tritolo. Oltre ai pesantissimi danni alle infrastrutture ed al drammatico bilancio in termini di vite umane (nel momento in cui si scrive la CNN comunica che le vittime sono oltre 36.000, un numero purtroppo destinato a crescere nel tempo), infatti, i terremoti hanno lasciato profondi segni sulla superficie terrestre a testimonianza dell’enorme energia in gioco, cambiando il paesaggio del confine turco-siriano per sempre.

Fratture, frane e deformazioni

Una delle manifestazioni più evidenti del movimento relativo delle placche nella regione al confine Turchia – Siria è stata la propagazione di fratture superficiali che si sono irradiate per centinaia di km. Nel caso per esempio del segmento Gölbaşı-Türkoğlu della faglia Est Anatolica, è possibile seguire persino dal satellite una geometria di superficie pseduo-rettilinea che interseca strade, campi e ferrovie.

Laddove infrastrutture stradali o ferroviarie hanno attraversato le faglie sismogenetiche, infatti, sono evidenti gli effetti superficiali con dei dislocamenti che esprimono lo scorrimento relativo dei blocchi di faglia, in questo caso avvenuto in senso “trascorrente” (piano di frattura verticale e spostamento su piano orizzontale). Nel caso del sisma turco-siriano, gli spostamenti sono nell’ordine dei 3-4 metri. Impressionanti le deformazioni avvenute sulle rotaie di una ferrovia.

Il movimento della superficie ha poi chiaramente innescato delle frane che, specialmente nelle zone di frattura principali, hanno creato veri e propri canyon come nel caso delle campagne della provincia di Hatay, dove il campo di fratture ha uno sviluppo di circa 300 km, un’ampiezza di 200 m e una profondità di circa 30 m.

Gli effetti ambientali dei terremoti

Fagliazione e fratturazione superficiale, subsidenza, sollevamenti, sono questi gli effetti diretti dei terremoti, soprattutto quelli di grande magnitudo, che contribuiscono maggiormente a modificare l’aspetto della superficie terrestre e dunque del paesaggio. I movimenti della crosta tuttavia creano un ampio spettro di fenomeni secondari non meno impressionanti. Tra questi per esempio vi sono le frane, come anche osservato durante il terremoto turco-siriano, o la liquefazione del terreno: durante un forte sisma un terreno sabbioso saturo, quindi pieno d’acqua, riduce drammaticamente la sua resistenza al taglio comportandosi come una sorta di sabbia mobile o, a seconda della quantità d’acqua, un fluido. Un fenomeno pericolosissimo soprattutto per le strutture vicine. Anche in Turchia si sono osservati fenomeni di liquefazione del terreno, nella provincia di Hatay per esempio, tuttavia sono impressionanti le videoregistrazioni degli episodi osservati in concomitanza del grande terremoto del Tōhoku (Giappone; magnitudo momento 9.1) del 2011.

I terremoti possono inoltre indurre variazioni idrologiche nel regime delle sorgenti poiché il movimento delle rocce può cambiare improvvisamente il percorso delle acque sotterranee. Dopo grandi eventi dunque si possono creare nuove sorgenti o possono scomparirne altre, diversamente si può registrare una variazione nel regime sorgentizio.

Infine, fenomeno ormai abbastanza noto, lo spostamento relativo di enormi porzioni di roccia può provocare le temute onde di maremoto. Gli tsunami sono variazioni improvvise della colonna d’acqua, spinte dal sollevamento (o dall’abbassamento) improvviso del fondale marino. Le onde si propagano a grande velocità negli oceani per poi raggiungere le coste provocando, spesso, grandi devastazioni e profonde modifiche alle linee di costa interessate. Gli ultimi esempi in questo senso si sono avuti in Indonesia, nel 2004, ed in Giappone nel 2011, entrambi associati a grandi terremoti.

Dopo una laurea in Geologia ed un dottorato di ricerca presso l'Università degli Studi Roma Tre, ha lavorato come ricercatore presso altro…